Linea d'ombra - anno XI - n. 86 - ottobre 1993

ANDANZA SPAGNOLA a cura di Dani~oManera PICCOLO PRONTUARIO Il piccolo viaggio nella narrativa spagnola contemporanea che proponiamo ai nostri lettori conferma un costante interesse di questa rivista (si vedano, ad esempio, i racconti di Ignacio Aldecoa sul n.33, pp.80-81, Manuel Vazquez Montalban sul n.68, pp.32-39, Horacio Vazquez Rial sul n.76, pp.56-63, nonché altre presenze ricordate più avanti) e riprende il discorso dal dove lo lasciammo tre anni fa nell'articolo Barrio delle meraviglie sul n.56, pp.28-31, cui si rimanda per le linee generali. Grossomodo, il panorama vede al centro gli appartenenti alla cosiddetta "nuova narrativa spagnola", etichetta promozionale della copiosa ed eterogenea leva di autori tra i 30 e i 45 anni, che mietono premi letterari scrivendo romanzi d'accessibile lettura, modellati su un genere minore o basati sull'introspezione, lontani dal realismo stretto, non insensibili alle sfide formali e tematiche, affascinati dai giochetti metaletterari, aperti agli influssi stranieri e poco inclini al colore locale. Più oltre, troviamo una serie di prosatori giunti a maturità nelle differenti condizioni dell'epoca franchista, a loro volta distinguibili per comodità in "cinquantenni" (Luis Mateo Dfez, José Marfa Merino, José Antonio Gabriel y Galan, Alvaro Pombo, José Marfa Guelbenzu ecc.) e "grandi vecchi" (sono spesso quelli che hanno cesellato i tesori più preziosi e dunque dedichiamo loro un posto di riguardo in queste pagine). Ma sul lato opposto già premono i giovanissimi che celebrano, tra comicità, macchiette e dischi, i riti del consumismo e del divertimento, ansiosi di emozioni collettive, o frequentano ruvidi ambienti marginali metropolitani con tesi ritmi hard boiled (Leopoldo Alas, Martfn Casariego, Beatriz Pottecher, Javier Memba, Ray Loriga ecc.). È infine sempre più rilevante e talora determinante il ruolo delle donne e del le culture regionali od' espressione non castigliana. A tratteggiare una diagnosi d'insieme del gruppo più nutrito è José Antonio Ugal de, critico intelligente ed esigente, collaboratore di varie riviste e quotidiani, che ha riunito il meglio dei propri articoli nel volume El arco y la diana (Libertarias-Prodhufi, Madrid 1992), da cui ricaviamo Un diagnostico sobre la narrativa espafiola, pp.129-132. Negli ultimi cinque anni si è verificato da noi un grande sviluppo di traduzioni dalla letteratura spagnola, che ha interessato anche i classici, la saggistica e in qualche caso la poesia, ma ha moltiplicato soprattutto i titoli di narrativa contemporanea (oltre cinquanta). Nell'impossibilità di commentarli o anche solo elencarli tutti, ci limitiamo a consigliarne alcuni particolarmente interessanti. Cominciamo con Beltenebros (Einaudi), in cui brillano le doti di controllo sul linguaggio, gusto per l'intrigo e attitudine a tornare sul passato rimosso degli spagnoli tipiche di Antonio Mufioz Molina (sul quale vedi a p. 59). Viene poi Ronda del Guinard6 di Juan Marsé, tradotto col titolo Rosita e il cadavere da Marcos y Marcos, storia di vie lebbrose e giochi atroci in un dopoguerra d'anonima periferia barcellonese, teatro della sua dolorosa, fantasticante infanzia. È la prima occasione d'incontro con un grande autore umorale, ancora vigoroso, come dimostrano i suoi due ultimi romanzi El amante bilingue ( 1991, vicenda di schizofrenia linguistico-socio-erotica trasposta in film da Vicente Aranda) e El embrujo de Shangai ( 1993). Merita attenzione anche Giochi tardivi di Luis Landero (Feltrinelli), succoso e complesso romanzo sul naufragio delle emozioni. Per chi fosse in vena di spiritosaggini pepate, c'è il buon Pedro Almod6var, perfettamente riconoscibile nel suo Fuoco nelle viscere (Metrolibri). Uno straordinario autore che impegna e cattura in fastosi labirinti è Juan Benet, purtroppo da poco scomparso. Abbiamo pubblicato un suo racconto sul n. 50 (pp.56-60) e sono in libreria vari titoli: Numa (Garzanti), Nella penombra (Adelphi), Lance spezzate (Guida; purtroppo in un'edizione pasticciata) e, ultimo arrivato, nell'attenta resa di Marco Cipolloni, Un viaggio d'inverno (Guida). Per quanto riguarda Félix de Azua, si veda la recensione di Manuela Zanirato. Vorremmo rimarcare che non manca interesse nella nostra editoria per i giovani narratori spagnoli. Si prenda ad esempio la lodevole attività della Tranchida, che ha pubblicato Giorni senza fumare di Vicente Verdu e Lontano da Marrakech di J .M. Riera de Leyva. Purtroppo, talora le scelte sono molto discutibili. È il caso del romanzo Mimoun di Rafael Chirbes, edito da Le Mani: affannoso e ripetitivo diario di un professore di spagnolo in Marocco, che si stabilisce in una località dell'Atlante popolata da gente perennemente lercia e ubriaca, dedita alla reciproca diffidenza e al sesso. Una sequela di sorveglianze e brutalità camuffata da giallo porta al rientro in patria del protagonista, insulso quanto alcolizzato. Molto meglio allora i gialli veri e propri di Francisco Gonzalez Ledesma (La dama del Kashmir, Cronaca sentimentale in rosso e Storia di un dio da marciapiede, tutti da Mondadori), che almeno non deludono, o le trovate di Eduardo Mendicutti, che almeno sono divertenti: si prenda Una brutta notte capita a tutti (Guanda), inarrestabile e gustoso chiacchiericcio di un travestito che racconta, come su un rotocalco rosa, la lunga notte del fallito colpo di stato che il 23 febbraio 1981 mise in pericolo la fragile democrazia spagnola. Non sarà quindi inutile sottolineare alcuni nomi che ci sembrano degni d'attenzione per la sincerità e lo spessore della loro ricerca: Justo Navarro (con Hermana muerte), Pedro Garcfa Montalvo (con Unahistoria madrilena), José Angel Gonzalez (con Los encuentros). Qui ci preme spendere però qualche parola in più su un libro di inconsueto richiamo: La pioggia gialla di Julio Llamazares, appena uscito da Einaudi nell'accurata versione di Pier Luigi Crovetto. Llamazares (Vegamian, Le6n, 1955) è un giovane autore capace di posizioni coraggiosamente anticonformiste (ad esempio, la sua voce suonò fuori dal coro in occasione del Nobel a C. J. Cela). Ha pubblicato nel 1985 Luna de lobos, storia di alcuni partigiani repubblicani rimasti a vivere per anni alla macchia nei boschi del Nord della Spagna dopo la fine della guerra civile (e il regista Julio Sanchez Valdes ne ha tratto un film). Del 1990 è El rio del olvido, intenso viaggio nostalgico attraverso la natura della montagna leonese. Il progetto controcorrente di Llamazares è quello di un lirismo tormentato fino alla lentezza e ali' iterazione, perfettamente dispiegato in La pioggia gialla, che è il lungo soliloquio e interminabile commiato dell'ultimo abitante di un paesino abbandonato dei Pirenei aragonesi. Alla fioca luce autunnale dei suoi estremi momenti, il protagonista rievoca l'inesorabile scomparsa del vil41

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==