I LIBRI E LA NOTTE Antonio Muiioz Molina a cura di Elena Liverani Antonio Mufioz Molina nasce a Ubeda (Jaén) nel 1956. Vive fino ai 18 anni in questa regione contadina - successivamente spesso evocata come dimensione mitica - e i suoi primi contatti con il mondo della letteratura non avvengono grazie alla parola scritta, ma a una radicata tradizione di letteratura orale che, come confesserà, lo educò ad ascoltare storie e a provare il desiderio di raccontarne di nuove. Trasferitosi a Madrid per studiare giornalismo, abbandona presto la capitale per stabilirsi a Granada, dove tuttora risiede; si laurea in Storia dell'Arte e nel giro di pochissimi anni dà alle stampe cinque romanzi, una raccolta di racconti, due antologie di articoli giornalistici, un libro su C6rdoba e un libretto d'opera, testi che pubblico e critica accolgono con crescente entusiasmo e che attualmente fanno di lui il più premiato e il più letto tra i giovani autori spagnoli. Pur appartenendo cronologicamente al folto gruppo dei narratori della decantata "nueva ola", Muiioz Molina prende le distanze dal 'nuovismo', dagli atteggiamenti di rottura, dal bisogno di trasgréssione ed è scettico rispetto ali' esistenza di un autentico boom della narrativa spagnola. Per lui la generazione dei grandi scrittori è piuttosto quella degli anni' 50, quella dei grandi maestri da cui dice di averappreso il rigore nella scrittura e la fiducia nella dimensione etica della letteratura e aver acquistato la consapevolezza che scrivere è un continuo recuperare e reinventare il passato. Per se stesso, più che l'illusoria lusinga della modernità sembra rivendicare un più umile apprendistato sui classici. Palestra per l'avido lettore velocemente convertitosi in prolifico autore sono stati, tra gli altri, Gald6s, Conan Doyle, Faulkner, Onetti, Marsé, Cortazar, ma soprattutto Cervantes e Borgès, da cui ha assimilato la lezione del prospettivismo, dell'intercambiabilità dei ruoli, dell'oscillazione tra finzione e realtà, il gusto per la circolarità, la specularità, la rifrazione e la cura nella costruzione di rigorose e solide archite.tture narrative. E proprio con le parole del maestro argentino spiega perché i suoi romanzi si possono considerare continue rotazioni sul medesimo asse: "Mi sono accorto che scrivo solamente di gente che fugge, di sensazioni del tempo e dell'amore, il precipitato più forte che l'esperienza ti può dare. Come diceva Borges, gli argomenti sono solo tre o quattro." La fuga, la memoria, l'identità, il tempo e il desiderio sono i suoi ingredienti ricorrenti, spesso montati su impianti che debbono molto alla narrativa poliziesca, genere la cui ossatura spesso Muiioz Molina utilizza perché ad essa riconosce la capacità di simulare i processi della conoscenza, unico scopo della letteratura. Conoscenza di se stessi e bisogno di definirsi, come diceva Hammett riferendosi alla consuetudine di una scrittura in prima persona, ma soprattutto conoscenza del presente e del passato, e necessità di collegare la propria esperienza individuale alla storia collettiva entrando nei processi della memoria. La cultura per Muiioz Molina è, infatti, "un'immagine organica e pratica del mondo che ci permette di porci in relazione con esso a seconda dei nostri interessi e bisogni, o a seconda delle forme sociali. È l'equivalente della mitologia per l'antica Grecia; serve a rendere il mondo intellegibile, è un capitale che va tesaurizzato e diffuso perché in esso risiede il nucleo delle parole che giustificano l'esistenza umana". E cultura, oltre alla letteratura, sono anche il cinema e la musica jazz, le altre due grandi passioni dell'autore che aspira a "fare cinema e musica con la scrittura" riversando in alcuni dei suoi testi motivi e ambientazioni legate a questi mondi e imprimendo alla sua prosa-caratterizzata da un lessico ricercato e costruita su lunghe e articolate subordinazioni - un ritmo sonoro e visivo. Nelle due raccolte di articoli, che definire giornalistici sarebbe riduttivo, sono gli eventi della quotidianità a costituire lo spunto