dell'altro piano, don Silvino Saperes, sottomesso ad esse quanto la coppia in subaffitto dell'ultimo alloggio (una giovane coppia in attesa del primo figlio con una speranza piena di angoscia) e gli altri inquilini della casa di quell'umido quartiere di modesti bottegai. Perfino il proprietarjo, un avvocato che viveva lì delle proprie rendite, faceva capire, con una tattica vagamente sbagliata, che se Dio non vi avesse provveduto, sarebbe presto morto di fame. Ma tutti vedevano quanto la moglie ingrassava, come s'attillava con braccialetti ed orecchini da monte dei pegni e che in negozio acquistava i cibi migliori. Anche il prete, seguace suo malgrado di un cristianesimo austero e primitivo, veniva guardato da tutti con sospetto, senza una ragione, e anche le Ginebreda "quelle signore che andavano a messa con squisiti scialli di trine". Alle sorelle la pietà veniva lesinata quando non negata: esse appartenevano, agli occhi dei vicini, ad un'altra classe, ad un mondo d' oppressori che presto sarebbe stato spazzato via. L'educazione ricevuta in un'epoca opulenta le rendeva diverse dagli altri inquilini e neutralizzava la loro attuale indigenza e così l'efficacia dei sorrisi e delle parole carine che elargivano tutto ciò potevano, per bontà, per paura e per guadagnarsi amjci e benevolenza, ora che erano rimaste proprio sole. Tuttavia, nella memoria e nelle intenzioni dei vicinj, esse erano destinate, insieme a don Silvino e al padrone, al sacrificio sociale venturo. Lo intuivano e rabbrividivano al pensarci perché amavano la vita al di sopra di tutto. Erano deboli e povere, eppure amavano la vita: quella vita che Madrona aveva abbandonato, quasi repentinamente, quando era una giovane di vent'anni, trenta addietro. Le sorelle parlavano spesso della defunta, tra loro e con la signora Maddalena Blasi. "Era la più bella della famiglia e anche la più brava", diceva la vecchia signora. "Assomigliava a vostro padre". Loro, umili e seccate, accettavano senza fiatare perché Madrona era morta: tutte e tre alzavano gli occhi verso il ritratto della giovane (rossa e dai tratti evanescenti) appeso tra quello di papà e quello di mamma. "Vostro padre era straordinario", magnificava la signora Blasi con l'impudenza dei vecchi. E si rimirava quel viso ampio e sensuale dotato di lunghi baffoni sullo stile dell'ultimo kaiser. Le male lingue avevano insinuato che la signora Blasi era stata l'amante del signor Ginebreda. Le sorelle lo sapevano, ci credevano e la odiavano e tuttavia si adoperavano per risvegliare i ricordi della vecchia con indulgenti sorrisi di complicità. A loro piaceva evocare con la signora Blasi quel mondo che non c'era più, quando loro erano giovani, un universo meraviglioso, pieno di gioia e di ricchezza. Il babbo andava spesso a Parigi per affari (questo era il nome che dava ai bagordi, secondo l'opinione della signora Maddalena Blasi) e quando tornava portava splendidi regali per sua moglie, che tanto doveva perdonare, e per le figlie, adolescenti fortunate e brave in francese ed in pianoforte. Amelia e la cagionevole Elpidia suonavano a quattro mani Qui vive oppure Mio bel amoretto, brani di moda, comperati chez Dotésio da papà, interpretate con grande stile, dalla intensissima voce da soprano di Madrona, accompagnate, con impeto selvaggio, dalle donne di servizio della scala. Ogni tanto, con i cugini Ribalta e Quildet Nogueres che studiavano all'Università, organizzavano balli e concerti di famiglia. Le Ginebreda invitavano allora alcune amjche ed i cugini portavano dei loro compagni in relativa buona fede, timidi e afflitti da un sudore facile. Carletto Ribalta cantava STORIE/ESPRIU con Madrona dei testi assurdi con musica della Chanson Créole di Ketterer, odeL'adieudi Gustavi: Sange e duetti italiani d'opera. Poi le Ginebreda più grandi eseguivano la Mandoline di Thomé. L'hirondellè perdue di Hess, la Sérénade di Franz Hitz o La harpe éolienne di Sydney Smith. Salvador Espriu. La serata si chiudeva con Vorrei morire che Stanislao Ribalta, pretisico (se ne andò nel pieno della giovinezza), intonava con grande trasporto. I convenuti dissimulavano, elegantemente beffardi, i lacrimevoli sussulti che "quella ridicola canzone" trasmetteva loro. Quindi, i rappresentanti del sesso forte ripetevano dei luoghi comuni sul valore di Wagner, mentre le signorine un po' s'assopivano facendo finta di ascoltare, fino all'ora della merenda, una merenda di quei tempi, presieduta dai papà, da Angelica Antommarchi e dalla signora Maddalena Blasi. A sera gli ospiti si accomiatavano. Una volta sole, le sorelle commentavano gli avvenimenti del pomeriggio: criticavano le amiche con agghiacciante lucidità ed esaminavano con rigore e precisione le variabili somatico-pecuniarie degli amici dei cugini. A notte fonda s'addormentavano progettando un nuovo incontro, trampolino verso il sacramento del matrimonio. Di sicuro, grazie a quelle feste, si combinarono molte nozze che Amelia ed Elpidia analizzavano con la signora Maddalena Blasi quando veniva in visita. Quasi tutte erano state un vero fallimento. "E questo consola noi zitelle", dicevano le Ginebreda. Affermavano (soprattutto Amelia) che s'erano stancate di dissuadere pretendenti, ma la signora Blasi riteneva che nessuno avesse mai pensato seriamente a loro "perché tutti sapevano che vostro padre non aveva che debiti. Vi sareste sposate a tambur battente se qualcuno vi avesse detto una parola vera". Le Ginebreda, scandalizzate, negavano energicamente, ma, nel fondo del cuore, riconoscevano che la vecchia aveva ragione. Ci fu un momento in cui tutt'e tre le sorelle s'innamorarono del cugino Carletto: era slanciato ed aveva l'incanto dell'eleganza. Alla fine questi preferì Madrona. La delusione unì le due sorelle maggiori contro la più piccola, vittima di mille piccole crudeltà alternate a baci sonori e a ineccepibili scenate di gelosia. Improvvisamente, in una banale sera d'inverno, Madrona morì senza quasi dover prender letto. Era una ragazza di non molta fantasia che agognava il matrimonio ed un'automobile propria a disposizione per tutta la vita. Abbellita dalla disperazione di Carletto e dei genitori, quella scomparsa prematura destò penose fitte alle coscienze d'Amelia e di Elpidia. Tutti esaltavano la memoria di Madrona che, a partire da quel momento, divenne centro di un amorevole culto. In tutte le stanze dell'appartamento della famiglia furono collocate immagini della ragazza in pose impegnative di una severità poco simpatica e, sistemati innanzi a un sostegno in vetro, minuscoli altari con luci votive e fiori finti. L'ex-fidanzato si sposò poi con una donna ricca: s'allontanò dai Ginebreda e divenne un po' alla volta paralitico, di solidi principi e sordo. Ora le Ginebreda ci andavano ogni tanto a mendicare i rimasugli degli avanzi che egli poteva concedere o meno, a seconda degli imprevedibili processi digestivi del momento. 63
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