Linea d'ombra - anno XI - n. 87 - novembre 1993

CEDOLADICOMMISSIONELIBRARIA LINEAD'OMBRA. LINEAD'OMBRA ViaGaffurio4 20124Milano NON AH'RANCARE Affrancaturaordinariaa carico del destinatario da addcbitanisul conto di =dito speciale n. 9108 presso I 'ufficio P.T.di MilanoIsola Aut.Dir. Prov. P.T. Milano n. 1)5rt',156/PC./3 del 16/06/93 --- --- --- - ~----------------------------------------------------------- ,,u,,,...,ul "-'""-' ,, J:-'"-'•'-''-'' 1v11v, .1cu111v pa.t LL\.,VJa1111v11tç-1J.::)aJtruc 1a uabl\ .. ,tlil UI uno stato, di una situazione, di un personaggio, conferendogli anche una dimensione "narrativa". È tipica di Adcock una forma di reticenza, di pudore, di controllo estremo sul momento emotivo, ma proprio il carattere di "normalità" della sua poesia riesce a far risaltare la disperazione, lo sgomento, persino il terrore. Al momento del trasferimento definitivo a Londra, come rivela una poesia quale lmmigrant, la distanza tra gli esseri umani e il senso di una impossibile fusione tra loro investe soprattutto le poesie di soggetto "amoroso", suggerisce o rende esplicita una separazione irrimediabile tra uomo e donna, fino al riconoscimento di una irriconciliabilità e di una distanza, persino di un estraniamento, comunicato in Advice to a Discarded Lover (Consigli a un amante piantato) con un'apparente colloquialità, che è invece frutto di un controllo su una rabbia sottesa, e con un'organizzazione formale che ricorda l'elaborazione di un "conceit" in una poesia metafisica. Del resto, Adcock afferma che tra i suoi maestri vi sono stati Donne, Milton, Blake, e, inevitabilmente, Eliot, oltre (cosa abbastanza rara per un'autrice inglese) ai poeti latini (una traduzione di poesia latina medievale, The Virgin and the Nightingale, curata da Fleur Adcock, è uscita nel 1983). Le osservazioni di Adcock riguardo ai classici risultano illuminanti anche per comprendere molti aspetti della sua poesia: "La semantica, la morfologia, la sintassi ... mi affascinavano. Da questo, credo, è venuto il mio rispetto per ciò che è classico e basato sulle tradizioni; deve esserci una struttura; e devono esserci delle stratificazioni di significato, suoni ed echi e degli accenni ad altre cose, da trovare a una seconda o terza lettura". Le parole della poesia, scrive ancora la Adcock, sono "voci che parlano nella mente"; e precisa: "Io scrivo soprattutto per la pagina a stampa, non per la lettura ... Ma poiché il suono delle parole è centrale per la nostra esperienza del le cose, e per la conoscenza del la poesia, leggo via via ad alta voce quello che scrivo, e cerco di eliminare tutto ciò che suona pesante e inaccettabile ali' ascolto". La poesia di Fleur Adcock si muove, 40 11 u,u,u uc,rn 1c1cc;o1Lc11ne-rrm:errruruour-;-oe1 ---rr·, e-srgrnncauvo 01 questa ricerca profonda dentro di sé, e appare come condizione essenziale per il recupero, talora dolente e percepibilmente commosso, del sentire sofferto e coraggioso delle donne. In un'altra raccolta, infatti, The lncident Book, la voce poetante è quella di donne diverse dalla scrittrice, che raccontano le loro storie "femminili", come quella di una ragazza vissuta durante la prima guerra mondiale, in On the Land, o di una donna condannata per l'omicidio del marito, in Drowning. Anche i momenti più toccanti, o più lirici, sono sempre controllati e temperati, in Adcock, da una estrema misura, da una grande capacità di distanziamento - fino all'osservazione distaccata, talora, si potrebbe dire, "imagistica" delle cose, forse sotto l'influenza di un altro modello da lei entusiasticamente ammirato, quello di Marianne Moore - e dominati dalla sua ironia, dal gioco, spesso anche dissacratorio, di ciò che Adcock chiama "wit" - "un'altra qualità che ammiro", come ha scritto - e che è la caratteristica dei poeti che ama, qualcosa che "prende la forma di vera e propria scrittura comica, o piuttosto un uso diverso e più specialistico del!' abilità linguistica e tonale". Questo spirito, questo "wit", "non dovrebbe, e infatti nei buoni poeti questo non avviene, essere in conflitto con la serietà e l'umanità, ma al contrario accrescerli". Tale caratteristica, "una sorta di scintilla", come ancora la definisce Adcock, rende alcune sue poesie dissacratorie, pungenti (si pensi a Thatcherland o Leaving the Tate) e si riscontra in alcuni componimenti che esprimono una visione fortemente venata di femminismo. Anche per quanto riguarda la sua posizione di donna che scrive poesia, l'atteggiamento di Fleur Adcock è, comunque, tipicamente equilibrato: se, da una parte, la sua è una voce coscientemente femminile e femminista, tuttavia è ben lontana dal pericolo, lucidamente evitato, di chiudersi in un ghetto, e di farsi sentire soltanto nel corso di Women's Studies o nei dibattiti sulla differenza sessuale. A buon diritto, essa fa parte di quel "sano gruppo di poeti" che, con le sue stesse parole, "sono in grado di essere apprezzati per i loro meriti".

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==