L'AUTOMOBILINA ROSSA Estrella D. Alfon a cura di Neferti Xina M. Tadiar traduzione di Michela Sorgoni Estrella D. Alfon (1917-1983), scrittrice, poetessa e giornalista filippina, ha scritto numerosi racconti sul tema della violenza sessuale. In The Low Wall una donna viene oltraggiata due volte: prima da un guardone che la osserva mentre fa la doccia; e poi dai suoi vicini che la rimproverano per aver chiesto un compenso. In un breve racconto, Magnificence, considerato come il suo lavoro più noto, un giovane si guadagna la fiducia di una donna e dei suoi due figli, una bambina di sette anni e un ragazzo di otto, offrendosi di fare loro da insegnante per poi molestare sessualmente la ragazza. Entrambi i racconti facevano parte di una raccolta pubblicata nel 1960, e sebbene esprimessero chiaramente una protesta femminista, furono riconosciuti solo retroattivamente dal movimento femminista organizzato che emerse più di un decennio più tardi. Nel racconto che segue, L'automobilina rossa, la violenza sessuale è solo una delle "crudeltà della vita" patite da una famiglia che vive in una casa abusiva. Scritto circa due decenni dopo gli altri due racconti, durante il lungo periodo della Legge Marziale nelle Filippine, L'automobilina rossa descrive un quadro più ampio della situazione sociale, divenuta poi retaggio della dittatura di Marcos. Durante questo periodo, la povertà diffusa e la violenza derivante dall'offensiva militare anticomunista del governo nelle campagne, generò un esodo rurale nella capitale, Manila, creando di conseguenza una massa di "popolazione fluttuante" di occupanti di case abusive e di lavoratori ambulanti, come la famiglia del racconto che vive spingendo un carretto. Allo stesso tempo, la stretta economica risultante dal saccheggio della nazione ha avuto come conseguenza l'esodo e l'esportazione di mano d'opera oltreoceano, soprattutto in Arabia Saudita, inEuropa e nelle zone più ricche dell'Asia. Le assenze che segnano il racconto, come l'assenza di donne di servizio e l'assenza dei mariti, testimoniano la nuova tendenza economica nata dalle politiche economiche governati ve orientate verso l'esportazione e dipendenti da capitali stranieri. Con questa nuova economia politica emerge anche un nuovo strato sociale formato da coloro i quali costituiscono la cosiddetta economia informale, cioè la mano d'opera non regolamentata, "fluttuante", che vive della produzione in eccedenza. Le attività considerate non produttive o pratiche di sussistenza, vengono per la maggior parte svolte dalla mano d'opera femminile, e poi, con l'aumentare dell'esportazione di mano d'opera femminile ali' estero, da quella infantile. Quindi, il fatto che Alfon incentri il suo racconto su questo aspetto della vita urbana, aspetto ignorato nel passato sia dagli scrittori interessati alla classe borghese che da quelli interessati al proletariato, non è un allontanarsi dai temi femministi ma piuttosto un ampliamento delle problematiche della sessualità al di là dei tradizionali contrasti tra i due sessi. Il tema della violenza sessuale è importante proprio perché fornisce un legame tra i mali sociali e le crisi vissute dal paese, e il destino personale degli individui. Non è un caso che nel racconto la violenza sia opera di un uomo delle classi privilegiate della società con la connivenza di un'autorità politica, un poliziotto. Lo sfruttamento sessuale omosociale di queste classi (i domestici) dimostra acutamente il legame intrinseco tra le dinamiche della sessualità e quelle del potere politico-economico. Anzi, la prostituzione di donne, bambini e uomini, in quanto realizzazione su corpi reali del la prostituzione del "paese" è diventato oggi uno dei temi principali della letteratura femminile filippina. Alfon, però, non scrive racconti in funzione di allegorie nazionali. In un mondo sempre più ritenuto globale, cioè, all'epoca del nascente Nuovo Ordine Mondiale, ha