SAGGI/MANERA !aggio montano, squassato dal vento, dai fulmini, dalla neve, dall'assenza di vita. E l'agonia delle case si confonde con quella del loro ultimo inquilino, in un simile, ineluttabile, avvelenato disfacimento. Il suo primo figlio non è mai tornato dalla guerra; la figlioletta se l'è. portata via a quattro anni un malanno straziante; l'ultimo figlio è emigrato in Germania senza più dar notizie; la moglie si è impiccata nel mulino diroccato, non reggendo a tanta desolazione. Sono rimasti solo lui e una cagna a sentire la pioggia gialla delle foglie secche dei pioppi investire ogni cosa come il tempo che tutto decompone, arrugginisce, schianta, avvolge di sterpi e ricopre di fango. Considerato un pazzo nei paesi di fondo valle, sopravvive tra una processione di spettri, visitato dai defunti, con la follia che gli deposita tra le pieghe dell'anima le sue larve gialle. In questa interminabile discesa agli inferi, in cui non sembra trovar posto alcuna consolazione, l'autore ha forse lucidamente riversato, come nota José Antonio Ugalde, un proprio delirio di rinuncia e disintegrazione. Nel romanzo pulsa infatti uno spirito autodistruttivo, un'irosa misantropia, un furore pessimista e una esasperazione vendicativa. Ed è la gelida e talora esaltata manifestazione di tali sentimenti che dà al libro un'arida grandezza e una contagiosa capacità di sconcertare. E veniamo ora agli ospiti di questa rassegna. Ci piace iniziare con un appunto dedicato al personaggio più universalmente noto della letteratura spagnola da Rafael Sanchez Ferlosio (Roma, 1927), autore che ci è molto caro (lo abbiamo più volte ascoltato, vedi n.19, pp. 47-50, n. 68, pp. 41-44 e n. 63, pp. 42-46) e di cui abbiamo accolto nella collana "Aperture" il volume di saggi La freccia nell'arco. La narrativa di Ferlosio comparirà presso la Biblioteca del Vascello e la sua saggistica presso la Donzelli. La verdad sobre Don Quijote fa parte di un nuovo libro in corso di stampa, comprendente testi brevi come quelli anticipati in Italia su "MicroMega" n.5 (1992), pp.7-29. Juan Eduardo Zufiiga (Madrid, 1929) è uno scrittore solitario e severo, che scrive adagio e pubblica poco, sforzandosi di lasciare testimonianza di una città e di quanti, tra i suoi abitanti, rimasero sepolti sotto le macerie della sconfitta e, feriti e braccati, si mantennero umani, possibili, persino liberi. Largo noviembre de Madrid (1980) racconta la capitale assediata e affamata della guerra civile. Latierraserdunpara[so ( 1989; in preparazione presso la Biblioteca del Vascello) descrive invece in modo insuperato il dopoguerra dei clandestini. Durante il franchismo, Zufiiga non poteva dare alla luce i propri scritti e abbinava il lavorod' impiegato con l'attività di slavista: traduttore e commentatore di testi russi e bulgari. E bisogna dire che quelle lingue le studiò per conto proprio, in una Spagna nelle cui biblioteche si catalogavano i pochi libri in cirillico tra i "non disponibili alla lettura" per la loro mera provenienza. Autore di un denso studio su Turgenev, ha riunito le proprie romantiche letture di scrittori e paesaggi russi nel volume El anillo de Pushkin ( 1983). Lo stesso lirismo nevoso e orientale pervade i quaranta racconti brevi dei Misterios de las noches y Los d[as (1992), situati quasi sempre in una città simile alla San Pietroburgo del secolo scorso, in cui la realtà ordinaria è invasa dalle nebbie di presenze fantasmali che s'aprono il varco attraverso fessure minime del ricordo, dell'afflizione, dell'incredulità o della nostalgia. Le due passioni di Zui\iga s'incontrano, filtrate