Linea d'ombra - anno XI - n. 86 - ottobre 1993

STORIE/AMAI Disprezzavamo il loro modo di essere, di parlare, di lottare, di amare, di mangiare o dormire. Amavamo con anima e corpo un uomo in concreto che sembra va essere diverso dalla maggior parte degli uomini e che, prima o poi, forse a Nurio Amai. causa del nostro impegno nello svirilizzarlo, cadeva e si aJTendeva. L'amore ci ingannava. Facevamo tutto per amore, persino le cose profane. Per amore vomitavamo feti, scappavamo di casa, gridavamo, piangevamo, ci psicanalizzavamo. Dicevamo la verità. Abbiamo sempre detto la verità. La menzogna: non c'era parola più odiosa. Noi stesse eravamo il prodotto di una grande menzogna. La verità ci separava dal mondo, dagli amici, dai genitori, dai figli, dal nostro grande amore cosparso di menzogne. Il nostro vero volto ci rendeva insopportabili. Per questo motivo piacevamo ancora agli uomini che adoravano ie donne insopportabili e anche (e non a caso) agli uomini che adoravano altri uomini. Con il passare del tempo, i primi si sono stufati della loro missione terapeutica e così ci sono rimasti so)tanto i secondi. Avevano la "spalla su cui piangere" dell'uomo, ma anche i peggiori difetti della donna. Avevano il loro regno, i loro pettegolezzi e i loro invalicabili codici. Eravamo uguali e contrari. Da noi ci si aspettava un'altra battaglia, un'altra rivoluzione, un'altra ribellione senza causa. Siamo stati ingegneri, medici, giornaliste, tassiste, economiste, avvocatesse, torere. Ma in più siamo state: madri, concubine, prostitute, donne di servizio, autiste, streghe e... inguaribili sciocche. Tutte abbiamo avuto, almeno una volta nella nostra vita, l'amore della nostra vita. Quello che sembrava amarci e che probabilmente ci amava. Quel piccolo dio infedele, ma in fin dei conti leale. Quello che ci proteggeva di tanto in tanto, ci capiva a volte, ci stimolava un giorno, ci sopportava sempre. Quello che diceva frasi immemorabili contro cui nessuna di noi riusciva mai a vaccinarsi: la donna della mia vita, la madre dei miei figli, la più amata, eternamente tuo, la sola, la migliore, la più intelligente. Quello che sapeva parlare. Restavamo affascinate da chi sapeva meglio districarsi nell'oratoria. L'uomo ci catturava con la bocca. Come se la facilità di parola fosse sinonimo di umanità, di materia grigia, di combattente disarmato. Quello che ci ascoltava anche, di tanto in tanto. Avevamo un così grande bisogno di dire cose noialtre, una tale sete di polemica, che lui, sicuramente per amore, ci permetteva di sfogarci. Fino a un certo punto. Il nostro limite. Perché eravamo decise e 52 risolute. Tanto voluttuose quanto precipitose. Tanto donne quanto bambine. Tanto divertenti quanto stravaganti. Quello che riusciva a farci morire dalle risate: questo sì ci faceva innamorare. Logico. Il riso ci addolciva. Per quest'uomo dunque, molte di noi s'imbarcavano nell' avventura di condividere una casa, un 'illusione, un matrimonio, un lavoro. Abbiamo fallito nella maggior parte dei casi. Cercavamo di sistemare la faccenda con toppe, mezze tinte, compromessi a breve e a lungo termine. Non c'erano soluzioni intermedie. Non c'erano colpe. C'erano uomini immensamente e profondamente sconcertati e donne terroriste nei confronti dei valori sacri. C'era troppa donna per un solo uomo. O un uomo con fin troppi problemi per una donna-problema.C'era, questo sì, il desiderio di cambiare il mondo. E, senza esserne pienamente coscienti, sapevamo che in qualcosa lo stavamo già cambiando. Queste piccole e quasi invisibili vittorie venivano a illuminare il nostro vuoto amoroso. Arrivavano altri uomini, altre vane speranze. Il nostro compito era un altro. Essere noi stesse. Essere (che orrore!) autentiche ... realizzate ... Siamo state qualificate come egoiste, testarde, e ancora: lesbiche, isteriche, zitellone, puttane, frustrate. Perché apparentemente ce la siamo cavata. Perché abbiamo vinto (quale battaglia?). Perché abbiamo sempre fatto quello che ci pareva della nostra libertà, del nostro corpo. Perché, dove eravamo? Separate, divorziate, malmenate, abbandonate, sole ... Il nostro corpo ormai non era più il corpo dei felici trent'anni, quando eravamo soddisfatte, desiderate, mitizzate, attive, seccatrici, ricercate ... Il nostro corpo ormai non vantava più la nostra espressione dura e arrabbiata, piuttosto la compativa. Ma non per questo avevamo intenzione di cambiare storia, metterci in vendita e cessare di essere noi stesse. Ma questo sì. A poco a poco abbiamo finito col non essere più richieste per faccende amorose: per l'età, per l'AIDS, per il nostro carattere forte, per i gay. Perché siamo passate di moda? Eravamo così disinvolte nel modo di fare, così sicure nel parlare, così frivole e allo stesso tempo così serie e appassionate che i possibili amori fuggivano, non già da noi, le cattive, ma dagli amanti inesistenti che portavamo fotografati in viso. E alla fine siamo state condannate a vivere della nostra cattiva fama. Siamo state ecologiste, giardiniere, pacifiste, vegetariane, a modo nostro: perfette padrone di casa. Siamo state cuoche magnifiche di amanti immaginari, madri meravigliose di figli invisibili, sorelle di amici, figlie diseredate. Siamo state quasi superdonne, superforti, superrivoluzionarie, superpazze. Lavoravamo in casa, sul lavoro, nella coppia, in giardino e, più che mai, all'aspetto del nostro corpo. Siamo state capaci di essere presidentesse, ministri, donne incarriera, yuppies, rettrici, vicerettrici, filosofe. Siamo state coerenti con la rivoluzione, con i nuovi valori, con il nostro particolare, sempre ingenuo, cambiamento. E dato che siamo state idealiste, credenti, utopiste, disilluse, cocciute, radicali e perfino tonte; dato che a volte siamo state vittime, abbiamo finito con l'essere un po' più umane.

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