Linea d'ombra - anno XI - n. 86 - ottobre 1993

IL CONTESTO lo Borsa di Shongoi (foto di Bellovio/Reo/Controsto) poteva imporre, grazie a una piramide di fedeltà personali costruite nell'arco dei decenni, il proprio volere al di là di ogni regola formale. ln Italia per molti versi era stata la stessa cosa: al di là e oltre le regole formali che imponevano precise procedure, rapporti di amicizia, fedeltà personali, cordate basate sull'interesse, sulla spartizione di posti e bustarelle scavalcavano la legge in ogni sua forma. Nei concorsi statali per impiegati nei vari ministeri, formalmente il mezzo più cristallino per scegliere funzionari dello stato competenti, sono notoriamente da molti anni "truccati" nel senso che nessuno si presenta ali' esame senza uno straccio di raccomandazione.6 E se questo vale per scegliere persone che dovranno lavorare nel cuore dello stato tanto più ciò vale in ogni altro settore della società. Le leggi scritte che impedivano tangenti erano bellamente ignorate e di fatto tutti erano pienamente a conoscenza di come si poteva ottenere un posto di lavoro o un appalto o un lavoro di qualunque tipo: dividendo il premio in denaro che si sarebbe ottenuto con coloro che consentivano l'ottenimento del premio stesso. Cioè, come nel sistema autocratico cinese non esisteva alcun controllo puntuale sulla gestione del potere e il rispetto delle leggi era affidato alla maggiore o minore onestà del singolo. D'altro canto, proprio come nel sistema cinese, non si può pensare che nell'Italia pre-Tangentopoli esistesse l'arbitrio più sfrenato: i singoli abusi di potere, gli appalti truccati e persino le connivenze strutturali tra grandi aziende, poteri dello stato, assistenzialismo e informazione pilotata doveva avvenire non sfacciatamente. Bisognava cioè coprire il singolo atto di corruzione in modo che si sapesse pure che c'era una corruzione dilagante7 ma 14 senza che il singolo fosse in grado di misurare quanto in concreto il sistema fosse corrotto8 • Inoltre bisogna sottolineare che prima di Tangentopoli la corruzione, il sistema delle tangenti, non erano mai stati un punto centrale del dibattito politico italiano. Si era dibattuto animatamente di migliaia di questioni economiche e parlamentari ma senza mai considerare le tangenti come un sistema di vita politico-economico del paese. L'onestà, la pulizia morale dei singoli uomini politici venivano sempre considerate incidenti, fatti non molto rilevanti rispetto alla grande politica di alleanze e contro alleanze dei partiti in Parlamento e alle grandi sfide di sviluppo economico del paese. Ma a tutti gli effetti il sistema di alleanze, dichiarazioni, balletti di uomini e di cifre appare come un sistema retorico complesso per legittimare con una parvenza di dibattito democratico (le contrattazioni, la divisione delle competenze, le battaglie sui programmi) la permanenza di una stessa classe politica che con pochissime variazioni si perpetuava al controllo del potere. In realtà nemmeno la classe politica giapponese, spesso paragonata a quella italiana per stabilità al potere, ha mantenuto con tanta pervicacia i suoi al potere. I balletti delle alleanze e delle aperture promesse e poi negate al Pci, come si sospettava prima e come poi si è scoperto, nascondevano un commercio di cariche e una spartizione dei soldi, ma da un punto di vista formale, retorico, legittimavano il potere; provavano che quello ital iano era un sistema politico aperto nel senso che lealleanze politiche si potevano cambiare a seconda del programma. 9 Un aspetto formale del sistema era la "compartecipazione": l'opposizione rinunciava spesso al suo compito istituzionale di denuncia in cambio di modifiche migliorative, nei suoi interessi, delle leggi da approvare. La cosa in realtà non è spregevole di per sé, scopo dell'opposizione non è infatti solo di denunciare e controllare ma anche, perché no?, di modificare secondo l' interesse dei suoi elettori iniziati vedi legge in corso. Solo che dietro questi patteggiamenti formali si nascondevano spartizioni di denaro e potere che a loro volta si giustificavano per l'esigenza di mantenere strutture parastatali di partito mastodontiche che non servivano ad amministrare la cosa pubblica ma solo, nella migliore ipotesi, a gestire il parco voti del partito. Questo però a sua volta veniva considerato una funzione democratica, come il deputato di una constituency britannica si occupa dei suoi elettori, così anche un deputato napoletano si ricorda dei suoi votanti, dei loro problemi, delle esigenze ... I giudici hanno potuto andare avanti perché i giornali li hanno sostenuti, e i giornali stanno cambiando pelle, si sono staccati da un passato di damerini di palazzo legati più o meno direttamente alla retorica della politica ufficiale e alle varie alchimie del potere, hanno appoggiato l'opera semiotica dei giudici. Un esempio per tutti: i quotidiani del 1° maggio 1993. Tutte le prime pagine raccontavano della rabbia degli italiani contro la decisione della Camera di non concedere l'autorizzazione a procedere contro Craxi. Sulla "Stampa" Gianni Vattimo respingeva calorosamente le accuse di Craxi contro i giornali perché gli facevano la guerra. Vattimo sosteneva che la nomenklatura, respingendo l'autorizzazione a procedere, aveva messo sotto i piedi le speranze di rinnovamento dell'opinione pubblica. "Non solo dei giornali e dei giudici ... I giornali che sostengono l'azione della magistratura, del resto, sono i più letti e diffusi d'Italia; né 'Il Popolo' né 'L'Avanti', né i tanti fogli più o meno sovvenzionati dallo stato a favore di questo o quel partito sono vietati, eppure quasi nessuno li legge". E quindi denunciava l'assoluta insensibilità della grande maggioranza dei partiti. Secondo Ernesto Galli della Loggia "l'obiettivo di questo forte nucleo di malaffare politico-proporzionalistico è

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