Meglio poco che niente, meglio il movimento che la stasi, meglio nuove norme di rapporto tra i poteri che quelle passate, meglio facce nuove che vecchie. Questo si sente ripetere in giro da molti, ed è convincente, è giusto, è sensato. E tuttavia il momento che attraversiamo è pesante, incerto, confuso, preoccupante. Si ha spesso la sensazione che l'autunno (e poi l'inverno, e poi la primavera, e un'altra estate ...) e la "rivoluzione di centro" possano riservarci qualche amara sorpresa. Si ha la sensazione di poter venire assediati da una aggressiva e galoppante "nuova" corruzione armata di armi aggiornate ma figlia della vecchia e pronta a scendere a patti con essa, e che la Politica resti una cosa, come sempre, peggio che ambigua, retta più o meno dai meccanismi di sempre. Le regole verranno senza dubbio cambiate, anche se siamo ancora ben lungi dal vederle scritte, ma chi è che le cambia? E il nostro annoso problema, una classe dirigente perlopiù mascalzona, chi è che la cambia? E su che patto sociale convincente ci si assesterà? Stipulato tra chi, in nome di quali valori, di quale progetto collettivo? Ciò che più ci spaventa è per l'appunto questo: che la Società che dovrebbe esprimere questo "nuovo", nonché migliorare stia velocemente peggiorando, e stia incancrenendosi nei suoi vizi. Che si vada ampliando e non restringendo il varco, allargato da ultimo a dismisura dal decennio socialista, tra pratica e parola, tra comportamenti e ideologie, e insomma tra politica ed etica, e che ciò abbia finito con l'aprire la strada a ogni tipo di demagogia, congrue tutte al vastissimo e ultramaggioritario strato sociale che al Nord come al Centro e al Sud, con pratiche simili e immagini di sé diverse, chiede più potere per sé, senza sapere e voler definire questo sé in termini collettivi, pronto dunque a smembrarsi e contendere in sottogruppi, parti, clan, dialetti, campanili. Non si vede affatto - chi oserebbe smentirci?- un' ondata di nuovo senso della collettività, in giro; si vede un' infarinatura di moralismo nella quale si può sin d'ora verificare quasi sempre un tradizionalissimo opportunismo, quel tipo di lavacro ipocrita e rituale di cui così spesso la nostra cultura ha dato esempi in passato, reso però più spregiudicato da trasformazioni (queste sì, vere e profonde) recenti. Due soprattutNebbie d'autunno. Impressioni di un impolitico Goffredo Fofi to: il benessere, e le sue conseguenze nell'intimo di ciascuno; e la crisi o scomparsa di sistemi di valori che hanno operato in passato da super-io per le parti più consistenti della popolazione (un "sistema" del sacro e del trascendente; un'utopia di sinistra). La "presa di parola" collettiva, auspicata da noi per primi, trionfante in tutti gli strati della società dopo il '68, ha straripato. Tutti hanno avuto diritti da rivendicare e continuano ad averne oggi-singoli, egoistici, incuranti dell'insieme, sprezzanti i doveri verso l'insieme. Si ha l'impressione oggi che molti di coloro, spesso persone di valore e pulite, che giudicano confortante la presente situazione e fidano nel1' intelligenza delle masse, non si muovano e non vedano, non conoscano il paese e non abbiano idea di che pasta è fatta la sua gente- tra vecchie e nuove rivendicazioni, vecchi e nuovi egoismi, vecchia e nuova aggressività. Basterebbe peraltro la lettura attenta della cronaca, per un po' di giorni, per convincersi di una malattia che è del sociale quanto del politico, una malattia che temiamo possa essere inguaribile. Non possono darsi né riforme efficienti né rivoluzioni con materia umana del genere, si può al massimo ipotizzare un cammino di lunga durata per una minoranza salda nei suoi metodi e principi, chiara nellaaffermazionedi una diversità. Ma suquesto, tutto è da ridiscutere. Tante cose andrebbero ricordate, di questo momento, di questa buia estate, di questi mesi. Ma torniamo alla politica, e azzardiamo un elenco di impressioni "impolitiche", nell'ottica di uno che la politica continua a capir poco e che della politica dei politici continua a diffidare moltissimo: - Nel campo della politica più che in qualsiasi altro si ha l'impressione che si stia rapidamente ricostituendo una forma di continuità, nonostante ferite anche molto traumatiche. Scomparso il Psi, la Dc è alle corde (ma ha mille vite, perché mille facce ha il mondo cattolico, e perché l'Italia