Linea d'ombra - anno XI - n. 86 - ottobre 1993

nome di Grotowski. Spesso dimentichiamo, ingiustamente, nomi come Joan Littlewood o il nome di coloro che aprirono nuove strade al teatro dell'altro emisfero: Atahualpa del Cioppo o Enrique Bonaventura, Yicent Revuelta o Santiago Garcìa. Sono nomi di artisti i cui spettacoli hanno lasciato un segno nelle memorie di molti loro spettatori. Sono teorici e strateghi teatrali originali. Ma le radici della loro forza sono extra-teatrali: tutti loro sono entrati nel teatro portandovi una "nostalgia" personale, ribattezzandolo come una nuova provincia d'un paese spirituale perduto, minacciato o minaccioso, diverso per ognuno di loro: la religione, l'anarchia, la rivoluzione, il tempo del l' "uomo nuovo", un'oscura e insensata rivolta individuale. Per "inventarsi" il senso della propria eredità a se stessi, tutti costoro hanno concentrato la loro attenzione su alcuni elementi della pratica scenica, trascurandone altri. Andavano in profondità in una zona ridotta di terreno, piuttosto che dilagare in superficie. Se si guarda la loro storia con occhi sgombri da pregiudizi e da quella sorta di idolatria che si nutre nei confronti dei "grandi", ci possiamo accorgere che ciascuno di questi "grandi" era segnato da un handicap, non aveva la disponibilità di mezzi che invece Huomponi, Incontro Internazionale del Teatro di Gruppo (Perù 1988). Foto di Tony D'Urso. SAGGI/BARBA hanno gli artisti che divengono i beniamini del proprio tempo. Alcuni di questi handicap restano nascosti sotto la polvere del passato, altri emergono con particolare vividezza: Stanislavskij non riusciva ad accettarsi come attore; Artaud non riusciva a concretizzare le proprie visioni; Brecht non sapeva fare a meno di un'ortodossia, né d'altra parte riusciva ad accordare ad essa la propria pratica artistica, carica di individualismo e d'anarchia. Trasformando la "nostalgia" e gli handicap in un segno di diversità, quei maestri del teatro del Novecento si fecero stranieri. Divennero, cioè, costruttori di un senso autonomo per la loro azione di far teatro. E poiché abbandonarono, o furono costretti ad abbandonare alcune delle difese del teatro, possiamo parlare di loro come di "stranjeri a mani nude". Prima di spingersi sul terreno ignoto, infatti, non avevano già acquisito la fama sufficiente a metterli al sicuro, né nell'abbandonare le pratiche più diffuse le sostituivano con altre esotiche ma di prestigio. Occorre essere precisi: furono stranieri, sì, ma non a mani nude, i comici della Commedia dell'Arte che si diffusero nei teatri d'Europa fra Cinque e Seicento. Furono stranieri, ma non a mani nude, Sada Yacco e i suoi attori-danzatori che importarono in Occidente l'immagine d'una tradizione teatrale giapponese inventata sulle basi d'un intelligente bricolage artistico. Furono 71

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