87° DISTRETTO E DINTORNI Incontro con Ed McBain a cura di Maria Nadotti L'intervista che presentiamo si 1~ svolta a Darien. Connecticut, dura11tel 'estate del '92. Set dell'incontro con lo scrittore il giardino della sua casa, ricavata da un vecchio mulino e appollaialo sulla riva boscosa di un torrente dall'acqua limpida. Nonostante la passione "metropolitana" dichiarata e eviden!e dai suoi libri, Ed McBain alias Evan Hunter (New York 1926), autore di polizieschi e romanzi tradotti in tutte le Fotodi E. De Luigi (Effige). lingue e da noi soprattutto nelle Edizioni del GialloMondadori (ultimi titoli: Vedove, 1991, Kiss, 1992, Mary Mary, 1993 e sceneggiatore di storici film hollywoodiani (Gli uccelli di Hitchcock), vive infatti a meno di un'ora da New York, in un'isola di verde e di quiete che nulla ha da invidiare ali' eleganza eall'a.ffiuenzadi Beverly Hills e dintorni. Ospite cortese e pieno di humor, con quell'orgoglio privo di affettazione e esibizionismo che èproprio degli americani, McBain mi ha voluto far visitare la sua splendida abitazione e in particolare il suo studio (un edificio a se stante, a grandi vetrate, e con un 'intera parete affollata di edizioni americane e non dei suoi libri). Poi, seduti su un muretto a picco sull'acqua e accompagnati dal suono della corrente, abbiamo cominciato l'intervista. Tu scrivi gialli da molti anNtte, a modo tuo, sei un esperto di crimine. Ti sembra che le caratteristiche della criminalità nordamericana siano negli ultimi anni andate modificandosi? Bush ha sempre detto di volere un'America più mite, più gentile. Beh, quando ho cominciato a scrivere, questo paese era più mite e gentile. E sta diventanfO sempre più violento e spietato. Di questi tempi, soprattutto nelle grandi città, la gente sembra pronta a esplodere di collera, a fare gesti aggressivi. Si ha continuamente la sensazione che possa succedere qualcosa di imprevisto, di spiacevole. I massicci flussi migratori che negli anni Ottanta hanno riempito gli Stati Uniti di asiatici, latini, euro-orientali, arabi e modificato gli equilibri etnici del paese hanno alterato in qualche modo anche il quadro della criminalità? Quando ho dato il via alla serie dell'87simo distretto, per costruire i miei personaggi mi sono servito di quello che ali' epoca era l'assetto etnico, religioso e razziale del paese. Oggi la situa68 zione è interamente cambiata. Le proporzioni, soprattutto nelle grandi città, sono oggi del tutto mutate. Dove prima a guidare i taxi c'erano ebrei e irlandesi, oggi ci sono pakistani e afgani. Dove a gestire le piccole botteghe c'erano gli italiani, oggi ci sono i coreani. Ma quel che è triste a proposito dell'America è che, quando ero bambino, mi hanno venduto il Sogno Americano. Mi hanno fatto credere che questo paese fosse un melting pot, un contenitore dove le differenze si sarebbero sciolte e ricomposte, dove gente diversa e proveniente da ogni parte del mondo si sarebbe trovata insieme e libera, fino a diventare un solo popolo. Non è successo niente del genere. Svegliandoti da questo sogno, quale realtà hai trovato? Non credo che il sogno sia del tutto finito. O almeno lo spero. È che vedo arrivare tutte queste nuove persone e credo che con la loro enorme vitalità, energia, creatività potrebbero ancora modificare quello che incontrano. Forse il sogno potrebbe avverarsi. Gli americani al momento sono divisi. In Europa, in Francia o in Italia, si sente la tribù, l'appartenenza a uno stessp gruppo. Da noi non è più così, ma io spero che passi e che la smettiamo di definirci cinesiamericani, giapponesi-americani, italo-americani, franco-americani, ecc. Che impariamo a definirci americani e basta. È solo una tua speranza o c'è in giro qualche segno di cambiamento? No, è solo una mia speranza, un mio augurio. Non ho conferme. Ti potrei addirittura dire che la natura della nuova immigrazione mi smentisce. In passato, chi veniva in questo paese ci arrivava per cause di forza maggiore, in cerca di lavoro o per sfuggire alla persecuzione politica, e continuava a rimpiangere la terra d'origine dove era certo di tornare in un futuro più o meno prossimo. Penso a mio nonno che, costretto a lasciare l'Italia per ragioni economiche, non ha mai smesso di parlare del suo paese come del paese dell'oro. Nei suoi racconti Napoli era la città del sogno. Eppure proprio le persone come lui a poco a poco hanno imparato a amare l'America, a parlarne la lingua e a considerarla la propria casa. Non sono sicuro invece che molti dei taxisti attuali o della tanta gente di passaggio abbia davvero l'intenzione o la possibilità di rimanere per sempre. Credo che vogliano soltanto fare un po' di soldi per poi tornarsene a casa loro a occuparsi della famiglia. Magari mi sbaglio, ma la mia sensazione è questa. Parliamo dei tuoi libri. Tu scrivi con due diversi nomi, Ed McBain e Evan Hunter, e hai - se così possiamo dire - due differenti tipi di scrittura. Che spiegazione ne dai? Beh, sono sia Ed McBain sia Evan Hunter. Non traccio una linea di demarcazione tra i due, non più. All'inizio, quando ho cominciato a scrivere la serie McBain, avevo un qualche successo come romanziere "serio" e i miei editori e il mio agente temevano che scrivere polizieschi mi potesse danneggiare. Ed McBain è nato così. Solo più tardi mi sono reso conto di come The Blackboard Jungle, il primo vero successo di Evan Hunter, e la serie del1'87simo distretto si fossero tallonati da vicino. Come se la carriera di Hunter fosse andata in una direzione e quella di McBain ne fosse una specie di figlio illegittimo: stesso bumor ner?, stesse situazioni
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