Linea d'ombra - anno XI - n. 87 - novembre 1993

CONFRONTI salma. II generoso tentativo di salvare dall'impossibile realismo il suo amico, di trasportarlo nella favola morale, di dargli spazi e respiri più aerei, in lontane terre, che pur sempre sapessero di Napoli, che le era riuscito così splendidamente nell'Iguana, facendo sperare in una lunga vita, oggi appariva vacillante. L'iguanuccia sua, debole creatura in questo mondo infame del Cardillo, era ormai soffocata dalla favola, come dentro un bozzolo intricatissimo e mortale, pieno di attacchi stupendi, di assolo sapienti, che si perdevano poi in vertiginosi labirinti, quasi, di senso. Come se il Cardi Ilofosse ora soprattutto una meditazione sullo scrivere, come l'Iguana lo era stata sul reale. Così piangeva dunque Anna Maria Ortese sul catafalco di quel defunto. E il giovane artista di Oceano Mare non sa forse ancora che, con più modeste forze, e scarsità di voce, non ha fatto altro che andar dietro le orme di quella Maestra, nel raccontare la propria favola, per tentare anche lui di tenere ancora in vita il caro estinto. E non valse a nulla nemmeno lapietas di Clara Sereni che, intervenendo per riparare ai danni dell' enfant terrible, perorò anche lei con grande fermezza la causa dell'amico comune che ci lasciava, anche lei nella necessità di trafugare, chiedendo asilo alla biografia e ali' autobiografia del Gioco dei Regni, le care spoglie, per farle rilucere di vita. Tutto ciò per ricordare, con quale faticosa tenacia, e quali pene, alcuni esseri, sia in Italia che altrove, sono ancora capaci, nell'epoca del sublime, di desiderare e addirittura di rappresentare, a loro rischio e pericolo, il bello. Perché coscienti, anche i più giovani e altezzosi, che la lingua, questo nostro povero essere di LINEAD'OMBRA1983-1993 DIECIANNIDI VITAEDI PASSIONE Linead'ombracelebra dicembreisuoidieciannidiesistenza proponendoai lettoriun numerospecialededicatoa una letturamoltoattendibile moltotendenziosadi quantola nostraculturahapropostoinquestoarcodi tempo. Nelnuovodecenniodedicheremomaggioreattenzionea quantoaccadràdi rilevante- dibuonoedi inutile dicattivo - nellaculturadelpaese,affrontandocondecisioneanche campichefinora,perbuonaeducazione,abbiamotrascurato (scuolaeuniversità,giornalieTv,cinemaeteatroemusica, centroeperiferie,editoriaeriviste,eil"familismoamorale"dei gruppie deiclanal potere)... Percominciare,ci èparsonecessariofareil punto,rifletteresul passatorecente.Nelnumero88 troveretedunque alcunisaggi(diBerardinelli,Fofi,Giacchè,Pivetta,Sinibaldi) sullastoria,le istituzioni,i prodotti,le "mode"culturalidel decennio:articolisusettorispecifici(narrativa,poesia,teorie letterarie,non-fiction,storia,psichiatriaepsicoterapia,dibattitoreligioso,satira,musica,fumetto,cinema,teatro,fotografia, televisione,scuola,video,eccetera);testimonianzedi scrittori,saggisti,artistidi moltearti. Perchiudereundecennio,percominciarnedegnamente unaltro. 22 parlanti, non è un bene in sé, che da solo possa bastare ad allontanarci una volta per tutte, a distinguerci, dai dinosauri di ritorno. E nella proliferazione di parole insensate, di cui il torrido agosto trascorso è stato solo il momento più delirante, questa dannata lingua televedente e telescrivente ha dannatamente mostrato la sua ignominiosa miseria, la pochezza di ogni suono che non abbia null'altro da nominare se non la propria sgradevole ridondanza. Sicché, salvare la lingua, come chiedeva (sembra secoli fa) lngeborg Bachmann ai poeti, la lingua come utopia, sarebbe oggi più che mai urgente, ma anche impossibile, più che mai. L'orrido sublime è più forte, fortissimo, fondamentalmente indicibile, come mostra la zavorra di suoni, lo stolido chiacchierio dei parlanti. Per questo ci fece, forse, sorridere come un'inattesa liberazione un'apparizione intelligente e birichina, la burla di cui ci allietò, come una pioggerellina benefica, in questa estate sinistra, un libriccino smaltato e malizioso, Un 'americana a Parigi di El inor Rigby (per chi conosce le canzoni dei Beatles, il mistero è quasi svelato) "tradotto" in italiano da Margherita Giacobino. Il libro fu presentato agli Imbianchini, locale tradizionalmente di sinistra, con bei pergolati e buon vino, a Torino, nel corso di una simpatica festa, come raramente ce ne sono in questa città, capaci di mettere insieme femministe e gay, scrittori e artisti, registi e professori di università. Fu la presentazione, che rifaceva il verso alle presentazioni, di un libro, che rifaceva il verso a un'America inizio secolo, e ai suoi racconti, pieni di ottimismo, di donne intraprendenti e mastodontiche, capaci di far la boxe e di danzare come libellule, di spostarsi in Europa come Gertrude Stein e Alice Toklas, e di amoreggiarvi epicamente. Una satira sulla stranezza di essere al mondo, di esservi donne e uomini, mentre si sta così bene solo con il proprio sesso. Una satira del mondo femminile e, nel contempo, una sua benefica esaltazione, con enormi protagoniste, traboccanti di carne e salute, alla faccia delle lacrimose consorelle d'Europa e della loro insopportabile infelicità. Quella festa d'estate, poco prima di agosto, nell'evocare tutto ciò fu un piccolo momento di grazia. La pittrice Caro) Rama, con la sua coroncina di capelli, sempre posata sulla fronte, come trapunta di delicate spine, scuoteva la testa, disapprovando quella divertita dissacrazione dell'identità dell'autore. Forse per ribadirlo, disegnò rapidamente strani profili sulle pagine bianche di alcune copie del libro, e le firmò, mentre un giovane disinvolto con un bellissimo cappello a larghe falde, insieme alla "traduttrice" del libro, avvolta in veli color viola, giurava di aver colto nell'anno, a proposito che anno? le ultime parole, sul letto di morte, il messaggio finale della scrittrice scomparsa. Un gioco, tra luglio e agosto, forse nient'altro, un breve momento di grazia che sarebbe stato bello mantenere così, come l'angelico-diabolico sorriso di quel libricino che, nella sosta, rigenera un po' il sangue. E invece no, gli dèi così non vollero, l'agosto fu deturpato da un altro sgradevole, piccolo episodio. "La Stampa", dopo "Repubblica" che, con l'arguta penna di Natalia Aspesi, aveva, in modo complice, tessuto le lodi del libretto, volle a tutti i costi, con la penna di Nico Orengo, svelare che di banale gioco si trattava, smascherare la burla, con nome e cognome dell'autrice nascosta, gridare ali' inganno. Mentre, della giovane del la Versilia, soffocata nella sabbia, proprio sul le colonne dello stesso giornale, qualcuno, sempre in agosto, avrebbe voluto, con alidi accenti, che rimanesse ignoto il nome. Segrete, limpide contraddizioni del torrido! Non ignote regole dell'orrido sublime che ci divora! Ma quel nefando mese è ormai defunto, ed è già quasi inverno. Non si gioca più, non si ride più, nemmeno in sogno.

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