Linea d'ombra - anno XI - n. 87 - novembre 1993

IL CONTESTO Scontri a Est Sono davvero rivoluzioni, queste di fine secolo? Marcello Flores Spinti dall'entusiasmo per il crollo del comunismo e la fine dei regimi totalitari dell'Est europeo non si è voluto vedere (né i pochi ma rumorosi nostalgici, né chi sempre e comunque ha fatto il tifo per le magnifiche sorti e progressive di un capitalismo che vedeva e vede finalmente impiantarsi in quella parte "arretrata" d'Europa) che il comunismo è caduto in un periodo storico particolare, e forse non casualmente: in un momento, cioè, in cui il mondo assisteva a una nuova dislocazione e a un nuovo riformularsi dei rapporti tra Nord e Sud dopo il decennio della decolonizzazione ('60), quello delle lotte armate di liberazione ('70), il loro tragico fallimento e il riequilibrio del potere economico, finanziario e commerciale su scala mondiale ('80). Già prima del crollo del muro di Berlino si era assistito a una nuova fase della "presenza" occidentale in quello che era sempre stato chiamato, unitariamente, Terzo Mondo, e adesso veniva accorpato in sottocategorie dipendenti vuoi dal!' area geografica, da quella geopolitica, dal livello di povertà e arretratezza e fame. Questa nuova presenza, non più surrogata da "valori" che, per quanto ipocriti o francamente ripugnanti, avevano sempre fatto parte del bagaglio (o del "fardello") con cui l'uomo bianco si era impegnato nella sua missione civilizzatrice in ogni parte del mondo, procedeva di pari passo, e sia pure in modo non lineare e non sempre ben comprensibile, con una parallela caduta della 4 partecipazione politica di massa in Occidente e con una crisi crescente delle forme di rappresentanza che della storia dell'Occidente erano state caratteristica ed elemento cruciale e determinante. Questo, ancor tutto da studiare e approfondire, è comunque il "contesto" storico entro cui avviene la crisi e il crollo dell'Urss, dell'Europa orientale, del comunismo. Ricondurre tutto, come si è fatto per semplicismo, entusiasmo, superficialismo, amor di chiarezza, ipocrisia oppure ottimismo, ad uno scontro fuor dalla storia tra democrazia e sua negazione, tra mercato e sua assenza, tra società civile e Stato, è servito a molti filosofi, economisti e politologi per ridar linfa alle proprie ripetute e ricorrenti convinzioni, molto meno per cercare di comprendere la natura specifica di un fenomeno, "storico" sì ma tuttavia ben determinato, come quello ancora in corso nell'Est europeo e nell'ex Urss. Si prendano, a mo' d'esempio di un atteggiamento che non riesce a superare i limiti del cronachismo e del politicismo, le osservazioni di alcuni esponenti della cultura, del giornalismo e della politica che sono, probabilmente, tra i più preparati e affidabili della loro categoria. Vittorio Strada, in nome di un' adesione alla "sostanza" dei fatti che non si faccia fuorviare da Varsavia. Foto di Krzysztof Pawela !G. Neri).

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