Linea d'ombra - anno XI - n. 87 - novembre 1993

Foto di Antonio Biosiucci da Stazioni (ElectaNapoli l 99 l ). commenti pesanti con cui i partiti politici fanno finta di esistere nel quotidiano (cioè, sia nel giornale che "alla giornata"), non regge infatti a uno sguardo più distante che voglia abbracciare gli ultimi mesi o anni di attività e presenza. Cosa è davvero cambiato nei partiti dopo la radicale trasformazione e la scissione del PCI, dopo il quinto e definitivo Rinnovamento della DC, dopo la seconda nuova segreteria del PSI? Ciascun partito esibisce - molto più delle nuove sigle e dei nuovi gruppi dirigenti- la propria monumentale immobilità e la sua capacità di tenuta e la sua scelta di rigorosa conservazione, mentre il Cambiamento appare come un evento esterno ed è salutato da tutti come un'evoluzione naturale della specie. Forse qualche storico potrebbe spiegarci che il trasformismo, almeno "all'italiana", non è frenetico mutamento di pelle o di gabbana ma ostinata guerra di posizione: ciascuno al proprio posto e tutti verso il centro o la cima della nave che affonda. Le modifiche di politica o d'immagine non sono che parziali e talvolta appena accennati adattamenti ad una situazione che sta diventando franosa: le energie vitali sono spese nell'aumento della rigidità e persino della propria coerenza. Potrebbero non essere coerenti coloro che da tempo non producono più idee? Il trasformismo è solo una pura necessità, una volta persa la virtù di concepire e promuovere la trasformazione. Via via nei giornali e nei canali spuntano sempre più Uomini Nuovi. Sono per lo più distinti signori dalla cravatta rassicurante e dal giusto collo nella camicia, ma in pochissimo tempo hanno acquistato almeno uno dei tanti difetti dei Grandi Vecchi. Sono sempre gli stessi. IL CONTESTO Se il numero dei tifosi e la paura degli avversari può spiegare lo spazio televisivo via via conquistato dall'avanspettacolo leghista, non si giustifica il presenzialismo di molti altri personaggi, forzati a diventare beniamini del pubblico anche quando - lo si giurerebbe - il sorriso melenso di Liguori, i baffetti di Ayala, la faccia a mela cotta di Segni non possono piacere gran che. Eppure, lanciati dal circo di Costanzo o dall'arena di Santoro, non cessano di comparire sempre e ovunque con il compito superiore di riempire lo spazio, anzi l'enorme vuoto lasciato libero dai protagonisti di ieri. Per questo non appena si sono affacciati non li hanno lasciati più: l'opinione pubblica potrebbe avere tutto il tempo (e tutto il diritto) di aspettare che si facciano strada dei veri leader con delle vere proposte, ma il palinsesto no. Fra le nuove comparse televisive assunte in pianta stabile non c'è selezione né censura, riemergono persino le facce di leader studenteschi di anni formidabili, purché stiano dentro al linguaggio dei media, in tutti i significati che questa parola onnivora ha ormai guadagnato, da mass-media a classe media, da media statistica a scuola media. Sono ben accetti gli atteggiamenti interlocutori e le opinioni generiche fisse, le posizioni indice di maturità e i pensierini che rivelano buon senso. E così allora, a fronte dei pochi pestiferi pierini, sgarbati o ciccioni, cominciano a costituirsi le fila di quelli composti e acchittati, di quelli che sembrano aver fatto il compito e che sperano di poter diventare la nuova classe dirigente. Visti o letti da vicino, hanno l'aspetto grave ma sereno di chi (senza saperlo) si assume l'onere di rappresentare tutto ciò che resta della cultura politica e di chi (senza volerlo) si lascia fruire come un significato anche se è entrato in video appena come un segno. Guardati però "da lontano", ci si accorge che i garantuomini del regime di do- .,

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==