Linea d'ombra - anno XI - n. 87 - novembre 1993

Ma AD ci tutela almeno dal trasformismo: i rigorosi probiviri che la governano non permetteranno mai l'ingresso ai politici compromessi con il vecchio regime. Da una Lettera di Adornato agli Italiani: "Prima abbiamo sofferto gli anni di piombo del terrorismo e dello stragismo. Ora subiamo gli anni di fango del tangentismo ... Se si fa eccezione per le tre-quattro primavere dominate dal miraggio del "made in ltaly" (oggi sappiamo su quali distorsioni fosse basato) si può dire che è almeno dagli inizi degli anni Settanta che questo paese vive una situazione psico-politica più vicina a quella di uJ1aRepubblica del Sud America che a una democrazia europea. E vent'anni sono tanti. È quanto durò il fascismo. IL CONTESTO Questa amara constatazione può darci la misura di quanto sia forte la democrazia italiana, di quanto sia saggia la sua gente, di quale resistenza siamo stati, tutti insieme, capaci in questo allucinante ventennio. E può darci, allo stesso tempo, la misura di quanto il vaso della pazienza possa essere colmo, di quale disperata domanda di giustizia e di serenità provenga da un popolo così tartassato". Si tratta di un'analisi che, fatta da un leader di ieri; la si sarebbe detta un'operazione di scadente o sfacciata demagogia, ma scritta da un homo novus la si può perfino interpretare come l'astuto tentativo di incoraggiare un trasformismo "di base" che faccia d'anticorpo a quello del vertice. Alta strategia dunque, ma, come si vede, vecchio - e stupido - punto di vista. Chiesa e mafia: una svolta? Dopo l'omicidio di don Giuseppe Puglisi Rosario Giuè 1)Un altro muro è caduto. Con il sangue sparso sul selciato di piazza Anita Garibaldi a Palermo, nel buio della sera di quel mercoledì 15 settembre, la mafia ha decretato di rompere un ultimo tabù di rispetto che le rimaneva: quello per la Chiesa cattolica e i suoi ministri. Dopo quella con la politica e quella con la struttura giudiziaria, anche la mediazione con l'istituzione ecclesiale è venuta meno. Quella sera Cosa nostra ha colpito vigliaccamente don Giueppe Puglisi, "un uomo coraggioso ed indifeso", come recitava l'indomani un lenzuolo bianco posto da mani anonime sull'inferriata della chiesa di San Gaetano. Don Pino quel giorno compiva 56 anni. Non c'è niente di eclatante nel lavoro svolto da Giuseppe Puglisi. Non gesti provocatori, non grandi invettive. Certo, se fosse stato qualche altro prete a cadere, forse qualcuno avrebbe potuto dire che non si era stati abbastanza prudenti. Ma Puglisi era un uomo prudente. E insieme fermo, fedele servitore e testimone del Vangelo. Egli era da appena tre anni stato nominato parroco della Comunità di San Gaetano, nel quartiere Brancaccio di Palermo est, un quartiere che è un misto tra vecchia borgata e nuovi palazzoni, tra originari borghigiani e nuovi arrivati. Un quartiere senza servizi pubblici essenziali, a eccezione della scuola elementare, ben funzionante. Un quartiere abbandonato a se stesso, dove i politici di turno hanno pescato negli anni tanti voti, ma non sono tati in grado di rendere operative quelle parti del piano regolatore che destinano a scuole e servizi alcune aree pubbliche. Hanno preferito baciarsi con i mafiosi del quartiere all'ingresso dei seggi elettorali, magari aspettando il momento buono per egnare una variante del piano regolatore e rendere quelle aree'lottizzabil.i. . La guerra di mafia dei primi anni Ottanta aveva lasciato sul terreno di Brancacciodecineedecinedi morti, e la gente del luogo ha da tempo introiettato la paura, il senso della diffidenza e dell'impotenza. Da un po' di anni, dall'85, con diverse esperienze, l'azione della parrocchia aveva fatto e stava facendo sì che ci si apri e alla fiducia, alla possibilità di credere a un cambiamento. La parrocchia, spesso unico spazio di socializzazione e di aggregazione in molti luoghi del paese, stava tentando un percorso di liberazione. E invece "un sacerdote, che tentava umilmente Foto di Letizia Bolloglio. 9

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==