è un paese fondamentalmente cattolico: non più "credente", tutt'altro, ma culturalmente sempre e irrimediabilmente "cattolico"), e il loro "pubblico" è confluito altrove, a riciclarsi nei nuovi raggruppamenti. Il trasformismo è d'obbligo, la quantità di noti e ignoti che per esempio vanno alleandosi alla Lega ne è una lampante dimostrazione. L'Italia resta il paese dei girella, dei voltagabbana, dei travicelli. Come da copione. - C'è contraddizione transitoria tra un potere parlamentare in mano al vecchio mentre il cosiddetto nuovo va all'assalto dei poteri locali. Ma non è un caso se il governo è diretto dai maestri del- !' economia e della finanza, in nome dell'economia e della finanza. - La grande industria continua a fare più o meno quel che le aggrada, con qualche morto e ferito, con qualche dirompente battaglia interna (alle "famiglie" in senso stretto e allargate) provocata dagli interventi dei giudici. In una qualsiasi ondata di trasformazione morale collettiva, il primo a cadere in disgrazia agli occhi delle masse avrebbe dovuto essere un Agnelli, mettiamo, e la Fiat avrebbe dovuto venir messa sotto accusa, per esempio, per "crimini di pace" (produzione di armi improprie e proprie, inquinamento ecc.). Nessuno ci pensa, a cominciare dai Verdi, in ben altre faccende affacendati. - Il "sistema della mafia" - dell'occulto economico, gestito con metodi illegali e con metodi criminali - è certamente in crisi grazie a giudici eroici, ma esso rimane molto ramificato e sta cercando di riciclarsi, come tutti i poteri, attraverso l' individuazione di nuove vie della gestione. Può crollare? C'è da dubitarne, poiché il suo crollo, come quello della Fiat, farebbe saltar via una parte consistentissima dell'italico benessere (I' aureo "sistema della droga", per esempio). Hanno davvero voglia, gli italiani, di perdere questa parte della loro ricchezza? La mediazione tra il legale e l'illegale sta probabilmente già riaggiustandosi, è probabilmente già in atto, a fini politici ed economici (potere e benessere). - L'occulto continua ad agiIL CONTESTO re, le bombe continuano a scoppiare, gli intrighi e i ricatti a frenare, controllare, disordinare. Che i giudici non riescano a venirne a capo è segno di quanto ramificato e vasto sia questo modo di "governare". Un esempio della loro impotenza mi pare, tra tanti, che un tomo come l'ex presidente (eletto a suo tempo con i voti di tutti!) Cossiga possa continuare a sbraitare e minacciare. - Il "locale" continua ad avere un gran peso e a conquistarne di nuovo, leghe aiutando. Più che scompaginare un assetto, esso potrebbe acuire i vecchi difetti invece di combatterli, per esempio l'allegra gestione di un potere enorme da parte di regioni e province, sinora alleate tranquillamente con il centro nella spartizione e nello sperpero in una rete di complici interessi sulla quale nessuno, mi pare, ha voluto ragionare o vuol farlo oggi, nella finzione di una nuova, comune, interessata e parodistica ideologia neofederalista. - Il Pds, miracolato elettoralmente rispetto al generale disastro dei vecchi partiti, crede per questo di valere più degli altri, e che il premio di voti che la provvidenza gli manda corrisponda a una fiducia di lunga scadenza. Si sbaglia di grosso e, presumibilmente, combinerà nuove sciocchezze, ottuse e opportunistiche nella sostanza, pompose e ipocrite nella forma, per mano di burocrati vecchi e scialbi, aggrappati a vecchissimi modelli, e di una dirigenza incapace. La nostra sfiducia persiste, e anzi cresce; attenuata soltant.o dall'orrore per i demagoghi e i nostalgici cui la diaspora dell'ex Pci ha dato spazio. - Grande è la difficoltà di trovare facce nuove e credibili da proporre alle elezioni nei grandi comuni (vedi Milano, ma vedi anche Roma e Napoli e Palermo ecc.). Quando con fatica se ne trovano a giocarci al tiro a bersaglio è per prima quella parte della sinistra che si vorrebbe più dura o più nuova. - Le "facce nuove" portano vistosamente in faccia il marchio del vecchio. E si capisce. Da dove vengono? I modi di formazione e le combinazioni genetiche non sono cambiati. Con l'aggravante, oggi, di autocandidature senza controlli di gruppo, con l'unica capacità richiesta di saper gridare meglio, di saper rappresentare meglio i "bisogni delle masse". Alla loro irruenza sembrano in 5
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