Linea d'ombra - anno XI - n. 86 - ottobre 1993

FENOMENOLOGIA DELL'INDIVIDUALISMO Sulla narrativa spagnola José Antonio Ugalde traduzione di Milena Lavarra e Marco Paronzini Noi, critici e studiosi, che ci occupiamo della narrativa spagnola, siamo attualmente prigionieri di un circolo vizioso, di un paradosso irrisolto. Abbiamo accettato la diversificazione degli obiettivi letterari, consideriamo lecito e giovevole che ogni scrittore segua i suoi principi e le sue formule narrative. Nello stesso tempo, però, siamo delusi ed infastiditi nel constatare come la stragrande maggioranza delle opere nate da questa disparata varietà di fondamenti ed intenzioni abbia caratteristiche negative simili: le connessioni tra la narrativa e la realtà straordinariamente complessa che ci circonda sono via via allentate sino ad estremi intollerabili; e, in buona parte, ciò è dovuto al predominio di forme frivole ed insignificanti di soggettivismo. In sintesi, la narrativa spagnola contemporanea non fa nulla o quasi per portare alla luce tutto quel mondo di energie e svogliatezze, di valori e menzogne, che scaturiscono e scompaiono nel momento presente del la nostra evoluzione come Paese; né per far conoscere l' influsso di questi impulsi ed inerzie, in una parola di queste trasformazioni, riguardanti i modi di essere, di comportarsi, di parlare e del reciproco rapportarsi tra i cittadini. Il paradosso nel quale noi critici ci dibattiamo potrebbe formularsi così: non possiamo rimproverare nessun autore per il fatto di trovarsi immerso nelle sue bazzecole (se l'opera è ben riuscita e risponde ai suoi propositi); invece, ci sentiamo in dovere di esprimere il nostro disaccordo con la mancanza d'ambizione che è la nota dominante in questa entelechia denominata "narrativa spagnola". A mio avviso, l'unica base possibile della nostra resistenza risiede nel rispetto di ambedue i termini della citata contraddizione; in ·altre parole, dobbiamo dare credito all'esistenza di questa entelechia e trasformare l'insieme eterogeneo dei nostri narratori, con il suo minimo comune denominatore di vaghezza, nullità e superficialità, nel bersaglio della nostra critica. Il ritorno all'impiego di metodi di sociologia letteraria, studi comparativi di tipo esaustivo ed analisi statistiche ci permetterebbero di far luce sui modi e gradi di rappresentazione della realtà, ciò che Auerbach esaminò nel suo magistrale libro Mùriesis; e in più ci aiuterebbero a confermare il sospetto da molti condiviso riguardante la banalità che i nostri scrittori celano dietro la maschera di una affettata unicità e gli epidermici convenzionalismi che sono alla base del generalizzato prurito di "forgiare mondi propri". 44 Disegno di Pedro de Liana. Inoltre, lo stato della nostra narrativa non costituisce un fatto strano né isolato. Anzi, è un ulteriore sinonimo della tendenza che, a sentire una certa sociologia, caratterizza la nostra epoca: il trionfo del soggettivismo e del narcisismo; i I predominio di quella che è stata definita "seconda rivoluzione individualista"; il crollo delle grandi verità collettive e soprattutto la perdita di consensi sperimentata dalle grandi filosofie della storia, i cui assiomi e postulati hanno segnato sino a poco tempo fa chiaramente il nord teorico del comportamento. Credo che uno degli errori dei romanzieri spagnoli sia stato quello di intendere troppo alla lettera questo ipotetico processo di differenziazione individuale, con la sua lenta e supposta diversificazione di condotte, attitudini e psicologie soggettive. Molti ed importanti fenomeni smentiscono l'ipotesi che tale sia il processo dominante nella nostra epoca. Il sociologo Luis Dumont ha scritto: "L'ideale dell'autonomia di ognuno si impone tra uomini i quali, sul piano materiale, dipendono gli uni dagli altri più dei loro predecessori". In altre parole, il peso del sociale è ancora determinante. Anche se ormai non

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