Il PremioLeHerario Montblanc La storia del Premio Letterario Montblanc per il Romanzo Giovane inizia nel 1988, quando la Montblanc, celebre casa produttrice di penne stilografiche di altissima qualità, decide di legare il suo nome a un'iniziativa unica in Italia per le sue caratteristiche. Sotto l'egida del motto "L'arte dello scrivere" ecco dunque prendere corpo e crescere, fino a diventare una tradizione ormai consolidata, un premio che offre al vincitore la pubblicazione del suo romanzo presso un'importante casa editrice, nonché una cospicua somma di denaro. Condizione per partecipare è che i concorrenti non abbiano mai pubblicato un romanzo e che non abbiano superato i quarant'anni. Si delinea una zona d'intervento quanto mai interessante, una geografia sommersa di talenti letterari veri o presunti tutti "fuori dal giro", vergini ai percorsi obbligati del binomio letteratura-editoria. Non si tratta, sia chiaro, di ricerca forzata dell'ingenuità; se è vero che molti partecipanti non sono assolutamente dei letterati, è altrettanto vero che col tempo questa tendenza si va modificando, a misura che il Premio acquista risonanza e si profila sempre di più come occasione seria e preziosa di ingresso nella narrativa professionale. Man mano che passano gli anni, il Premio perde qualsiasi traccia di manifestazione per dilettanti, come si vede dagli esiti: i finalisti dell'ultima edizione, per esempio, pur essendo tutti degli esordienti, sono persone nient'affatto digiune della letteratura come scienza e come ricerca. Proprio quest'anno si è verificato un caso emblematico. Poiché intercorrono, ovviamente, alcuni mesi tra il bando di concorso, la scelta dei finalisti e la premiazione finale, può capitare che in questo lasso di tempo un concorrente trovi altre vie per far conoscere il suo lavoro. La qualità media dei romanzi in gara si è fatta, come si è detto, sempre più alta, il che ha reso prima probabile, poi effettivo, il caso di un finalista dell'ultima edizione (Gian Ruggero Manzoni, con L'essere supremo), che si è trovato in crisi perché i diritti del suo romanQuattro volumi vincitori deIJe scorse edizioni del Premio Montblanc zo erano già stati acquisiti dal Saggiatore nel fatidico momento di transizione che vede convogliate le attese e le emozioni di centinaia di partecipanti. E interessante a questo punto gettare uno sguardo statistico sul premio. La prima edizione, nel 1989, ha visto in gara 200 romanzi; c'è stato un aumento assai rilevante l'anno successivo (294 ), poi la cifra si è stabilizzata (259, 245, 262 manoscritti rispettivamente nel 1991, '92, '93). Le fasce d'età registrano una netta predominanza della generazione che va dai trenta ai quarant'anni (60-70%), seguiti da un buon 25% di venti-trentenni, mentre pochissimi sono i giovani sotto i vent'anni. Proprio uno di loro quest'anno è entrato in finale: si tratta del sedicenne Paolo Zambon, con Il buio sul villaggio. Infine, dalla predominanza maschile dei primi anni, si è passati a un equo 50% tra maschi e femmine nell'ultima edizione. Ma chi, concretamente, scrive e su quali argomenti? I concorrenti sono rappresentanti di tutte le categorie socio-culturali: e se la parte del leone la fanno insegnanti e studenti di provenienza umanistica, com'è facile aspettarsi, non mancano tecnici, casalinghe, pubblicitari, sceneggiatori, economisti, medici, e via via fino all'ingegnere e all'emarginato. Una varietà che riflette quella delle provenienze geografiche: dalle grandi città alle più sperdute frazioni, equamente ripartiti fra Nord e Sud, i giovani scrittori si cimentano parlando volentieri anche delle loro terre. Non sono pochi, infatti, i romanzi che si possono ascrivere al vasto filone storico-regionalistico. Ma la maggior parte delle opere in concorso tratta di quella che, a ben vedere, è l'essenza di tutta la letteratura di ogni tempo e di ogni paese, cioè la