Linea d'ombra - anno XI - n. 87 - novembre 1993

SCRITTORI PER UN SECOLO 151 fotoritratti e 104 fotografie di contesto storico e biografico a cura di Goffredo Fofi e Giovanni Giovannetti "Un libro agile e utilizzabile che raccoglie i ritratti degli scrittori, dei narratori, poeti e saggisti che sono stati, a parer nostro, fondamentali dentro la nostra società. Ogni scelta è opinabile. La nostra ha privilegiato gli autori più congeniali al gruppo di amici che ha fatto e fa "Linea d'ombra"; oltre, naturalmente, i nomi che era semplicemente impossibile non ci fossero, quelli indiscutibili." (G.F.) Lire 18.000 Sa/man Rushdie ILMAGODIOZ Un grande scrittore analizza e discute un classico del cinema musicale e fiabesco. Lire 12.000 Soren Kierkegaard BREVIARIO L'etico, l'estetico, il religioso: alle origini dell'esistenzialismo. A cura di Max Bense. Lire 12.000 PER ELSA MORANTE La narrativa, la poesia e le idee di uno dei maggiori scrittori del '900. Parlano: Agamben, Berardinelli, Bettin, Bompiani, D'Angeli, Ferroni, Garbali, Leonelli, Lollesgaard, Magrini, Onofri, Pontremoli, Ramondino, Rosa, Scarpa, Serpa, Sinibaldi. Lire 15.000 LINEA D'OMBRA EDIZIONI srl ~~U\IIU1N.IJSHCl!I IL i\l-\GO nI OZ BREVIARIO PER ELSA MORA/'iTE VIA GAFFURIO 4, 20124 MILANO - te!. 02/6691132/ 6690931 Distribuzione Gruppo Editoriale Giunti . Firenze 62 STORIE/BULGHERONI freddo familiare di una furia infantile che si acquieta soltanto nel sonno. Ci consultammo con una di quelle occhiate che erano sincrone alle oscillazioni dei nostri egoismi. La scuotemmo: serrò più strette le palpebre, infastidita, murata nella fatica del respiro. Deponemmo allora il pacchetto turchjno sul ripiano della specchiera tra i monili e le fiale, le matite spuntate e i piumini, arnesi di un artigianato sconfitto; e fuggimmo lasciando la porta spalancata. Al marò quasi gridammo: "Sta male! La signora sta male!" e lo vedemmo scattare, sparire su per la scalinata. Fuori si era levato il vento e nella limpida luce declinante, come su una ribalta che si oscurasse, il volto dei passanti ci appariva fissato in un enigma doloroso. Quella sera di vigilia, per le strade ormai deserte, credemmo di incontrare senza ravvisarli i condannati a morte e gli esuli tempestivamente ritornati, i cospiratori, i conniventi e gli innocenti che la guerra civile aveva traviato. E, avvicinandoci a casa, già ci torturavamo, già ci chiedevamo se nel crepuscolo di quella stanza semibuia, sbarrato il sole, spente le lampade, serrate le palpebre, lei - chiunque fosse - avesse veramente voluto morire sola nel letto sfatto, sprofondando nel proprio buio come una figlia abortita di se stessa. Era come se già divinassimo la notizia che di lì a qualche giorno doveva incidersi nei bianchi e neri di pietra di un titolo di prima pagina: "Gli attori Osvaldo Valenti e Luisa Ferida finalmente giustiziati!" per poi dissiparsi in portentose voci di fuga e di esilio o in secche cronache di una fucilazione avvenuta, lasciandoci senza risposta: messaggere mancate a caccia d' ombre in una sala cinematografica del passato. Dal cielo inesorabilmente luminoso, dal quale sembrava potessero piovere soltanto zaffiri e diamanti, cominciò il giorno successivo, a colare, sempre più fitta, un'acqua grigia. La notte, tra raffiche di pioggia, il rombo dei camion che trasportavano i resti di un esercito in fuga ci svegliò, lugubre e sommesso dapprima come un'onda di terremoto e poi più fragoroso, come lo scroscio di torrenti sotterranei che i riversassero da mille crepe in mille rivoli per disperdersi altrove. Ma con il passare delle ore il migrare incessante di uomini e mezzi, echeggiando nelle caverne della mente, si affievolì in un moto di carovane, in un rantolo di trombe e tamburi, e di nuovo proruppe in un cozzare di astri, in uno strepito di cavalli al galoppo con zoccoli sulfurei oltre le mura. Le piogge di fine aprile, simili a pianti inarrestabili dal ciglio di un cielo così a lungo asciutto, lavarono le pietre cancellando le funebri tracce e le piste cruente. L'ora della prova era piombata sulla città come un ladro e ci aveva derubato, lasciandoci più vigili, e vive. Finché al sole di maggio il lago plumbeo si sciolse in vapori celesti e si srotolò come un azzurro fiume in corsa tra i monti risorti dalle foschie. Quando lungo i viali alberati a ridosso delle mura i liberatori sfilarono nella luce meridiana tra gli applausi, gli scampanii e i lanci di fiori, che rapidamente appassivano sulle torrette dei blindati, eravamo nella folla, non più smaniose e ribalde, ma stordite dalla pace e assorte nell'apprenderne le arti. Ritornavano i padri, i fratelli, e noi, orfane di storia, ci preparavamo ad ascoltarli, e a tacere il nostro segreto.

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