Linea d'ombra - anno XI - n. 86 - ottobre 1993

ambiente se lo porta dietro come spessore culturale. E riesce a farlo emergere senza mai dar fastidio. Un paio di annotazioni finali, che riguardano la traduzione de Il vecchio che leggeva romanzi d'amore. Proprio perché il libro-ècorretto ed esemplare dal punto di vista ambientale e naturalistico non si può, la prima volta che ci si imbatte nella parola "ti grillo", fare una nota a piè di pagina in cui si spiega che esso è un "felino sudamericano dal manto maculato e dalla lunga CONFRONTI coda, detto anche gatto-tigre". Questa nota non significa nulla perché il felino (ce ne sono diversi e di diversa grandezza in Sudamerica) ha nome e cognome, fa parte di una specie e dire che abbia il manto maculato e la coda lunga è come se si dicesse di un pesce che ha le squame e la vescica natatoria. Infine l'orso del miele di cui si parla durante la caccia al felino in italiano non esiste, dalla descrizione che ne fa Sepùl veda dovrebbe trattarsi del coati, mammifero dal muso affinato e coda cerchiata. Esseredonna a CapeTown. Diecistorie di ZoeWicomb Paola Splendore Le dieci storie di Cenere sulla mia manica di Zoe Wicomb, scrittrice sudafricana coloured (meticcia), tradotte in italiano da Maria Teresa Carbone per le Edizioni Lavoro (pp. 184, L. 25.000), si leggono come un piccolo romanzo di formazione. Punto di vista unico e unificante della narrazione il personaggio di Frieda Shenton, costruzione autobiografica solo lievemente camuffata, che ora è al centro dei racconti ora se ne situa ai margini come un osservatore esterno. Il decentramento del personaggio denota in primo luogo la scelta di una scrittura che pone l'accento sulla realtà testuale piuttosto che sociale, e preferisce la "costruzione" a!Ja trasposizione diretta del reale; esprime inoltre l'incerto senso di identità dell'autrice, il suo sentirsi dentro e fuori allo stesso tempo. È questo doppio sguardo a dare maggiore spessore alla scrittura di Zoe Wicomb che accanto a Bessie Head (morta nel 1986), di cui esiste in traduzione una sola opera pubblicata nella stessa collana, a Miriam Tlali e a Ellen Kuzwayo, ancora non tradotte in italiano, è oggi tra le principali autrici sudafricane. Come Zoe Wicomb, Frieda nasce in una piccola comunità griqua, il Namaqualand, successivamente espropriata del territorio e reinsediata in agglomerati urbani periferici, le cosid22 dette township. Quando toccherà alla famiglia di Frieda, si tratterà per il padre di uno sradicamento doloroso. Nel racconto Quando arriva il treno, i suoi angosciosi interrogativi: "E il vento riuscirà a infilarsi nei cortili per spazzar via l'odore della gente ammassata? Dove potrò coltivare qualcosa?" attraversano la mente di Frieda che sta per lasciare la casa paterna per andare a studiare a Città del Capo, prima alla scuola anglicana "dei bianchi" poi all'università che nel frattempo è stata aperta anche ai coloured. In un tracciato narrativo che ricorda il primo Joyce - le storie seguono il percorso di crescita e di allontanamento del protagonista fino alla scelta dell"'esilio" della scrittura - vediamo Frieda dapprima bambina, poi studentessa aCape Town; infine, dopo molti anni trascorsi in Inghilterra, la ritroviamo in visita a casa incerta sul futuro e sui mondi di appartenenza. Di nuovo a casa, Frieda è a disagio con i parenti e gli amici rimasti: ha in petto un "segreto colpevole", il desiderio di non tornare più. La madre, con la quale ha sempre avuto un rapporto intessuto di molte incomprensioni, deve averlo Foto di José N' gozane (do Karinganaua Karingana, Coop 1990). intuito e la tormenta in mille modi. È stata lei a volere per la figlia un futuro diverso, ma ora sembra disprezzarla per la sua estraneità verso la terra in cui è nata. Il bellissimo racconto che chiude la raccolta, Una gita al Giftberge, rappresenta questo conflitto enfatizzando i problemi di comunicazione tra le due donne così che la lingua diventa il vero luogo della differenza. E quando Frieda annuncia alla madre l'imminente pubblicazione della sua raccolta di racconti, la madre le rinfaccia la colpa di essersene andata indicando, altro toposjoyciano, la lingua inglese come causa di ogni male: "E tu li chiami racconti? ... Robette bruttissime, schifezze in cui non succede niente ... Cosa sai tu, delle cose, delle persone, di questo posto dove sei nata? Dei tuoi antenati che percorrevano queste colline? Tu te ne sei andata". La figlia, come Calibano, è destinata a essere sempre nel torto. I racconti del ritorno, Casa dolce casa, Dietro la buganvillea, Cenere sulla mia manica, narrano tutti di questo terreno di incomprensioni, della distanza incolmabile tra chi va echi resta ricorrendo a immagini e giochi metalinguistici. Il racconto centrale della raccolta è Non ti puoi perdere a Città del Capo, quello che nel1' edizione originale dà il titolo ali' intera raccolta (era proprio necessario cambiarlo nell'edizione italiana?), un racconto che rappresenta in maniera emblematica le contraddizioni in cui si dibatte la protagonista. Incinta di un ragazzo bianco, Frieda rifiuta per orgoglio la fuga in Inghilterra dove le sarebbe possibile sposarlo, ma per poter aborti re è paradossalmente costretta a negare la propria identità. La donna bianca che le pratica l'aborto le assicura che nessuna di "quelle sfacciate ragazze meticce" si è mai stesa su questo lettino. Frieda, che ha la pelle molto chiara riesce a farsi passare per bianca, ma si sente come contaminata dal contatto. L'immagine finale di un pacchetto di giornale gettato in un contenitore di rifiuti, un gesto che nella sua crudezza ha il valore di un rito di purificazione, chiude, per così dire, il suo periodo sudafricano. I conflitti messi in scena sono dunque molto più complicati e sottili di quelli tra bianchi e neri, come puntualizza Dorothy Driver nella bella introduzione scritta per l'edizione italiana, che aiuta adecifrare l'ironia della scrittura di Wicomb spesso affidata a giochi linguistici e a scambi dialettali tra i personaggi, che risulterebbero altrimenti incomprensibili; la sua contestualizzazione dei racconti aiuta inoltre a comprenderne i riferimenti storici spesso non esplicitati. Ma l'aspetto più interessante della scrittura di Zoe Wicomb è dato dalla sua capacità di collegare le problematiche razziali a quelle dell'identità sessuale, il suo porre l'accento su cosa significhi essere donna, e "crescere" donna, in una cultura in cui, oltre alla divisione tra bianchi e neri, dominano valori patriarcali e maschilisti, dove nessuno ti guarda se non sei attraente: "Non sono il tipo di ragazza che i maschi guardano ... dovrei esserne contenta; i ragazzi possono spogliare una ragazza con gli occhi in modo indecente", e dove, nonostante la lacca Amami, ti senti continuamente addosso lo sguardo aggressivo dei ragazzi sui capelli che si arricciano ancora di più nel clima umido di Città del Capo.

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