Linea d'ombra - anno XI - n. 86 - ottobre 1993

IL SILENZIO José Jiménez Lozano a cura di Sebastiano Burgaretta traduzione di Bianca Lazzaro Nato a Langa, presso Avila, nel 1930, José Jiménez Lozano è uno scrittore di qualità pari solo alla semplicità e modestia della persona. Vive nel paesetto castigliano di Alcazarén, dove coltiva in modo quasi nascosto la propria autonomia di riflessione e di scrittura, e dirige il quotidiano "El Norte de Casti Ila" della vicina Valladolid. Seguendo l'interpretazione della storia di Spagna delineata negli anni' 50 da Américo Castro, secondo ilquale, come ha scritto Rosa Rossi, la Spagna è stata "fortemente segnata prima dalla prolungata convivenza sul suolo iberico-caso unico in Europa-delle tre religioni monoteiste e in un secondo momento dalle conseguenze traumatiche delle successive esclusioni della componente ebraica e della componente islamica ad opera della Corona cristiana", Lozano scava nel passato per interpretare il presente. Ma oltre al genere saggistico pratica anche la creazione letteraria, narrativa e drammatica, specie di matrice storica, con qualche rara sortita nella poesia. Ha pubblicato anche due importanti raccolte di note e pensieri che costituiscono uno specchio della sua umanità e insieme un utile punto di riferimento per capire il percorso unitario di tutta la sua produzione, caratterizzata dal rifiuto della retorica, del manierismo e del barocco e, per contro, dalla ricerca di essenzialità e di fedeltà a quanto si è udito o appreso. Non è un caso che tra i suoi autori prediletti, accanto ai mistici carmelitani e ai giansenisti ci sia ad esempio un Giovanni Verga. Jiménez Lozano ha pubblicato numerosi titoli, tra cui ricordiamo i saggi Los cementerios civiles y la heterodoxia espaifola , Sobre judfos, moriscos y conversos, Los ojos del icono; i romanzi Historia de un otoiio, El sambenito, La salamandra, Duelo en la Casa Grande, Sara de Ur (appena uscito in Italia, a cura di Danilo Manera, per la Biblioteca del Vascello) e El mudejarillo; le raccolte di racconti El santo de mayo, El grano de ma[z rojo, Los grandes relatos e i diari Los tres cuadernos rojos e Segundo abecedario. Lontano dalle ribalte televisive e dai circoli letterari alla moda, Lozano non è molto noto al vasto pubblico, pur essendo da tempo apprezzato da critici e lettori esigenti. In un suo scritto dice: "Vorrei che si leggessero e si amassero i miei libri, ma che si dimenticasse il nome di chi li ha scritti. Non che non m'interessino l'affetto e la stima del prossimo: mi importano molto e mi aiutano a vivere; è che ho molta paura dell'io, della vanità, dell'orgoglio, della stupidità, della condizione di autore, della gloria! Soprattutto perché il trionfo di un io poggia sempre, come tutti i trionfi, sul sangue altrui". Insignito del Premio Nacional de la Critica per la narrativa e del Premio Casti/la y Le6n nel L 989, ha ricevuto nel 1992 iI Premio Nacional de las Letras Espaiiolas per l'insieme della sua opera letteraria. È stato quando son venuti quelli della capitale a dirci delle vitamine e di come dovevamo mangiare che è successa la faccenda di Clemente. Perché, il Clemente, naturalmente, si è presentato lì, e ha cominciato a fare smorfie e gesti con la faccia e con le manj, e a ridere per niente, e quelli della capitale se ne sono accorti. Ma hanno detto che forse un rimedio c'era, perché il Clemente, tolta questa mania di gesticolare, di stralunare gli occhi, di storcere la bocca e di attaccare a ridere senza motivo, capiva tutto e sapeva dire persino "telefilm" e "pressione atmosferica sull'altopiano centrale", che a quelli della capi tale gli è sembrata una cosa strana, chi sa perché. E così, il terzo giorno, dopo aver finito di parlare delle calorie che dovevamo prendere e della vitamina C delle 56 Toledo (Power Network/G Neri). arance, se ne sono andati e hanno detto che l'unica cosa da fare per Clemente era portalo a consulto da uno psichiatra, e che lo accompagnasse un parente. Ma, siccome noi gli abbiamo detto che parenti non ne aveva, nemmeno lontani, e che era solo come un cane, ci hanno consigliato che in ogni modo lo accompagnasse uno di noi, e così laMamerta, che gli faceva da mangiare, e io, per servirla, che sono sua vicina, e anch'io gli volevo e gli voglio bene, ci siamo offerte, perché è sempre meglio essere in due, per via degli attacchi; non che gli vengano spesso, ma se capitava proprio allora? E la Mamerta ha cominciato a prepararlo dal giorno prima, e gli ha detto di lavarsi come si deve; anche se il Clemente era un tipo pulito per conto suo, ma ogni tanto gli scappava un poco di urina e la Mamerta gli ha raccomandato di stare attento ad avere indosso della biancheria pulita, e di rispondere a quello che il medico gli chiedeva senza stare muto e offeso come faceva ogni tanto, che sembrava bell'e morto e non si muoveva, e non apriva nemmeno la bocca. E se ti chiede se vai di corpo, digli di sì, e lo stesso per l'urina, e digli pure che dormi come un sasso, e tutto il resto che voglia sapere, e se ti dice di spogliarti per fare un controllo, ti levi la maglietta e ti lasci toccare la pancia o dove che sia. E il Clemente rispondeva sempre sì, Mamerta, mica sono uno scemo che non sa tirare fuori la lingua e dire trentatré. Voglio proprio vedere se non mi fai la figura dell'imbecille, insisteva la Mamerta, che quello mica yuole mangiarti, e poi se te lo cniede, devi raccontargli anche tutto quello che ti ricordi, hai capito? E com'era elegante, col vestito e la cravatta, e il berretto; anche se la Mamerta gli aveva detto che il berretto no, Clemente, non lo usi mai e vuoi mettertelo proprio quando vaì nella capitale. E via anche quel bastone! e il Clemente ha obbedito come un agnellino, e arrivati a casa del medico, ha preso pure l'ascensore, che all'inizio non voleva, ma poi il viaggio fino al quinto piano gli è sembrato breve, e dopo siamo entrati nella sala d'attesa e passati pochi minuti è venuto il nostro turno, perché quelli della capitale avevano già fissato la visita. Ma

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