Linea d'ombra - anno XI - n. 86 - ottobre 1993

IL CONTESTO Barcellono, le Romblos (foto di P. Horree/G. Neri). registrato una crescita economica impressionante, a ritmi del cinque per cento l'anno, la Borsa ha conosciuto un "boom" senza precedenti, il paese è diventato improvvisamente appetibile per folte schiere di investitori stranieri. In dieci anni, il reddito pro capite si è triplicato, passando da 4000 a 12 mila dollari, si è quintuplicato il numero dei supermercati, è cresciuto del cinquanta per cento il numero dei televisori, si è raddoppiata in cinque anni la vendita di auto. Ma i problemj sono arrivati presto. Il 14 dicembre 1988 è passato alla storia come "il giorno in cui si fermarono anche gli orologi": il primo sciopero generale, il primo duro colpo per il governo socialista, che un anno dopo ha subi tu un preoccupante calo elettorale. Poi, è venuta la recessione, la disoccupazione al venti per cento, lo stop improvviso nella lunga "rincorsa" all'Europa. E alla fine il colpo più duro: le accuse di corruzione per il partito socialista. Nel giugno scorso, però, nel segreto dell'urna, la gente ha dato ancora una volta fiducia a Gonzalez, quasi con un'implicita supplica: "Questa volta, non tradirci". È il bisogno di sicurezza di una società disorientata dopo gli anni dell'euforia. Lamovida, cioè l'esplosione di vitalità, tutto ciò che si muoveva e si agitava, l'inno al divertimento, è ormai niente più che un ricordo, magari un oggetto d'analisi per i sociologi. È stata un modo di essere, di vivere che è servito, nei primi anni Ottanta, ad allontanare gli incubi del quarantennio, quasi un rito liberatorio per accantonare - in un vorticoso e disordinato succedersi di espressioni artistiche, culturali, musicali- un passato fastidioso, per rimuovere il 6 franchismo. Quella frenesia Carlos Saura la tradusse bene in un film che racconta la storia di un gruppo di giovani teppisti alla deriva. Un film intitolato, guarda caso, De prisa, de prisa, in fretta, in fretta ... Se la movida è stata messa in soffitta, resta sempre la voglia di fiesta, una caratteristica tutta spagnola che niente potrà scalfire. "Madrid me mata", Madrid mi uccide, dicono i fanatici delle notti senza sonno. E sono tanti, e sono irriducibili. Si danno appuntamento tutti i fine settimana, tra strade e viuzze che circondano la Glorieta (piazza) de Bflbao, nel cuore del vecchio quartiere di Malasaiia, nei bar, nelle discoteche, nei club. Celebrano il piacere di incontrarsi, di parlare, di bere, di far tertulfa (o salotto), di tirar tardi anzi tardissimo, anzi di fare l'alba. Madrid è città speciale, la città che "te mata", ma dopotutto in Spagna i bar sono il luogo privilegiato di incontro, il centro della vita sociale: ce ne sono più di 130 mila, che forse è un record mondiale e comunque è un numero quasi pari a quello dei bar di tutti gli altri paesi della Cee messi insieme. Così non più di qualche mese fa, qu~ndo alcune amministrazioni comunali hanno tentato di imporre la chiusura dei locali alle tre del mattino, c'è stata quasi una rivolta nazionale, con scontri tra dimostranti e polizia. I vecchi orari sono stati subito ripristinati. Dietro la "cultura del bar", com'è stata definita, si cela però anche un problema che si è fatto sempre più preoccupante: l'alcolismo 'giovanile. Cominciano a bere sempre più presto, bevono sempre di più. Dei ragazzi madrileni tra i 12 e i 20 anni, uno su due si dichiara "consumatore abituale di alcol". Ma dai 16 in su l'indicesaleaddiritturaall'83 percento. Spesso poi l'alcolismo si unisce in una miscela esplosiva al consumo di droga. Tra il 1981 e il '92 il numero di morti per overdose è cresciuto da 61 a 806,

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