INCONTRI/McMILLAN successe a me dieci anni fa. Ma certe volte non è niente più che un filo, che io afferro, tendo e porto avanti. Non è realismo il mio. Non ho un archivio di documenti a cui attingere e anche se talvolta può succedere che mi serva di vecchi appunti, non c'è nulla di sistematico ... Non è intenzionale, non è un metodo di lavoro. Puoi dirmi qualcosa del tuo prossimo romanzo? Hai già cominciato a lavorarci? Non posso ancora parlarne, perché non ho ancora scritto abbastanza e continuo a cambiare idea. Sto pensando. Un giorno decido per una storia, il giorno dopo per un'altra. Diciamo che per ora è tutto troppo affollato. Bisogna che mi decida a scegliere la storia che voglio raccontare davvero tra le molte che sono in cantiere. Per ora ho tanti piccoli frammenti di scrittura, che non è verosimile pensare di infilare in un unico libro. Non funzionerebbe. Come scrivi? Mi alzo alle cinque, quando mio figlio dorme ancora, in modo da avere alcune ore di scrittura ininterrotta tutte per me. Così almeno ho fatto finora. Di solito quando inizio un libro lavoro per capitoli. Non scrivo quattro o dieci pagine al giorno. Non mi alzo dalla scrivania finché non ho abbozzato almeno un intero capitolo e generalmente ci vogliono quattro ore, perché scrivo molto in fretta. Una volta che ho cominciato, vado avanti senza problemi. Poi cosa succede? Riscrivi molto? Prima completo l'intero libro, almeno una bozza del romanzo nel suo complesso. Il risultato è piuttosto grezzo, pieno di buchi, di cose che non so. Ma continuo a scrivere finché non sono arrivata in fondo, poi torno sui miei passi e via via che rileggo le cose rimaste in sospeso si risolvono, come se quello che prima non mi era chiaro si sciogliesse. Allora comincio a prendere appunti sulla prima stampata del testo, cambio, faccio ricerca. Poi mi metto a scrivere daccapo ribattendo tutto al computer. Quindi la prima stesura avviene al computer, poi rifinisci a mano e infine riapprodi al computer per la versione finale? Di solito la prima bozza dei miei romanzi la cancello e basta. Tengo solo la stampata ed è su questa che lavoro. Non mi metto a cambiare una parola qui e una là al computer. Ribatto tutto da zero. In quanti mesi hai scritto Un respiro di sollievo? In circa un anno. Di scrittura vera e propria o anche di ideazione? Di scrittura. Io sono molto veloce, ma non so se la prossima volta andrà nello stesso modo. Un respiro di sollievo è un romanzo, ma anche un insieme di tante short story intrecciate l'una all'altra. Quale dei due generi ti corrisponde di più? Il romanzo. Le short stories mi piace leggerle. 58 Come ti spieghi questa preferenza? Perché mi piace immergermi in quel lo che racconto e rimanerci dentro. Con un romanzo lo si fa con maggiore agio, tempo, spazio. Si può esplorare di più, andare in tante direzioni diverse e poi scegliere di tornare nel punto che si vuole. Ecco cosa mi piace. La lingua è importante per te? La lingua come fatto in sé? Solo nel senso del potere che essa possiede. Per lo più, quando leggo, non voglio essere troppo consapevole dei fatti di lingua, delle parole e del modo in cui sono state impiegate. Amo le immagini che le parole creano e producono, perché questo significa che le parole stanno facendo il mestiere per cui sono nate. Ma non voglio dedicare attenzione alle parole in sé. Non voglio permettere alla bellezza di una frase di catturarmi. Non me ne importa davvero della bellezza delle frasi. E quando ne divento troppo conscia la mia scrittura rallenta e a me non piace essere rallentata. Voglio sapere cosa succederà dopo, voglio partecipare, essere in mezzo a quello che capita ai miei personaggi. Talvolta le parole possono mettersi tra i piedi di chi scrive. La musica ha un 'influenza sulla tua scrittura? Non so, non ci ho mai pensato. Toni Morrison dice di sì: lo teorizza e lo pratica. Lo si percepisce dai suoi ritmi. Non è il mio caso. Io adoro la musica, ma quando scrivo non penso né alla metrica, né al ritmo o a niente del genere. Per favore! Forse se scrivessi poesia, ma non nella prosa. Credi che esista una scrittura "al femminile"? Sì, senza dubbio. Il nostro lavoro è molto più mt1mo, non abbiamo paura di correre dei rischi sul piano delle emozioni. Gli uomini scrivono dall'esterno, noi dall'interno verso l'esterno. Ne sono convinta. Molte scrittrici si oppongono senza mezzi termini a questa divisione e non accettano di riconoscersi "scrittrici" piuttosto che scrittori tout-court ... Ma è impossibile negare che esista una specificità di scrittura delle donne. Uomini e donne hanno sensibilità diverse. I gay sono più vicini a noi, anche loro scrivono dal dentro al fuori. Abbiamo approcci diversi. Come si fa a negarlo? Gli uomini sono più interessati a osservare come l'esterno agisce sulla loro vita. Noi "processiamo" in modo diverso: non siamo altrettanto intellettuali, siamo più emotive, anche se poi il punto d'arrivo può essere intellettuale. Io sono contenta di essere donna, per dio, molto contenta. Mai desiderato di essere un uomo? Mai avuto invidie? Neanche se mi pagassero. Gli uomini, però, sono contenta che li abbiano inventati (ride). Come ti relazioni a tuofiglio, dunque? Dopo tutto è un uomo ... È il mio migliore amico. Essere madri è una grande opportunità, anche se talora fa paura. Certe volte è meglio non starci a pensare
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