Linea d'ombra - anno XI - n. 85 - settembre 1993

SCIENZA/DASGUPTA definita in questo modo la povertà non coglie la non-convessità necessariamente associata alla malnutrizione. Sostituite "povertà" con "basso reddito" oppure "basso livello sociale", e non si noterà alcun cambiamento nell'analisi. La moderna teoria della distribuzione delle risorse ha familiarità assoluta con ciascuno di questi concetti, ma non ha alcuna familiarità con il concetto di malnutrizione. Voglio dimostrare che ciò ha importanti implicazioni. La debolezza metodologica sta dietro all'ambivalenza che gli studi sulla povertà mostrano nel confronto della politica di intervento. Una delle implicazioni è che questa lacuna ha fatto sì che i politici e gli economisti non si siano mai chiesti se non sia necessario scegliere tra crescita del benessere medio, stimato per esempio mediante i valori nazionali del reddito pro capite, e ridistribuzione del benessere. In altre parole, ha evitatd che ci si ponesse la domanda successi va, cioè se l'approccio "ari voli discendenti" (o a "sollevare", per usare la recente espressione di Bhagwati; si veda Baghwati, 1988) sia la via più appropriata per l'eliminazione della povertà. Che non sia necessaria una scelta alternativa tra crescita e ridistribuzione, se le politiche ridistributive sono scelte con giudizio, è opinione che, come è naturale, è già stata espressa in varie occasioni, in particolare da Adelman (1979) e da Streeten eta!. (1981). (Si vedano anche Chenery eta!., 1974; Hicks, 1979.) Ma tale opinione non veniva fornita con strutture formali basate su adeguate fondamenta fisiologiche, e quindi gli autori si trovavano nell'impossibilità di discutere il problema in termini quantitativi mediante l'utilizzazione di quelle strutture formali. Per questa ragione le loro conclusioni non erano convincenti. Se i modelli di pianificazione quantitativa trascurano il fenomeno della malnutrizione, come fanno per esempio gli attuali modelli sull'equilibrio generale, risultano necessariamente inadeguati ad affrontare il problema della crescita produttiva che sarebbe possibile realizzare attraverso politiche ridistributive. Tali conclusioni rimangono un atto di fede, retto solo da intuizioni non quantificate. Fino a che non àvremo a disposizione modelli quantitativi ci dovremo accontentare di raccomandazioni come quella offerta da Reutlinger e Pellekaan (1986, pag. 6): " ...la crescita economica a lungo termine è spesso rallentata da una diffusa insicurezza cronica sulla disponibilità di cibo. Le persone a cui manca energia non sono pronte a cogliere le opportunità per aumentare la loro produttività. Questo è il motivo per cui in alcuni paesi i politici potrebbero realizzare interventi che aumentino la disponibilità di cibo per i gruppi più colpiti senza attendere l'effetto generale della crescita a lungo termine". Molto probabilmente è perché queste conclusioni non hanno a tutt'oggi una base analitica o numerica che gli economisti tendono a indicare linee di intervento basate su un meccanismo causale opposto, per esempio, quello dell'altrimenti eccellente rapporto della Banca Mondiale (1986, pag. 7): "Le migliori politiche di intervento per alleviare la malnutrizione e la povertà sono quelle che aumentano la crescita e la competitività del1' economia, poiché una economia competitiva e in crescita facilita una più omogenea distribuzione del capitale umano e di altri beni e assicura redditi maggiori per i poveri. I progressi nella battaglia contro la malnutrizione e la povertà possono essere sostenuti se, e solo se, si ottiene una soddisfacente crescita economica". 76 A me non pare vi sia un conflitto di valori in queste due citazioni. Si nota piuttosto un disaccordo sul mezzo più efficace per eliminare l'indigenza. Disaccordi di questo tipo sono destinati a prevalere se i modelli quantitativi non verrano modificati in modo da incorporare il fenomeno stesso che intendono studiare. Da un punto di vista metodologico questo stato dell'arte nelle analisi della povertà è inspiegabile. Una conseguenza della metodologia oggi prevalente è che ciò che passa per spiegazione è in realtà quasi sempre mera descrizione. Ne consegue che il distacco tra le intenzioni della ricerca e le sue applicazioni è assai ampio in questo campo. E, come si sa, questo distacco pesa quando si arriva a contare le vite e le morti. C'è ancora molto da fare. Note l) L'incidenza è il numero di nuovi eventi d'interesse (per es. nuovi casi di morbillo) in un dato periodo di tempo in una data popolazione [n.d.t.]. 2) Il metabolismo basale di una persona sana è il fabbisogno giornaliero di calorie quando il livello di attività è minimo (e comprende solo il nutrirsi e il mantenere un livello minimo di igiene personale). Non comprende i fabbisogni energetici per il lavoro, il gioco, la preparazione del cibo. Si tratta del livello di energia che mantiene in vita una persona totalmente inattiva e dipendente. Per fornire al lettore qualche termine di confronto, il tasso metabolico a riposo di un maschio medio del Bangladesh è stimato attorno alle 1550 kcal per giorno, circa il 70% del fabbisogno giornaliero di un contadino tipico al livello di sussistenza. Vedasi FAI ( 1985, p. 120). (Le valutazioni sui requisiti energetici, come quella appena presentata, sono state criticate in anni recenti, per ragioni che discuterò più oltre nel testo. Ma queste critiche hanno ragione d'essere solo quando si stia stimando la dimensione della malnutrizione in una popolazìone: non compromettono l'analisi che svolgo nel testo). 3) Non considererò qui il problema di verificare se questo adattamento sia senza costo. A questo proposito si veda Dasgupta e Ray (1990). 4) Nessun grado di adattamento può ridurre a zero il metabolismo basale. 5) Si veda l'acuta diagnosi di questo problema in Bliss e Stern (1978). Il problema è che la moderna teoria del la distribuzione delle risorse si basa soprattutto sull'assunzione che l'insieme delle possi.bilità di consumo di ciascuna persona è convesso, e in particolare sul fatto che ogni persona può sopravvivere anche senza svolgere alcuna transazione con altri nel sistema sociale in esame. Koopmans (1957) fornisce una delle prime discussioni sul ruolo di questa ipotesi nell'analisi competitiva generale. 6) Si veda Dasgupta e Ray (1986) per una conferma di questo fatto in una semplice classe di modelli chè prendono in considerazione tali nonconvessità. ERRATA (Da The Future of Economics, scritti di economisti a cura di John D. Hey, Blackwell 1992.) Copyright Royal Economie Society 1992. Nel numero di giugno sono stati commessi due errori nell'Omaggio a Seferis: a p. 51, prima colonna, rigo 39, si legga "letteraria" anziché "teatrale", a p. 58, seconda colonna, rigo 5, si legga "Sofocle" anziché "Eschilo". Nel numero di luglio-agosto, a p. 38 nella nota su P. Esterhazy,I verbi ausiliari del cuore edito da e/o (1988) è stato erroneamente attribuito a Garzanti.

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