treno che Frish prende settimanalmente per andare a Monaco per ragioni di lavoro insieme all'amico e collaboratore Baum, con il quale riesce sempre a giocare durante il tragitto due o tre partite. Nello scompartimento entra però un giovane sui vent'anni che presto comincia a dialogare con i due e a parlare con competenza di scacchi. Da pagina 34 a pagina 91 la voce narrante cambia e diventa proprio quella del ragazzo, Hans Majer, pittore caricaturista che scopriamo essere figlio adottivo del primo narratore. Da pagina 92 alla fine (pagina 158) riprende invece quest'ultimo, che ci racconta la sua drammatica biografia e svela il mistero di tutta la vicenda e di quel delitto iniziale. Si tratta dunque di Tabori, ebreo ungherese, figlio di un mercante d'arte e presto iniziato al gioco degli scacchi, verso cui mostra di avere una vocazione imperiosa, quasi mistica. Siamo però negli anni Venti e Trenta e subito lo sfondo è occupato dalle prime discriminazioni e violenze antisemitiche in quel di Vienna: il giovane Tabori, che è diventato una specie di celebrità scacchistica in calzoni corti e vincitore di molti tornei, accetta una sfida durante una simultanea a Baden Baden con un giovane aristocratico tedesco, alto e biondo, il suo "antagonista", il suo "alter ego negativo" (quasi preparato e "coltivato" da generazioni passate), che riuscirà a metterlo in difficoltà, e costui naturalmente è proprio quel Frish che vediamo deceduto all'inizio del romanzo, e che poi incontrerà due volte, in divisa da SS (promessa scacchistica della razza ariana) e infine responsabile del campo di concentramento di Bergen Belsen ove Tabori era stato nel frattempo internato. Proprio nel campo avverrà la partita culminante tra i due, in cui la posta in gioco è niente meno che la vita di altri prigionieri: dopo alterne vicende vincerà Tabori grazie ad una mossa geniale, arma del tutto eccentrica, CONFRONTI anomala (poi chiamata "variante di LUneburg", dal nome della piana del Lager), una mossa che il logico e dogmatico Frish non potrà mai accettare né superare, e contro cui si accanirà fino alle sue ultime ore. Ho voluto riassumere per intero la trama, perché dà subito la misura di quello straordinario e ingombro contenitore che è il romanzo, un po' come l'appartamento di Tabori nella pensione fatiscente: "Un enorme bric-à-brac, tanti e così eterogenei erano i mobili e i soprammobili rifugiatisi, oserei dire, lì dentro". Qui i mobili e i soprammobili sono innumerevoli. Guido Almansi ne ha contati molti ma ha compilato un inventario necessariamente incompleto. A Zweig, DUrrenmatt e a suggestioni letterarie alte (anche Nabokov o Acheng) bisogna infatti aggiungere l'influenza decisiva del fumetto e della paraletteratura: Indiana Jones, le dense trame "politiche" di Bila!, e almeno un numero "storico" di Dylan Dog (marzo I992), con una bergmaniana partita a scacchi con la morte, in cui ci si gioca proprio le vite di amici e persone care. Queste pagine sono punteggiate di riflessioni e annotazioni sul gioco degli scacchi tutte tese ad evidenziarne la temibile e non sempre riconosciuta natura violenta. Le virtù necessarie sono "energia non comune", "freschezza mentale", una fondamentale capacità di attenzione, e anche volgari trucchi per infastidire l'avversario (sigari pestilenziali, turpiloquio, etc.). Da un lato una certa disposizione mistico-iniziatica (il valore dell'"illuminazione"), che può ricordare l'arte zen della manutenzione del la motocicletta, e dall'altro un atteggiamento aggressivo e distruttivo fino alla spietatezza (appena disciplinato e tenuto a bada da un sistema di regole). Insomma gnosi e pessimismo antropologico, apocalisse ed estasi: una miscela culturale di Premio"Linead'ombrg"• Cittàdi Castello 1993 Lascorsaprimavera,a SantaCesareaTerme,in provinciadi Lecce,una giuriacompostadacollaboratorie amicidi "Linead'ombra"segnalòalcuni giovaniartistie intellettualisucui ci si sentivadi poterscommettere.Erano unattore,oggibennoto,EnricoLoVerso;unoperatorecinematografico, LucaBigazzi,cuisidevononel'93leimmaginidi