Linea d'ombra - anno XI - n. 88 - dicembre 1993

comprendere come siamo assai lontani dai pericoli della politica ecclesiastica romana che tende con questi interventi a un dominio sociale per poi giocarlo a livello politico. A questo proposito sarebbe interessante inten-ogarsi sulla portata "politica" dei viaggi di Giovanni Paolo II. Al di là delle affermazioni sulla loro utilità evangelizzatrice, vi è infatti tutta una finalità-che nella mentalità del papa polacco fa un tutt'uno con l'evangelizzazione- di ripresa di egemonia sociale della chiesa in vista di una presenza più massiccia ed efficace a livello politico. Altra deve essere, invece, la chiave di lettura degli incontri di preghiera fra le diverse religioni, di cui il primo ad Assisi (l 986), che dei convegni voluti dall'episcopato europeo su "pace e giustizia nel creato". Sul problema delle religioni ritornerò in seguito; qui basti ricordare come anche gli incontri fra le diverse religioni sono stati finalizzati al dialogo per la pace. Ed è per questo che essi hanno avuto un forte impatto con i gruppi impegnati per la pace, mentre sono stati visti con sempre maggior diffidenza da Roma, la cui ideologia non accetta la parità fra i partecipanti. Permanenza del processo di secolarizzazione e rinascita del religioso Un'altra caratteristica degli anni Ottanta è il permanere, anzi la continuazione, del processo di secolarizzazione pur nella ripresa di quella che è chiamata "rinascita del religioso", vista non ingenuamente, ma anche in tutta la sua ambiguità. Le pubblicazioni del sociologo Franco Garelli (si vedano oltre a diversi articoli in riviste, i suoi volumi editi da li Mulino, in particolare, per citarne uno dal titolo significativo, La religione dello scenario del 1986) sono a questo proposito le più significative. Un "religioso" tuttavia sempre meno connotato ecclesiasticamente, come mostra anche la ricerca di Calvaruso e Abbruzzese - Indagine sui valori in Italia - edita dalla SEI nel 1985. Siamo ali' interno di tutto il dibattito riguardante la società complessa e, più in particolare, la necessità dei vari sottosistemi di ridarsi una identità. Per quanto riguarda il mondo religioso, le categorie sociologiche dominanti - secolarizzazione e rinascita del religioso - appaiono insufficienti non solo per le accezioni assai eterogenee con cui sono uti Iizzate, ma soprattutto per iI loro carattere totalizzante incapace di cogliere una complessità sempre più grande. L'evoluzione lineare della secolarizzazione, propria di una certa concezione sociologica degli anni Sessanta, viene smentita dal moltiplicarsi di tendenze ambivalenti, irriducibili fra loro. Lo stesso mondo cattolico italiano deve confrontarsi non solo con un incessante proliferare di posizioni diverse a livello culturale e sociale, ma anche con una maggior autonomia dei soggetti e la messa in discussione delle posizioni teologiche ed etiche proposte ufficialmente. Siamo di fronte a nuove forme di coniugare modernizzazione e tradizione religiosa in cui convivono elementi che un certo tipo di analisi riteneva incompatibili (Cfr. G. Quaranta, L'associazionismo invisibile. Giovani cattolici tra secolarizzazione e risveglio religioso, Sansoni, 1982). Lo sforzo compiuto, verso la metà degli anni Ottanta, da alcuni vescovi illuminati, che in quel momento dirigevano la Conferenza Episcopale Italiana (CEI), di dare una identità meno forte al mondo cattolico, deve essere letto come risposta a queste tendenze della società moderna. li contrasto esplicito fra la CEI e il papa in occasione del Convegno della chiesa italiana a Loreto ( 1985), fu causato proprio dall'opposizione di Wojtila a ciò che considerava un indebolimento del peso della presenza dei catto100 lici nella società italiana. L'episcopato aveva infatti allentato il tipo di legame con i gruppi, in particolare con quelli nuovi. Da legami formali si tendeva a legami informali; ci si preoccupava più di rapporti intrinseci che estrinseci; gli strumenti di organizzazione erano sempre meno centrai izzati e più di versificati. li tipo di presenza dei gruppi che formano la "Charitas" è esemplare, come anche tutta la vasta organizzazione del volontariato. Se all'esterno l'identità può apparire sempre "forte", è indubbio che all'interno è assai più debole rispetto ai modelli tradizionali. T vescovi italiani sono riusciti in questo modo ad evitare la conflittualità che ha caratterizzato la fine degli anni Sessanta e tutti gli anni Settanta, ottenendo insieme l'emarginazione delle forze più critiche e assopendo i conflitti. Ciò ha anche permesso di affrontare e far passare senza pesanti dibattiti ali' interno della chiesa, il nuovo concordato e l'insegnamento della religione nelle scuole di stato. Le opposizioni, anche per la mancanza di una seria e convinta lotta da parte dei principali partiti laici, sono state assorbite facilmente e il dibattito non è andato al di là dei noti luoghi comuni. Tutta tesa invece a ricostruire una identità "forte" è la linea della Santa Sede, sotto la spinta di Giovanni Paolo II e del card. Ratzinger. Non è qui il posto per esaminare questa posizione e i I dibattito a livello mondiale che la riguarda. Ho tuttavia I' impressione che, da questo punto di vista, sia passato troppo inosservato il volume tradotto nel 1991 da Rizzoli con il titolo La rivincita di Dio, del sociologo francese G. Kepel. È una approfondita analisi dell'imporsi del fondamentalismo nelle tre graodi religioni occidentali. Di fronte alla crisi della modernità si risponde con il riproporre, in maniera diversa secondo le religioni, una "ortodossia" che, incapace di attraversare e assumere il moderno con tutte le sue ambiguità e aporie viene proposta come l'unica risposta per l'uomo angosciato d'oggi. La presenza anche in Italia di gruppi in ultima analisi fondamentalisti, come Comunione e Liberazione e la stessa Opus Dei (sostenuti non a caso dall'attuale papa), avrebbe bisogno di una più approfondita attenzione, sostenuta da una analisi non superficiale, proprio per una radice comune con i gruppi fondamentalisti ebraici e islamici. All'opposto il dibattito fra i teologi più capaci di situarsi all'interno della crisi del mondo moderno e più sensibili alle problematiche di tanti gruppi di base, riguarda oggi la possibilità di un ricupero di laicità entro un orizzonte di senso escatologico. È questo l'aspetto più interessante della riflessione che, iniziata negli anni Ottanta con numerosi convegni sulla laicità, sta raggiungendo oggi una espansione e un approfondimento che è da segnalare, per le possibilità di rinnovamento del modo di presenza dei cattolici, ma anche per ritrovare, appunto nella laicità, un terreno comune con i non religiosi preoccupati delle tendenze politiche e culturali dominanti. Il dibattito sulle religioni Si tratta di una riflessione che parte da lontano: dalla ricerca di tanti giovani che si sono rivolti all'Oriente per avere una religiosità meno autoritaria, precettistica e formale fino alla presenza in mezzo a noi di extra-comunitari con religioni diverse dal cristianesimo. Nel suo evolversi è stata influenzata positivamente, oltre che dagli studi di storia e fenomenologia delle religioni, dalle ricerche sull'"altro", il diverso (in particolare Todorov, ma anche la produzione di Levinas); dal superamento, in sede filosofica e teologica, dell'oggettivazione dell'immagine di Dio; e, non da ultimo, dalle esperienze di tanti monaci cristiani

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