Linea d'ombra - anno XI - n. 86 - ottobre 1993

Antonio Muiioz Molino. le biblioteche o appiccava il fuoco a cataste di volumi condannati nelle piazze delle città, ma ora i nemici che se- · gneranno la sua fine sono le tecnologie del video, che nelle scuole hanno già cominciato a soppiantare i quaderni e i libri, e i computer, che riassumono l'Universo e tutta la sua memoria in circuiti dalle dimensioni di un Aleph e indecifrabili quanto la forma di un cristallo di ghiaccio o l'intrico dei vicoli di Bagdad. Hegel e Marx supponevano che la Storia obbedisse a una Ragione suprema che era lo Spirito o la lotta di classe; oggi invece siamo rassegnati a pensare che la Storia obbedisca solamente alle mediocri utopie della fantascienza, che è fantastica quanto la prosa della gazzetta ufficiale: nel futuro, cioè nel nostro abominevole presente, non ci saranno né libri né biblioteche a permetterci di vivere, come Quevedo, conversando coi defunti, bensì schermi illuminati e tastiere che offriranno doci Imente la saggezza o l'inganno e trasmetteranno gli ordini dei loro invisibili padroni imponendo la supremazia delle loro pupille ovunque, come quel robot misantropo e polifemo messo da Stanley Kubrick nella sua Odissea del duemila e uno. Abitiamo, dunque, un regno destinato a estinguersi, accarezziamo tesori che non potremo tramandare alle generazioni future, che ignoreranno - già lo ignorano - che cosa sia sfiorare le pagine appena aperte, il tenue profumo della carta, il suo colore bianco o giallognolo per il passare del tempo e per le molte mani che lo hanno toccato prima che arrivasse a noi, quella intensa presenza dei volumi che nessuno apre da anni, ma che continuano a conservare le parole di un uomo, lo sguardo e la vita di chi le ha scritte e quelle del lettore che in esse si è immerso come nello specchio della sua coscienza. Socrate disprezzava la scrittura perché temeva che gli uomini, affidandosi ad essa, dimenticassero il tranquillo esercizio della conversazione e della memoria; la scrittura però non solo conserva le parole o le seppellisce, ma offre brevi piaceri che a lei sola appartengono e che si perderanno irrimediabilmente quando la carta e i libri verranno aboliti: così come il cinema non è tanto la storia che un film ci può raccontare ma il mistero preesistente della sala buia e il rettangolo di pallido chiarore su cui scivolano le immagini come alla finestra di un sogno, così il fascino dei libri, già quasi anacronistico, non si limita mai alla loro lettura e a volte non ha nemmeno bisogno di essa per rivelarsi. Èindubbiamente bello rinchiudersi nella biblioteca del Nautilus - ogni uomo placido e solo che se ne sta nella sua biblioteca è il capitan Nemo - e scegliere un libro per rendersi a lui con quel dilazionato fervore per cui non si sentono i rintocchi degli orologi e non succede nulla tranne le parole e le avventure che uno sconosciuto ci sta raccontando dall'altro mondo, ma è sufficiente addentrarsi nel grande salone e passare in rassegna gli scaffali che coprono completamente le pareti perché i libri impongano l'imperturbabilità della loro presenza senza essere toccati. Basta averli, saperli docili al ricordo o al gesto della mano sospesa in aria che sceglie un volume o sempliSAGGI/MUNOZ MOLINA cemente verifica che siano al loro posto, basta percepire l'ordine e il numeroso silenzio e annusare l'aria che i libri abitano, che ha la stessa quiete delle sale dei musei quando si chiudono le porte e i personaggi dei quadri rimangono lì a guardarsi come dai balconi del tempo. Come le statue, come tutte le cose immobili che quotidianamente ci accompagnano e ci guardano, i libri nell'oscurità e nella notte enfatizzano la loro presenza, e diventiamo il guardiano cieco che li tocca e li indovina e non li può vedere, come Borges nella sua biblioteca di Buenos Aires. So che i miei libri, come il mio essere di carne, un giorno finiranno per morire, scrisse Proust. Temeva la morte che consuma i libri e li spinge verso l'oblio negli scaffali delle biblioteche, ma non sapeva che anche quest'ultima concessione un giorno ci verrà negata e non potremo nutrire la speranza che le parole da noi amate o scritte sopravvivano in un libro che continuerà a esistere anche se nessuno lo aprirà, come invece continueranno a esistere sepolte nel mare statue greche e monete con effigi di divinità i cui nomi non conosceremo mai. Arriverà il giorno in cui i libri moriranno, come le rose e Aristotele, ma, nel frattempo, la prossimità della loro fine ci invita a goderli con prematura e premurosa nostalgia, perché un piacere non è mai così prezioso come quando lo si sa condannato all'estinzione. Molto presto, perdere un pomeriggio nella biblioteca del Nautilus còn un libro tra le mani sarà come prendere l'ultimo Orient Express. 61

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