Un'animadivisaindue; un gruppomusicale,i SudSoundSystem;unastudiosaetraduttricedi letteraturacinese,MariaRitaMasci,e un autoredi disegnianimati,Gianluigi Toccafondo,chehaappenaterminatodi realizzareunosplendidospotper la Levi-Straussamericanae che è autoredellacopertinadel presente numerodellanostrarivista.Ciparedinonaversceltomale,diaver"premiato" deitalentisicurie insicuracrescita.Quest'anno,conmoltoritardo,egrazie al concorsodi un altroConsigliocomunale,quellodi Cittàdi Castello (Perugia),ilpremioavràunasecondaedizione,il4dicembreprossimo.Della giuriafannopartequest'annoStefanoBenni,GianfrancoBettin,StefanoDe Matteis,GoffredoFoti,PiergiorgioGiacchè(presidente),GadLerner,Paolo Mereghetti,GeorgetteRinaldieSilvioSoldini.Daremonotiziesulpremionei prossiminumeridellarivista. 20 grande successo e dal marchio inconfondibile (che si riflette misteriosamente perfino nel nome dell'autore ...). Paolo Maurensig è inesauribile nel citare e frullare un po' di tutto: emarginati e outsiders da narrativa yiddish (lo strambo ubriacone Strumpfen Lump), MitteleuropaeCabbala, un Olocausto da film Cabaret, antiche storie di mercanti orientali, i sacerdoti maya, esotismo ed esoterismo (la chiaroveggenza di Tabori), destino e sensi di colpa, melodramma e annotazioni sulla razza ebraica, moderne mitologie (i leggendari campioni di scacchi del passato: Rubinstein, Capablanca, Alechin ...). Il romanzo è inoltre disseminato di frasi vertiginosamente profonde (tipo "Se non fossimo costretti a scegliere saremmo immortali") così come da tipiche frasi da fumetto d'avventure" 'Sta' lontano da quell'uomo!' tuonò con un piglio ..."). Ora contaminazione e bric-à-brac vanno benissimo, ma l'autore sembra limitarsi a maneggiare materiali di riporto, già molto molto consumati, incapace dunque di interpretare (o plasmare) nuove suggestioni dell'immaginario. Forse ciò che non convince in questo pur appassionante romanzo di Maurensig è una insufficiente vitalità e "funzionalità" proprio come prodotto diciamo midcult, legato comunque a inderogabili regole di genere (vedi alcune incongruenze e buchi narrativi: è inammissibile che non si sappia come muore Frish, e poi la tensione cade improvvisamente nel finale liricheggiante ...). Inoltre, data la tematica forte e dato l'editore, risalta una certa piattezza ben curata e vagamente retrò dello stile: "Frish alzò per la prima volta il suo sguardo azzurro pallido e fissò Mayer. ..". Ad un romanzo, e perdipiù ad un romanzo Adelphi (così diffidente a ragione verso i nuovi narratori italiani), si può legittimamente chiedere qualcosa di più proprio sul piano espressivo (ad es. l'opera prima di Busi, a tuttora la sua migliore, pubblicata appunto da questo editore, colpiva proprio per la sua straripante e ardita incontinenza linguistica). Vorrei concludere con due considerazioni. Quando si parla di nazisti e di "morte dello spirito" (come in questo caso) si rischia sempre di distanziare un po' troppo da noi quella "morte dello spirito", di contemplarla intimoriti o preoccupati, ma di non vederla più dentro il nostro presente (e di questo i lettori sono sempre grati). Mi è poi venuta in mente, leggendo le pagine di Maurensig, una polemica affermazione di Alessandro Baricco a proposito della nuova narrativa italiana. Lo scrittore qualche tempo fa, in una perorazione del Nuovo fatta con entusiasmo à-la Segni, raccomandava libri al contempo spettacolari e intensi. Non so quanto sia davvero auspicabile questo connubio. In fondo il subdolo ricatto dei nostri tempi (verso il quale non si dovrebbe essere così acritici) consiste proprio nel fatto che l'intensità per poter essere detta, per poter "passare" deve fatalmente diventare spettacolare (altrimenti si rischiano afasia e incomunicabilità). Siamo poi sicuri che proprio su questo terreno la letteratura possa essere mai competitiva? Certo è che spettacolarità e intensità difficilmente vanno insieme, almeno nella nostra cultura, e su ciò varrebbe la pena interrogarsi.
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