per riflessioni di ampio respiro. El Robins6n urbano (1984), silloge assimilabile ai Quadri parigini di Baudelaire, è la catabasi nella geografia umana di una Granada ritratta con sarcasmo e vivacità; il punto di vista cambia, invece, nella seconda raccolta di articoli apparsi tra il 1983 e il 1984, Diario del Nautilus (1986): l'uomo che guarda e si immerge nella realtà, ora in solitudine riflette su di essa. Nello stesso anno vede la luce il primo romanzo, Beatus /lle (1986), per cui merita il premio Icaro: è la storia di due amici, Manuel e Jacinto Solana, poeta della generazione del '27, legati dall'amore per la stessa donna, misteriosamente uccisa durante la guerra civile. Il nipote di Manuel ritornerà trent'anni dopo nell'Andalusia di Magina e sarà presto risucchiato da avvenimenti che lo porteranno ad appropriarsi e a comprendere una parte di storia sconosciuta alla sua generazione. Nei meandri della memoria iI lettore è condotto dal narratore e da un altro personaggio la cui identità si svelerà solo alla fine, artificio narrativo che l'autore utilizza con sicurezza ed efficacia. Completamente di verso è il teatro dell'azione di El invierno en Lisboa ( I987), premio Nacional e della Critica, un thriller giocato sulle note dell'amore e della persecuzione i cui protagonisti - il pianista jazz, Biralbo, Lucrecia e alcuni trafficanti di opere d'arte - si inseguono e si sfuggono tra Madrid, Lisbona e San Sebastian in un atmosfera rarefatta senza passato, né futuro, perché, come spiega l'autore, "le loro vite sono sempre quell'istante irripetibile in cui il musicista jazz suona improvvisando". E nel film omonimo, diretto da José Antonio Zorrilla, chi suonava era niente meno che Dizzy Gillespie. Dopo i racconti pubblicati in Las otras vidas ( 1988), ancora un grande successo con Beltenebros (tr. it. Beltenebros, Einaudi, 1992) nel 1989, adattato per il grande schermo da Pilar Mir6. Nella storia di un regolamento di conti tra militanti antifranchisti, ancora una volta due piani temporali si sovrappongono in un complesso gioco di analessi, simmetrie, avvicendamenti di ruoli e di amori in cui tristemente il confine tra lealtà e tradimento si fa estremamente labile. L'asciuttezza del libro, i cui precisi congegni non evitano che la soluzione dell'enigma sia priva di catarsi, ha spaventato l'autore che, non ancora riconciliato con esso, ha deciso di invertire la rotta. Da qui Eljinetepolaco( 1991) insignito del premioNacional de Narrativa, per lui il secondo, e del prestigioso Pianeta: "Ho rotto con il genere [poliziesco] e mi sono addentrato nel terreno più intimista dell'autobiografia per raccontare il processo di cambiamento di cui la Spagna è stata protagonista, attraverso un giovane e il suo rapporto col passato". Nell'esteso romanzo ambientato in una Magina ormai archetipica e che si staglia, sia pur mediata dal ricordo, con nitidezza, si muovono quattro generazioni in un affresco di società in evoluzione: l'occhio partecipe del narratore indugia con premura sull'infinità di personaggi minori che lo animano, indimenticabili e più vigorosi degli stessi protagonisti. Testimonianza della versatilità dell'autore è l'ultima fatica letteraria, Los misterios de Madrid ( 1992) precedentemente apparso a puntate su "El Pafs". fl ritorno a una narrativa di genere - questa volta il romanzo d'appendice ottocentesco - segna al contempo l'affermarsi di una prosa più incalzante e l'utilizzo del registro umoristico, insolito nell'autore. Alla Magina, paese d'origine del protagonista, ironicamente ritratta nel suo rinfrancante provincialismo, si oppone una Madrid inquietante e spudorata in cui la vita è sempre più sopravvivenza. Corre vocecheMuiioz Molina, reduce da un lungo soggiorno americano, stia terminando un nuovo libro. I testi qui proposti - apparsi una decina d'anni fa su "Ideai" di Granada - rappresentano le prime incursioni letterarie dell'autore nemmeno trentenne, già in campo, con garbata passione, per la difesa dei suoi circuiti vitali. 59
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