CARTA CANTA LAGENERAZIONEPERDUTA Stefano Benni Finalmente abbi.amo una nuova generazione perduta. Dopo i sessantottini, gli ottantini. Con questo nome indicheremo quel vasto movimento di intellettuali, giornalisti e portaborse che negli anni Ottanta aderì entusiasticamente al craxismo-rampantismo, al made in Italy e all'estremismo manageriale. Bruscamente risvegliati dai giudici, gli ottantini hanno visto crollare i loro sogni, scoprendo di aver vissuto non già una stagione dorata del nostro paese, ma un regime di delinquenti. Se il pentimento dei sessantottini è stato parziale, quello degli ottantini è stato massiccio: da un momento all'altro si sono scagliati a condannare e insultare proprio coloro che, fino a poco tempo prima, avevano sostenuto e blandito. Mai, nella storia patria, ci fu esempio di trasformismo più sollecito, di gaia cancellazione di ciò che era stato detto e scritto, di astuto riciclaggio. Pubblichiamo quindi, per dovere storico, alcuni esempi di trasformazione ottantina: cioè quello che gli ottantini scrivevano una volta e che gli stessi scrivono ora. Potete riconoscerci chi volete, dal più oscuro cronista di giudiziaria al sociologo insigne, da Bocca a Feltri e Mieli. A noi fa piacere constatare che ora la verità brilla, e che dopo i sessantottini c'è un'altra generazione che ha sbagliato tutto. E in più fa anche finta di niente. Giulio I Da questo numero inizia la collaborazione alla nostra rivista l'onorevole Giulio Andreotti. Sarà l'occasione per conoscere un uomo che unisce all'acume politico una non comune arguzia e comunicativa, dati che lo hanno portato al successo come autore di libri deliziosamente intelligenti quali Visti da vicino. L'onorevole Andreotti commenterà dall'interno i fatti di politica italiana e internazionale, avviando un dialogo democratico con i lettori che ci onoreremo ospitare a lungo. Giulio II Da questo numero iniziamo a pubblicare sul nostro giornale il dossier a puntate "Andreotti: gli anni della lupara". Sarà l'occasione per conoscere un uomo che, sotto la copertura di un'apparente arguzia e comunicativa, ha perversamente tessuto le trame mafiose che hanno insanguinato il nostro paese. Mentre costui teneva una rubrica su un giornale da me diretto (rubrica durata peraltro solopochi anni eda cui è statolicenziatosenza liquidazione) si guardava bene dal mettere nel suo stupidissimo Visti da vicino i Riina e i Bontade che costituivano la sua quotidiana e fosca compagnia. Con questo dossier il nostro giornale vuole dare iln contributo alla ricerca della verità che uomini come Andreotti, uomini da noi sempre combattuti, hanno cercato di soffocare. Craximanagerialismo I Le anime belle della sinistra italiana ce l'hanno con Craxi perché non è fumoso, non si nasconde, va diritto al cuore dei problemi e rompe con anni di politica degli equilibri e degli accordi sottobanco. Se vuole ottenere una cosa la ottiene, piaccia o no ai minoritari a vita, alle Rossande e agli Ingrai. Con lui sta crescendo e prendendo fiducia una generazione di manager che tutto il mondo ci invidia, che ha fatto dell'Italia un paese rispettato nell'industria nella moda e nella vela, che ci ha ridato il gusto della competizione e dell'imprenditorialità vivace e spregiudicata. Non è per piaggeria che siamo al fianco dell'onorevole Craxi e dei finanzieri italiani nel momento in cui una campagna calunniosa e suicida tenta di screditare quel poco di chiaro, di moderno e di economicamente solido che c'è nel nostro paese. Craximanagerialismo II Le anime belle della sinistra italiana ce l'hanno con Di Pietro perché non è fumoso, non si nasconde, va diritto al cuore dell'inchiesta e rompe con anni di politica craxiana della truffa e del sotterfugio. Se vuole ottenere una cosa la ottiene, piaccia o no ai garantisti pietisti, alle Rossande e agli lngrai. Con lui la giustizia italiana fa piazza pulita di un uomo politico nefasto quale Craxi, e di una classe finanziaria che ci hafatto perdere la stima del mondo e lafiducia dei mercati, coi suoi salotti di stilisti fighetti e i suoi dilapidatori con spinnaker, una autentica gang di parassiti che ha dissipato i soldi dei lavoratori del Nord. Non è per piaggeria che siamo alfianco del giudice Di Pietro nel momento in cui una campagna calunniosa e suicida vuole screditare chi ci sta liberando da ciò che di corrotto, incivile e moralmente guasto c'è nel nostro paese, e che noi abbiamo sempre combattuto. Ciarrapico I Posso dire di onorarmi da tempo dell'amicizia col dottor Ciarrapico, e che questa intervista mi è stata concessa nella deliziosa cornice della Casina Valadier, ristorante da lui portato nell'Olimpo della gastronomia europea. Qua, tra un bicchiere della sua diuretica Fiuggi e la spiritosa compagnia di due attrici di sicuro talento quali Belinda Cartucci e Zita Rolandis (che presto vedremo sui nostri schermi nel delizioso film Yuppies in love) io e Ciarrapico abbiamo parlato di tutto: del buon momento della Roma calcio, delle invidie che circondano questo uomo semplice e senza pose, che nella sua bonaria saggezza amministra un impero efficiente in tutti i campi, alla faccia di chi crede che in Italia non esistano veri uomini d'affari. Ciarrapico Il Non avevo mai incontrato Ciarrapico. Quando il direttore mi ordinò di intervistarlo, lo trovai stravaccato come un grosso rospo in quel tempio del generone romano che era la Casina Valadier, in una nube difritto maleodorante. Qui tra un bicchiere della sua inquisita Fiuggi e le risatinefastidiose di due baldracchette di cui non ricordo il nome, mi riempì la testa delle sue panzane: della Roma calcio, da lui distrutta, e delle sue manie di persecuzione. E io pensai che quel batrace megalomane, finta9
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