SAGGI/BARBA "minori" o "oscuri". Ciò che importa è che tutti costoro siano accomunati dal fatto di sfuggire alla forza centripeta del pianeta teatrale. Sono, nel loro insieme, l'immagine del teatro che risponde in maniera vitale agli sgomenti e alle angosce del démone di mezzogiorno: teatro che non soggiace all'ultima e più pericolosa illusione - quella della sua pochezza - e che da questa consapevolezza trae forza e intelligenza per autotrascendersi. Il Terzo Teatro ha, quindi, molti antenati. Alcuni furono personaggi che oggi la storia riconosce come fondamentali per la qualità della vita teatrale; altri si nascondono, anonimi, dietro nomi ed etichette generiche. Così, ad esempio, dietro il termine "studijnost" ci sfuggono i volti di quei giovani ai quali abbiamo già più volte accennato, coloro che all'inizio del Novecento, in Russia, crearono un arcipelago teatrale che trascendeva coi suoi valori e i suoi intenti i normali limiti del teatro. O ci sfuggono i volti di coloro che nell'Italia del secondo dopoguerra fondarono il Teatro di Massa. Dietro questo nome ci fu una realtà diversissima nella forma, analoga nella sostanza, a molte esperienze del teatro di gruppo degli anni Settanta; una reinvenzione del teatro, della sua organizzazione, del suo contesto sociale, della sua qualificazione professionale, dei suoi fini culturali, della sua drammaturgia, del suo modo di trasmettere un sapere tecnico. Fu, soprattutto, il modo in cui centinaia di giovani usarono il guscio cfel teatro per costruire la propria identità personale e politica, per creare relazioni sociali corrispondenti ai propri ideali e ai propri sogni. Durò pochissimi anni. Di quest'ultimo esempio, del Teatro di Massa, quasi non resta traccia nella memoria scritta che costituisce la cosiddetta storia del teatro. L'ho scelto proprio per la sua apparente evanescenza.Nell'arcipelago dei teatri piccoli e grandi che costituiscono l'anello del pianeta teatrale vi sono zone di silenzio accanto a individualità famose. L'eredità che ciascuno di noi può stabilire per se stesso implica non solo il riconoscimento di luminosi punti di riferimento, ma anche il riscatto degli ingiustamente dimenticati. Fra gli antenati del Terzo Teatro anche gli anonimi ci influenzano. La ricerca nel cielo delle idee è un modo per scrutare come in uno specchio i segreti della nostra biografia.Uso spesso metafore: l'eredità di ciascuno di noi a se stesso è irripetibile. Si può cercare di catturarne il profilo in alcune immagini che gli altri dovranno poi tradurre nei lineamenti della propria esperienza professionale e della propria vita. I teatri di pietra, quelli che si identificano nel nome di un'istituzione, rappresentano se stessi, non gli uomini che li abitano. Perdurano imperturbabili nel tempo. G I i abitanti del momento celebrano cinquantenari e centenari e nutrono l'illusione che in questa durata vi sia anche il senso d'una continuità preziosa, il valore d'una tradizione, d'una storia. I teatri che si identificano con le relazioni fra un pugno di uomini - gruppi, compagnie, ensembles - spariscono molto più velocemente. Non perché il loro senso sia debole, ma perché non sono pietre, né istituzioni o bandiere, ma teatro-in-vita. 74 Numerosi gruppi rinunciano o si sfasciano pe.r difficoltà esterne, per discordie interne, per rapporti interpersonali appassiti. L'esperienza insegna che è molto difficile, per un gruppo, mantenersi in vita per più di dieci anni. Non è la loro sparizione che può stupirci. Dovrebbero stupirci invece i gruppi longevi, e dovrebbero farci riflettere sulle cause della loro longevità. Inventare il senso della propria azione di far teatro implica la volontà e la capacità d'allontanarsi dai valori in auge nel centro del pianeta teatrale, implica la forza di immettersi nella nebulosa, nell'orbita degli aneli i. Ma se alcuni si allontanano, obbedendo a un impulso invincibile, spinti fuori da un'ansia artistica ed esistenziale che non li rende adeguati alle pratiche del presente, altri, invece, sono nati lontani dalla faccia ammaccata del pianeta, conoscono soltanto la realtà degli anelli di Saturno ed ignorano quasi tutto dell'imponente pianeta attorno al quale ruotano ognuno con la sua differente velocità. A volte, sono attratti e affascinati dalla stabilità, dalla consistenza del pianeta, dal fatto che su di esso il senso sembra essere stabilito una volta per tutte. Ed aspirano invano ad identificarsi con quella crosta. La condizione del Terzo Teatro è, coscientemente o inconscientemente, ricerca del senso. Ma non lasciamoci sedurre dal la nobiltà delle parole: ricerca del senso vuol dire soprattutto personale scoperta del mestiere. È facile banalizzare la parola "mestiere" e associarla a "tecnica" o "routine". Mestiere vuol dire ben altro: la costruzione paziente di una propria relazione fisica, mentale, intellettuale, emotiva con i testi e con gli spettatori, senza uniformarsi ai modelli che regolano le ben equilibrate e convalidate relazioni vigenti nel centro del teatro. Vuol dire comporre spettacoli che sappiano rinunciare all'usuale pubblico teatrale e sappiano inventarsi i propri spettatori. Vuol dire saper cercare e trovare denaro senza incarnare il valore del teatro previsto da coloro che per motivi economici, ideologici o culturali investono risorse per favorire lo sviluppo della vita teatrale. Tutto questo è quasi soltanto mestiere: tecnica dell'attore, della scena, della drammaturgia; competenza amministrativa. Solo per un piccolo resto è forza dell'ideale, spirito di rivolta. Inventare il senso, infatti, vuol dire soprattutto saper cercare il modo per trovarlo. È vero: ciò che ho chiamato "il piccolo resto" è l'essenziale. Esso, però, riguarda una parte di noi soggetta a continue obnubi,- lazioni, a periodi di silenzi, di stanchezza, di scoraggiamento. E un mare pescoso e tenebroso, che a volte ci appare inondato di luce ed altre volte ci sgomenta e si riduce ali' infeconda amarezza del sale. Non si può resistere a lungo tenendo gli occhi fissi alle stelle e abbandonando il cuore al mare. Occorre il ben costruito ponte d'una nave. Ognuno dovrebbe essere in grado di tradu1Tenella concretezza del suo personale linguaggio queste metafore. Anche questo fa parte del mestiere. È la competenza nel mestiere che trasforma una condizione in una personale vocazione e, agli occhi degli altri, in un destino che è un'eredità.
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