IL CONTESTO superficialità con cui i paesi democratici guardavano gli altri e se stessi mentre il suono delle armi si faceva sempre più vicino. Tra le possibili opzioni del prossimo e non lontanissimo futuro non possiamo escludere la guerra, fenomeno con cui stiamo ormai convivendo e che tentiamo di esorcizzare e impedirci di vedere in un modo che non si sa se più tragico o patetico. La Jugoslavia, da questo punto di vista, non sembra aver insegnato nulla. Basta un precario "cessate il fuoco" per far dimenticare due anni di turpitudini e violenze, le menzognere promesse dell'Occidente e il suo esaltante piangersi addosso nel tentativo di salvare una bambina destinata comunque a una fine crudele. Come niente insegna, né impensierisce, ciò che avviene in Georgia o in altre sei-sette regioni dell'ex Urss di cui gli informa~ tissimi e sempre presenti media occidentali non sanno neppure valutare le vittime. Ci si preoccupa, invece, per le vittorie elettorali degli ex comunisti in Lituania o in Polonia, attribuite disinvoltamente alla scarsa propensione al sacrificio delle plebi locali e alla loro sfiducia nel progresso certo e futuro che giungerà col capitalismo. Per quanto legittimato da una Costituzione obsoleta e ambigua, il Parlamento di Khasbulatov era pur sempre un simbolo - parziale - del lento e parziale processo di democrazia in costruzione in Russia. Non so cosa sia stato più triste, se vederlo cannoneggiato o se leggere i soddisfatti commenti di quelle stesse democrazie che non mossero un dito quando vennero distrutti, in modo ben più drammatico, altri parlamenti. Il senso "democratico" dello Stato si costruisce anche rispettando i simboli e soprattutto trovando le "forme" di convivenza e confronto democratico. E il senso dello Stato nelle democrazie, di cui tutti lamentano l'assenza nel nostro paese, non può sopportare la legge dei due pesi e due misure: una per noi, popoli colti e avanzati, l'altra, che "va al dunque", per i popoli rozzi e arretrati. La democrazia continua troppo spesso a essere ridotta alla possibilità di optare per diversi schieramenti, non a venir vista come il mezzo per risolvere nel modo migliore (o meno peggiore) i problemi della maggioranza della gente. Proprio ciò che sta succedendo anche in Italia (ma non solo) dovrebbe stimolare a una nuova riflessione sulla democrazia, sui suoi limiti non "teorici", ma storici, soprattutto in una fase di trasformazioni economiche e culturali così profonde. Ciò che avviene nell'Est d'Europa è segnato sì, in gran parte, dal passato di quei paesi, dalla loro tradizione più antica e dal peso della loro esperienza degli ultimi cinquant'anni; ma è anche il risultato di fenomeni che sono propri del primo come del secondo mondo; e inparte anche del terzti e quarto. Negli anni Venti e Trenta si vollero analizzare i fascismi trionfanti con gli schemi e i concetti del liberalismo o del socialismo ottocenteschi, con i tragici risultati che sappiamo. Bisognerebbe evitare lo stesso errore e trarre invece dalla realtà dell'Est gli argomenti e gli insegnamenti per ripensare la democrazia e la politica anche da noi. I fascismi non erano solo "reazione", ma anche nuove modalità del potere in un mondo travolto dalla partecipazione delle masse e dalla ristrutturazione profonda dell'economia mondiale. I nuovi regimi dell'Est - che conoscono, tra l'altro, esperienze diverse pur all'interno di problematiche comuni - possono suggerirci qualcosa sul nostro futuro, non solo costituire uno stadio di evoluzione verso il nostro "modello" da compatire o incoraggiare. Conoscere è la prima e più importante condizione per poter giudicare. Cerchiamo di farlo con intelligenza e umiltà, senza retoriche e senza pregiudizi. Altrimenti ci ritroveremo, come è accaduto in questi giorni, a dover prendere atto senza saper cosa dire di fenomeni che avranno ben altra influenza sul nostro futuro di qualsiasi schieramento politico: parlo del vertice tra la mafia italiana e russa che si è tenuto quest'anno a Varsavia, dopo quello di Praga dello scorso anno. Uomini Nuovi nell'Italia che Cambia Piergiorgio Giacchè Passano i giorni e i mesi e gli anni. A una certa distanza di tempo non è forse vero che si leggono più chiaramente anche le più oscure crisi internazionali? Ciascuno ha ormai la possibilità di darsi risposte o almeno di porsi in modo gi~sto le domande: cosa può aver spinto in Russia decine di migliaia di persone a dare l'assalto alla loro Casa Bianca? Come mai l'intervento di pace in Somalia sembra un modo di rendere "mondiale" una guerra civile? Quanto è esteso e profondo il tumore politico, sociale e culturale che alimenta l'autodistruzione della ex Jugoslavia? Da lontano o dopo un tempo più lungo divengono dolorose e insopportabili quelle stesse vicende che, seguite giorno per giorno, appari vano sì dolorose ma inevitabili. A guardar bene sono due dolorosi diversi, se il primo è qualificativo, il secondo è appena un aggettivo "sbrigativo": mentre incalzano sempre nuove notizie non c'è tempo per soffrire davvero, anche perché lo choc che accompagna un evento tragico è pur sempre fatto più di stupore che di tormento. Forse per questo la gente preferisce l'asettico e un po' anestetico stillicidio del telegiornale quotidiano, o anche - come è 6 successo ai tempi del Golfo - preferisce seguire la guerra in diretta. Non si tratta di un pervertito senso dello spettacolo, ma della voglia di vivere più da vicino un evento e dunque, tutto sommato, capirlo e patirlo di meno. Riconsiderare le cose in differita fa molto più male: si rischia di vederle più grandi e meno giustificate. Si colgono cioè le loro vere dimensioni e si perdono per strada le loro insostenibili ragioni. Le ragioni della Storia sono in fondo frutto di un troppo aderente e ravvicinato "punto di vista". Nel nostro piccolo, e cioè a restare in Italia, le cose non sono certo altrettanto drammatiche, ma la storia è ugualmente irragionevole (per non dire stupida). Il Grande Cambiamento che viene confusamente testimoniato e celebrato giorno per giorno, visto da lontano mostra nitidamente i suoi limiti e, paradossalmente, i suoi dettagli. Considerati tutti insieme, infatti, anche i più piccoli errori rivelano di far parte di un groviglio ormai inestricabile. E imperdonabile. La serie dei comunicati stampa, degli interventi volanti e dei
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