INCONTRI/SHAWN questione era che cosa mi sarebbe piaciuto fare da grande. Lo scultore, il pittore, magari il ballerino? Nessuno ha mai nominato il fatto che fosse necessario imparare a fare qualcosa per poi mantenercisi. Mai neppure un cenno. I miei genitori non mi hanno mai detto frasi tipo "non saltare su quella sedia, costa cinquanta dollari". Quando hai scoperto che le sedie hanno un valore? Quando ho finito la scuola e ho cominciato a vivere per conto mio. Ecco l'America: anche se hai una famiglia ricca alle spalle, a un certo punto devi cavartela da solo. Beh, è andata che dopo un certo periodo i miei genitori non mi hanno più dato soldi, né io gliene ho chiesti. In un certo senso non è corretto allevare un bambino nel modo che tu dici e poi dirgli di arrangiarsi. Ti sei sentito tradito? È stato uno shock. Sia per me che per mio fratello è stato sconvolgente scoprire che la vita aveva tutti questi altri aspetti. Mio padre ha fatto lo stesso lavoro per trentacinque anni e non ha mai dovuto darsi da fare per trovare un'occupazione. Noi sì. Che rapporto hai con Hollywood? È stato molto difficile passare dal teatro off Broadway e dall'ambiente artistico newyorkese alle dinamiche dello studio system? Come attore, negli anni Ottanta, ho avuto una fortuna strabiliante. Perché la chiami fortuna? Perché in quegli anni c'erano ruoli importanti per i caratteristi. Oggi la cosa è un po' diversa: nelle parti secondarie preferiscono facce nuove, perché vogliono che il pubblico creda che si tratti di persone reali, un vero poliziotto, un vero prete, un vero psichiatra e così via. Non vogliono più che questi ruoli siano interpretati da un attore con cui gli spettatori hanno familiarità. Naturalmente ci sono delle eccezioni. Ma ai vecchi tempi questo era uno dei lati divertenti del mestiere: i caratteristi continuavano a comparire sullo schermo in parti sempre diverse, in un film come criminali, in un altro come sacerdoti. Recentemente io ho comunque optato di nuovo per il teatro e per un anno e mezzo ho interpretato solo La febbre. In questo periodo non ho recitato in nessun film. Adesso credo che sia ora di ricominciare e non mi dispiacerebbe lavorare in un film italiano. Quando, negli anni scorsi, lavoravo a Los Angeles, di solito non ci restavo mai per più di sei settimane di seguito. Recitare mi divertiva incredibilmente, era una specie di vacanza dalla mia personalità e dalle mie preoccupazioni. Sai mi sono quasi del tutto rovinato l'esistenza scrivendo e interpretando La febbre; In che senso? Perché ho scritto quello che pensavo. E quando sono a L.A. a lavorare per.il cinema me la godo, mi distraggo per un po' da tutti i problemi che ho creato a me stesso facendolo. Ti riferisci a problemi di tipo psicologico, ideologico o banalmente pratici? 68 Voglio dire che, se lo prendi sul serio, il testo di La febbre è maledettamente disturbante. Dice che le piacevolezze dello stile di vita borghese, le cose che piacciono a tipi come me, sono rese possibili dalla tortura, dalla repressione dei poveri, dall'ingiustizia. E che non c'è modo di ricreare un equilibrio a meno di non uscire dai termini dello stile di vita borghese che conosciamo e dalle sue piacevolezze. In altre parole, la gente dice che seri vendo le cose che scrivo contribuisco a migliorare e cambiare la qualità della vita. Invece, se si legge La febbre con attenzione e sempre che risulti convincente e che ci si creda davvero, si scopre che non è affatto vero che essere uno scrittore borghese che vive una vita beata e scrive testi capaci di criticare il mondo e il suo modo di funzionare sia realmente adeguato alla situazione. Quindi il testo è un chiaro attacco alla mia vita: tale per cui la persona che lo ha scritto non può che cambiare o vedersela con pensieri piuttosto disturbanti. Di fatto uno che continua a fare la stessa piacevole vita di sempre dopo aver scritto quello che ho scritto io o è un gigantesco ipocrita o è un idiota. È un tuo problema di coscienza o è qual<:osache ti viene rinfacciato dall'esterno? È un problema mio. Ecco perché dico che mi piace andare in California, guidare, ascoltare la radio, sentire musica, spettegolare con gli altri attori, leggere le riviste di showbusiness. Senza sensi di colpa? No, in California la vita di un attore è molto particolare, le ore sono così lunghe che non c'è tempo di avere pensieri o sentimenti troppo complessi. Quindi io mi limito a recitare e per il resto me la godo. A casa sono più preoccupato. Recitare è piacevolissimo, perché ti consente di fare tutte quelle piccole sciocchezze che nella vita reale di un adulto non sono previste. Come persona cresciuta si suppone che tu non debba essere tanto ridicolo. Certa gente, ad esempio, si ubriaca, canta, piange, abbraccia chi le sta accanto, diventa sentimentale, ma un attore può fare questo e altro professionalmente. E a me piace molto. Ti piacerebbe farlo nella vita reale? Sì, ma anche se rimpiango la gioventù, questo non significa che sia possibile rincorrerla. Scrivi anche per il cinema? No, mai. Stai preparando qualcosa di nuovo eer il teatro? Non credo che se ne debba parlare. E un mio segreto. Una domanda molto generale sul nuovo corso del pensiero politico nordamericano e in particolare sul concetto di politica! correctness. La gente si è innamorata di Clinton durante la campagna presidenziale. È impazzita per lui, anche se non aveva fatto niente e se le cose che andava dicendo ispiravano così poco. Credo che alla gente - e mi scuso della genericità - piacerebbe credere che, grazie a dio, il paese è finalmente in buone mani, che non si deve più preoccupare, che può semplicemente continuare a vivere come sempre. "La mia vita può essere quella di prima, penserà a
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==