Politiche per la famiglia Sviluppo di comunità Animazione socioculturale Educazione degli adulti Politiche per le dipendenze Pedagogia delle dipendenze Terzo sistema Organizzazione dei servizi Metodologia dell'azione educativa Formazione degli operatori sociali Animazione della scuola NoiScommettiamo SullaFormazione. ETu? Anllllazione~ociale CAMPAGNA BBONAM~Nll 93•94 DALPROGRAMMA'94 LAVOROSOCIALEIN UNTEMPODILEGHISMO. lo statosociale è unmodello rmairrimediabilmenteincrisi?Il futurosaràquellodellaricercadi risposteprivateai bisognidi salute,sicurezza e assistenza? EMERGENZAEDUCAZIONE. l'emergenzadrogarimanda d unaemergenza monte:la crisi dell'educare.Ma comeparlaredi educazione? FAMIGLIASOGGETTOSOCIALE.Dadovepartireperragionareinmodoinnovativosulfuturodella staiosociale?Unaipotesied unascelta,partiredallafamigliacomesoggettosociale. PEDAGOGIADELLEDIPENDENZE. l'interventodi prevenzionedi curadelledipendenzerichiede unaspecifica«disciplina».Rifacendocialla«Pedagogiadeglioppressi»di PouleFreire,intendiamodarespazioad una«pedagogiadelledipendenze». ANIMATORE/EDUCATORE PROFESSIONALE, QUALEIDENTITÀ. Inqualemisural'animatore l'educatoreprofessionaleconvergonosuigranditemidi teoriae di metododell'interventosociale? CONDIZIONIDIABBONAMENTO Privatie Associazioni L. 60.000. EntiPubblici L. 80.000.Esterol. 100.000.l'abbonamento,arichiesta,puòdecorrerea partireda gennaio;inquestocasosi riceverannogli arretrali. Abbonamenticumulativi (traparentesii prezzipergli EntiPubblici):OAnimazioneSociale + ASPEl. 110.000 (L. 130.000)OAnimazioneSociale + ASPE + Narcomafie L. 130.000 (L. 170.000) O ASPE + Narcomafiel. 75.000(l. 95.000). GRUPPOABELE p E R I ·o D I e I (il setting vuole così). Con gli insegnanti, incontri concessi a fatica, riserbo assoluto sull'evoluzione del bambino, astensione totale dalle indicazioni pedagogiche; tutt'al più , qualche fuggevole ( e irritante) invasione interpretativa ("cos'è, realmente, che la preoccupa in questo bambino?" -chiedeva serafica la giovane psicologa fresca di letture analitiche. Gli insegnanti schiumavano di rabbia: il bambino, semplicemente, spaccava tutto. Chissà cos'era che realmente li preoccupava). E tutta la vita della famiglia congelata intorno all'obbligo di accompagnare il bambino in seduta, e il bambino, il ragazzo, bloccato per anni in un ruolo di paziente proprio in quanto oggetto di terapia (la frase "è seguito dai servizi di zona" ha marcato per sempre un numero incredibile di ragazzi, di adolescenti, di adulti). Intorno ai primi anni Ottanta, era già decisamente in crescita l'esigenza di interventi diversi, più brevi magari, ma soprattutto capaci di agire su connessioni che, con banale ma lucido buon senso, molti genitori, molti insegnanti-e molti operatori, spesso non psicologi- intuivano: connessioni fra i momenti più acuti di disagio e situazioni, comportamenti, atteggiamenti di familiari o di insegnanti; miglioramenti o peggioramenti improvvisi legati a un cambiamento brusco e imprevisto nella vita familiare. La teoria dell'uso del sintomo "a vantaggio" di qualcosa che non è evidente, ma esiste, coincideva a sai bene con le esperienze di chi viveva a più stretto contatto con persone che esprimevano sintomi di ogni genere: educatori professionali, infermieri, insegnanti addetti ai bambini handicappati ... 2 Cresceva anche l'esigenza, da parte di molti operatori territoriali, di imparare a capire meglio le relazioni, e gli effetti delle relazioni, fra il sistema di cura e il cosiddetto "utente", e con tutti i suoi gruppi di riferimento. L'aumento costante di richieste di intervento, di segnalazioni di "casi", poneva seri interrogativi: la società è sempre più malata, oè il "modo" della risposta al disagio che induce malattia? O, ancora, il modo della risposta impedisce l'attivazione di risorse autoterapeutiche che pure esistono intorno al paziente? 3 E poi, che fare della realtà così poco depurata, così poco rispettosa del setting, di un ambulatorio territoriale, in cui i colloqui si fanno anche nei corridoi perché tutte le stanze sono impegnate, in cui ci si confronta con il paziente in crisi quando è in crisi, senza poterlo rimandare alla prossima seduta, in cui si deve pur dire qualcosa alla madre del ragazzo che forse stanotte si è bucato di nuovo, comunque a casa non si è visto, dottoressa è venuto ieri in seduta? Come stava, cosa le ha detto? Nonostante questo, la spinta per portare a livello territoriale l'intervento sistemico non era uniforme. Le resistenze erano forti, e non solo da parte degli "altri" (gli psicodinamici, i nemici!!): c'era ancora chi temeva che il "prestigio" terapeutico, necessario allo stile di allora (prescrizioni, paradossi, strategie un po' avventurose ...), fosse incompatibile con il basso profilo di immagine legato da sempre al lavoro di territorio. Lo psicologo della mutua che tenta una prescrizione paradossale: ma mi faccia il piacere! Così, si veniva delineando una strana configurazione, che finiva per situare il lungo, costoso, elitario intervento psicodinamico nei servizi di territorio, per riservare al privato - a una clientela generalmente abbiente - un intervento che era nato anche (o soprattutto) come risposta al disagio sociale. Negli Stati Uniti, mentre gli intellettuali borghesi alla Woody Allen affollavano gli studi degli psicoanalisti alla moda, destinandosi ad una psicoterapia a vita, Salvador Minuchin formava spregiudicatamente i terapeuti familiari indispensabili al suo
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