da una prosa limpida, con continui scarti di piano tra lo scenario e il 42 pensiero, nel testo che offriamo, No llegard el sobrino de Praga, tratto dalla rivista madrilegna "La Capitai", marzo 1992, pp.109111. Zufiiga ha indagato le scarsissime tracce lasciate da uno zio che Kafka aveva a Madrid e dal quale cercò invano un appoggio in un momento difficile dei suoi ultimi anni. Così si proietta l'ombra di Franz sulla Madrid d'inizi secolo. Su José Jiménez Lozano si veda a p. 56. Il racconto El silencio è tratto da El grano de maiz rojo, Anthropos, Barcellona 1988, pp.131-134. I romanzi di Luis Mateo Diez (Villablino, Le6n,l942), ambientati in un quadro provinciale insieme plumbeo e sublime, che la sapienza stilistica e il continuo intreccio tra quotidiano e fittizio rendono viva metafora dell'universale, si possono considerare l'ultima incarnazione del "costumbrismo" e il suo definitivo superamento. Ricordiamo Las estaciones provinciales (1982), La fuente de la edaci (1986), Las horas completas ( 1990), El expediente del naufrago ( 1992) e i racconti di Brasas de agosto (1988). Di Luis Mateo Dfez pubblichiamo un intervento sul romanzo, tratto da quel n.82 della rivista madri legna "El Urogallo" che ha già fornito materiali per il nostro n.84 (tra cui analoghi interventi di Vazquez Montalban alle pp.48-51 e Javier Marfas alle pp.46-47), e tre racconti brevissimi usciti invece sulla rivista di Tenerife "La pagina", n.7 (1992), pp.98-99. Le opere di donne costituiscono meno di un sesto dei titoli tradotti. Si tratta soprattutto dell'eccezionale catalana Mercé Rodoreda (Il giardino sul mare e Via delle Camelie da La Tartaruga, Aloma da Giunti, La piazza del diamante e Lo specchio rotto da Bollati Boringhieri), della quale abbiamo pubblicato un ritratto critico di J. M. Castellet sul n.49 (pp. 55-62) e un racconto sul n. 73 (pp.79-83). Seguono le regine del filone erotico, Almudena Grandes (Le età di Lulù e Ti chiamerò Venerdì da Guanda) e Mercedes Abad (Leggeri libertinaggi sabbatici, Guanda); mentre le antologie tematiche degli Oscar Mondadori Cuentos er6ticos e Los pecados capitales, nate sull'onda trasgressiva di una sempre meno convincente "movida", offrono alcuni assaggi di altre penne (Lourdes Ortiz, Mercedes Soriano, Ana Rossetti, Paloma Dfaz Mas, Esther Tusquets). Sono infine ancora in libreria l'intimista Adelaida Garcfa Morales (Il Sud e Bene da Guanda) e l'immaginosa Cristina Fernandez Cubas (Mia sorella Elba, Sugarco), mentre stanno per arrivarci Soledad Puértolas (Tutti mentono per Einaudi) e Carmen Martfn Gai te (Cappuccetto Rosso a Manhattan per La Tartaruga). Eppure, nonostante una presenza da noi ancora ridotta, sono spesso le narratrici a offrire le novità più interessanti della scena letteraria spagnola di oggi, dal bilancio della generazione del '68 tentato da Lourdes Ortiz (Antes de la batalla) alla parabola di formazione disegnata da Clara Sanchez in El palacio varado, dalle argute divagazioni sul mondo degli intellettuali di Carmen Riera alle parodie sarcastiche di Maruja Torres, fino alle frequenti opere prime: la tenera e misurata storia adolescenziale di Enriqueta Antolfn (La gata con alas); l'inquieta poetica amorosa di Belén Gopegui (La escala de Losmapas); i racconti di Marfa Orbegozo (Suefio sin trenzas) su donne afflitte da legami e paure, ma tenacemente alla ricerca della felicità. Qui presentiamo due autrici di primo piano, ancora inedite in Italia, diverse tra loro ed entrambe di notevole valore. Rosa Montero (Madrid, 1951) è molto nota per la sua collabo-
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