scelto di seguire la vita di una famiglia di rigattieri portando così la propria attenzione e la nostra (poiché, dopo tutto, ne ha fatto "il nostro racconto", "i nostri due personaggi") sulla spazzatura della Storia mondiale. "I nostri due personaggi" sono la 30 spazzatura, i rifiuti prodotti dai desideri dello Stato di sincronizzarsi con l'Ordine Mondiale, con il tempo dominante della capitale transna'zionale. Ciò che è andato distrutto in questo volersi tenere al passo con le potenze mondiali, è l'esistenza stessa della comunità. Poiché come i nostri rigattieri, il loro carretto e l'automobilina rossa, la comunità è una forma superata, non sincronizzata con il tempo del mondo (che necessita di reti di collegamento piuttosto che di comunità) e, in quanto tale, è condannata a sparire dalla storia dominante. Il primo piano che Estrella Alfon fa su queste persòne, destinate ad essere usate e poi gettate via, potrebbe quindi essere visto come il riscatto di coloro che non si sincronizzano. Come i raccoglitori di oggetti da riciclare di cui scrive, Alfon usa delle forme fuori moda, respingendo le forme moderne e postmoderne usate da quelli che potrebbero essere definiti scrittori mondiali, e adotta una forma più antica di narrazione: il racconto popolare. La voce che usa è col letti va e inclusi va, come se stesse raccontando la storia nella cerchia familiare. Come i narratori del passato, non dà una fine al racconto ma lo aggiorna, come per portarlo nel presente immediato dei suoi ascoltatori e chiedere loro di risolvere i dilemmi presentati dal racconto o di applicare alle loro vite le lezioni apprese nel racconto. L'automobilina rossa differisce dai racconti precedenti di Alfon forse soprattutto nel suo richiamarsi ad una comunità partecipante. Qui non ci sono spazi borghesi di interiorità da penetrare, da osservare e da cui distanziarsi. Si potrebbe dire che gli aspetti psicologici dell'oppressione personale e sessuale dei personaggi vengono nel racconto oggettivati in modo tale che la loro vita interiore non risulta separata dagli oggetti materiali che essi possiedono e consumano. Anzi, lo spazio domestico in cui i problemi privati dell'individuo sono convenzionalmente confinati, qui si estende a tutta la superficie urbana. È in questo modo che Alfon lega l'oppressione delle donne all'oppressione di altri gruppi sociali e forgia uno spazio collettivo della comunità che spetta a noi creare. L'uomo, che sembrava molto più vecchio di quello che era, tirava un carretto fatto di asticelle di legno inchiodate fra loro e montate sopra quattro ruote di ferro. Lo accompagnava un bambino di circa cinque anni che gridava chiedendo giornali, vuoti di bottiglie, lattine ed altre cose "bulok" 1 che sicuramente c'erano nelle case che si affacciavano sulla strada. Alla voce stridula del bambino che gridava "Yo! 'Te!" 2 , faceva eco quella più profonda dell'uomo che diceva che avrebbero comprato anche "Mga bulok r'an" 3 , ma nessuno gli aveva chiesto di fermarsi e il carretto era quasi arrivato all'incrocio con il viale. Era ancora così presto che gli unici in strada erano loro. Sul carretto c'era solo un cappello con la falda strappata che avevano trovato in cima ad una montagna di sacchi di immondizia all'altro angolo della strada di fronte alla casa con il recinto più alto. II cappello copriva un mezzo pane americano ancora nella sua busta di plastica. L'uomo ed il bambino lo avevano già mangiato prendendone quattro fette ciascuno. Il pane era così soffice e dolce che nessuno dei due aveva avuto il desiderio di metterci sopra del burro o dello zucchero. Il pane da solo era già una goduria. Ora cercavano qualcuno che annaffiasse le piante in modo da chiedergli il permesso di portare il tubo alla bocca e poter spingere il pane giù per lo stomaco riconoscente. Ogni mattino sapevano che se si fossero mossi presto con il
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