Linea d'ombra - anno XI - n. 85 - settembre 1993

traguardo. La morte viene vissuta e voluta da protagonista, delegata a rappresentare e a esaltare, contro ogni logica, l'eterna giovinezza e la gioia di vincere. "Non mi vedrete mai nella polvere", è il messaggio della Ppk di Gardini. Di fronte all'etica della morte come sfida, come eroico rifiuto delle manette, si può capire che passi in secondo piano l'interesse verso gli oscuri trascorsi finanziari di questo bel capofamiglia "carismatico". Di fronte alle suggestioni che si raccolgono nel silenzio creato da un colpo di pistola, che cosa diventa il buco di miliardi dell'affare Enimont, di cui Gardini e Cagliari sono stati i principali negoziatori, e che i cittadini italiani, tanto per cambiare, sono chiamati a rifondere? La letterat~ra, l'arte, il teatro si esaltano nella sordità a tutto ciò che nella realtà ci sembra così importante. Lo spettacolo uccide la riflessione. Lo stesso avviene per il sacchetto di plastica di Cagliari, contrapposto speculare del principesco colpo di pistola di Gardini. Il salto di stile lascia interdetti: da D'Annunzio a De Marchi, a De Amicis. Il suicidio di San Vittore è un suicidio opaco, plumbeo; suicidio verista, senza nessuna redenzione. Ma quali antefatti, quali misteri non sa inghiottire lo squallore di quel sacchetto di plastica! "Dopo il gelo degli anni di piombo", si leggeva fino a poco fa sopra un muro, "godiamoci il calduccio di questi anni di merda". Bella sintesi del socialismo craxiano; ma intanto il calduccio si è fatto rovente. Il paese di Pulcinella è diventato più corrusco del teatro di Shakespeare, il rogo che ~i sta consumando sotto i nostri occhi increduli brucia senza che ne abbiano alcuna coscienza proprio coloro che ne sono stati i responsabili. Una catena di suicidi occupa quella coscienza. È il primo dei pensieri che nasce dalle poesie di Cagliari. Chi ha scritto quelle poesie? Esse dicono una sola cosa terribile; il loro autore non ha identità e non l'ha mai avuta. Non sa chi è. Le sue parole parlano di dolore e di rabbia, ma sono parole in prestito dal vocabolario, appiattite su ciò che dovrebbero esprimere e non esprimono. A regalare loro ad ogni costo qualcosa, si direbbe che l'esperienza di poeta di Cagliari fornisca una spiegazione ali' arte astratta e le dia un fondamento: queste poesie dal carcere potrebbero essere le poesie inespressive graffite da un manichino sui muri di un Sironi. II tono più personale, più sincero di Cagliari non è l'angoscia del carcere, espressa in un linguaggio di maniera, ma un che di banditesco, un istinto di vita refrattario a rapporti civili con il mondo. Non so se si possa attribuire questa radice eversiva alla condizione di carcerato.Una poesia è dedicata a un certo Tom che si è preso 25 anni di galera. La trascrivo nella sua integrità: "Tom dell'allegria, della vita!/fom dell'ottimismo, della fede!/ Oggi hanno scritto 25 anni/Sulla loro carta bollata, a tuo carico./ Un altro processo a pesi obliqui/ sulla bilancia folle della loro giustizia. Questa angoscia ci fa piangere/ Tom, non ti posso guardare./ Ore d'aria, cortili vuoti,/ muri altissimi di cemento e di ferro./ Ogni giorno, ogni ora accucciato/ nell'ultimo angolo, Tom, a cercare/ nuovo spazio per la speranza tua/ per non morire./ Voglio dimenticare San Vittore!/ Tom, non ti voglio vedere!/ Tom, non ti voglio sentire!/Ma non potrò più dimenticarti. Mai!". È una poesia datata "Aprile", e non sembra la poesia di uno che sceglierà il suicidio. Ignoro chi sia questo Tom: forse la vittima di un errore giudiziario? Ma possibile che un funzionario dello Stato al vertice di un'azienda come l'Eni pensasse seriamente che servire la giustizia è un compito "folle"? E c'è bisogno di San Vittore per provare pietà di un condannato? Quando era presidente dell 'Eni e di carta bollata ne vedeva tanta, Cagliari IL CONTESTO Facce nuove (foto di Carlo Cerchioli/Contrasto). aveva uguali sentimenti? Aveva queste stesse idee da suor Teresa di Calcutta? Sembra che l'autore di questa poesia sia nato ieri insieme all'innocenza del mondo. Si pensa a un'improvvisa crisi di annientamento, a una regressione. Ecco, dice un re famoso, "sono un re, viene Bolingbroke, e non sono più niente". Ecco, dice Cagliari, ero presidente dell 'Eni, viene Di Pietro e non sono più niente. Ma non è così. La sindrome è molto più spaventosa. Nella coscienza di questo uomo non c'è nessuna continuità. C'è un salto da una mancanza d'identità a un'altra. Quest'uomo non sa chi è. Si presume che quando ebbe la presidenza dell 'Eni, egli conoscesse e accettasse le regole di un gioco. Perché non le ha accettate anche dopo? Cagliari aveva buoni avvocati, aveva maneggiato e negoziato migliaia di miliardi. Ma il Cagliari che scrive in carcere le sue poesie sembra persino ignorare che i miliardi esistono. La sola spiegazione è che le regole erano appunto regole di un gioco, regole di una vita spensieratamente praticabile in tutto il suo privilegio. Il potere e il privilegio non erano neppure una realtà. Erano un bel letto, il rossetto, l'ombretto sotto i quali la faccia, una volta struccata, non solo diventa uno straccio, ma non esiste più. Nel suo famoso monologo, tra le buone ragioni che dovrebbero spingere a preferire la morte alla vita, Amleto enumera due mali che, di fronte ad altre più vistose calamità, passano spesso e ingiustamente inosservate. Chi - dice Amleto - se non fosse la paura di un aldilà sconosciuto, sopporterebbe "the law's delay" e "the insolence of office" - i ritardi della legge, e l'arroganza dei pubblici ufficiali? Si tratta, si sa, di due mali ben noti al cittadino italiano, il quale ne è seviziato quasi quotidianamente. Solo il Capo dello Stato, forse, solo i parlamentari, solo l'avvocato Agnelli, solo gli altissimi funzionari di Stato ignorano questa tortura. E quando l'ex presidente dell' Eni ne ha sentito il pungolo - un mese di attesa - e non ha retto, il governo, tempo 24 ore, ha cambiato la legge. Non sono argomenti che competono a un critico letterario, ma egli esclamerebbe volentieri: oh potere del privilegio anche post-mortem! Se la mia analisi ha qualche fondamento, ci si può chiedere: ci saranno ancora molti poeti? Quanti erano a dividere i poteri e i privilegi di Cagliari? E quanti saranno simili a lui? Non è una domanda oziosa. Molte cose si possono pensare e immaginare intorno al nostro parlamento e ai suoi attuali e irriducibili membri. C'è chi lo ha definito una tetra associazione; e chi lo dice una terza liceo dove si trova di tutto: la studentessa sussiegosa che si crede 7

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==