Linea d'ombra - anno XI - n. 86 - ottobre 1993

TEATRO E ANTROPOLOGIA Note su una 11 canoa di carta 1 ' Piergiorgio Giacchè "Questo teatro si può paragonare a una vera spedizione antropologica", scriveva Eugenio Barba in quel suo primo libro sul lavoro di Jerzy Grotowski, intitolato Alla ricerca del teatro perduto. Quasi trent'anni dopo pubblica un Trattato di Antropologia Teatrale (La canoa di carta, Il Mulino, Bologna 1993), specchio stavolta del suo teatro, ma soprattutto relazione conclusiva, anche se non definitiva, della sua lunga spedizione antropologica sull'arte dell'attore. Altri libri e articoli e interventi hanno nel frattempo accompagnato e integrato la produzione artistico-spettacolare sua e dei suoi compagni dell'Odin Teatret: tutti con la stessa ostinata e rigorosa <;lirezionedi ricerca, tutti chiaramente leggibili come atti di fondazione e di perfezionamento della sua antropologia teatrale. Ma è con questo libro che la sua antropologia ha guadagnato davvero la maiuscola; è questa la "Canoa di carta" che con leggerezza e padronanza fluttua nel difficile ma per lo più stagnante lago della cultura teatrale. Passati i tempi delle polemiche e delle ideologie teatrali, cessate le preoccupazioni teoretiche e le ansie didattiche, si è arrivati ad un autentico, quanto involontario, strumento pedagogico teatrale ed intanto a un saggio antropologico di rara importanza e profondità. Alla solita chiarezza si aggiungono nuove argomentazioni e numerose riflessioni critiche - circa "i principi che ritornano" nell'arte dell'attore - che fanno di questo testo un insostituibile strumento di studio del teatro contemporaneo, mentre riscattano ed elevano a metodo quella chiave di lettura antropologica che fino a ieri pareva presa in prestito e usata come comoda metafora. C'è un punto infatti in cui la "Canoa di carta" non solo galleggia, ma ha gettato l'ancora: la zona liminale in cui si incontrano e si mischiano le flebili correnti del teatro e dell'antropologia. Da navigatore esperto, Barba non si fa confondere dal falso problema se la sua Antropologia Teatrale sia o no una branca o un'area di ricerca dell'antropologia culturale, ma lavora per sistematizzare l'antropologia "implicita" del teatro, snobbando o anche esorcizzando le tante, inevitabili contiguità e contaminazionj disciplinari e restando invece "sul campo" a interrogare e comparare i fatti e i testimoni della cultura teatrale. Senza farsi distrarre o attrarre dal fumo del dibattito, la sua ricerca guadagna in precisione e profondità: si può dire che passa da relazione etnografica sui teatri altri o "orientali" a riflessione antropologica complessiva sulla pratica e la teoria teatrale attuale. Alla trasculturalità geografica o etnologica, già trattata e provata in Uno scena di TheolrumMundi, ISTA (foto di Fioro Bemporod). 75

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