coscienza di esistere e i dubbi che ne derivano, l'incertezza, la sorte e le risposte possibili di fronte alla consapevolezza che ogni individuo a un certo punto viene gettato nel tempo e nello spazio a fare i conti con la sua unicità e le sue possibilità. Ecco che tutti i romanzi di questi giovani scrittori, anche se a volte - dovere di onestà impone di notarlo - fragili dal punto di vista strettamente letterario, acquistano una loro dignità proprio in nome della sincerità e dell'impegno quantomeno esistenziale che li sottintendono. Ogni anno, dunque, il Premio Montblanc mette insieme un vastissimo spaccato della realtà dell'immaginario narrativo della più feconda grande fascia generazionale. Un'iniziativa del genere necessariamente prevede un massiccio retroscena organizzativo. Come funzionano dunque le cose dal punto di vista pratico? I partecipanti inviano alla sede del concorso la loro prova, un romanzo inedito che consti di 150-300 cartelle. Una giuria composta da sette fra i maggiori editori italiani - Mursia, che presiede la commissione, poi Camunia, Garzanti, Longanesi, Mondadori, Rizzoli, Rusconi - seleziona, con l'aiuto di un gruppo di lettori che per circa due mesi si dedicano a visionare l'ingente mole dei due-trecento volumi, una prima rosa di opere fra le quali, dopo un ulteriore esame e un'approfondita discussione di gruppo, vengono prescelti i sei finalisti. Il nome del vincitore viene reso noto nel corso di una cerimonia ufficiale che vede la presenza, oltre che, naturalmente, dei sei emozionatissimi finalisti e dei sette editori, di personalità pubbliche e del mondo della cultura, nonché dei mecenati di quest'impresa davvero unica, i dirigenti della Montblanc. Quanto fin qui detto attiene alla storia del Premio con riguardo al suo funzionamento, ma c'è un'altra storia, molto più sintetica e concreta: quella dei risultati. Cinque volumi "veri", in circolo nelle librerie e tra le mani dei lettori più attenti alle novità. Un ultimo sguardo ci dirà qualcosa su autori e argomenti dei manoscritti che hanno subìto la metamorfosi più sperata, quella da partecipante a vincitore. Andrea Vitali è un medico di Bellano (Como) che, grazie alla spinta del suo Il Procuratore, è entrato a far parte stabile dello staff di autori della Camunia. Vitali è uomo del lago, nato e cresciuto a Bellano fra le atmosfere dolcemente malinconiche e le beJJ·ezze alpine del Lario. Le sue storie parlano proprio di questi posti, della gente del lago e della sua memoria storica. Anche Gian Corrado Stucchi, vincitore della seconda edizione con Corti di Longobardia, ripercorre itinerari tradizionali, narrando la vita di una famiglia contadina calata in un passato per alcuni versi ancora vivo, per altri già storico. Molto diverso è il romanzo della triestina Anna Petter, La ragazza che fabbricava notti, scanzonato monologo di una giovane donna protesa alla scoperta del proprio io. Amori e umori si alternano, sotto la delicata cifra del sorriso. Andrea Molocchi, invece, con Sulla scia del dragòn, dà vita a una ricerca di rara intensità emozionale, dove passato e presente si alternano durante la costruzione dell'amicizia tenera e curiosa tra un giovane musicista e un'arzilla vecchietta dalmata. Infine, il vincitore di quest'anno, Giuseppe Culicchia, ventottenne torinese di famiglia operaia che in Venere di Mila narra il disagio di un ventenne che vive i suoi problemi più tipici (famiglia, leva, università, lavoro) calati in un luogo e in un tempo del tutto grotteschi, la Torino degli anni '80 dove l'unico valore pare essere il denaro. E il naufragar m'è amaro in questo mare. Tutto meno che amara, invece, come si è tentato di evocare, è la realtà variegata del Premio Montblanc, una possibilità fresca e reale nel panorama stagnante dei premi letterari, che a tutt'oggi non riesce a trovare imitatori.
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