Linea d'ombra - anno XI - n. 85 - settembre 1993

INCONTRI/WALKER Vedo un paese arrogante e stupido negli uomini che lo governano, e generoso, anche se un po' ingenuo e confuso, nella sua gente. Vedo un paese indirizzato sulla via dell'impoverimento. Dirci che non possiamo scrivere o parlare la lingua dei nostri avi afro-americani, significa chiederci di dimenticarli. Non lo faremo! Non possiamo! Sono le voci che ronzano incessantemente nelle nostre teste, così come lei probabilmente sente ancora la voce di suo nonno, o qualcosa che glielo ricorda; e sono momenti preziosi per lei, non è così? È la traccia che, morendo, ha lasciato in lei. In cosa consiste il linguaggio afro-americano? Penso che il linguaggio afro-americano sia molto simile alla musica; è perlomeno quanto ispira noi scrittori. Noi aspiriamo a un certo tipo di chiarezza, di approccio diretto e non mediato al cuore umano. Siamo cresciuti circondati dalla musica e sappiamo che la musica è freschezza. Nei nostri scritti, emuliamo deliberatamente la musica. Lei ha sostenuto che con la sua scrittura vuole raggiungere i risultati già ottenuti dalla musica nera. Pensa di riuscirci? Sì, penso di sì. Penso di riuscirci perché non invidio più la musica. Sto creando un mio tipo di musica. Soltanto uso uno strumento diverso ... Lo scrittore William Du Bois riassunse il problema dell 'afroamericano scrivendo che: "Egli sente sempre la sua dualità; un americano, un nero; due anime, due pensieri; due pulsioni e due lotte non conciliabili". Du Bois questa duplicità la viveva; non si sentiva riconciliato, il conflitto lo viveva sulla propria pelle. Io no. Siamo esseri complessi, possiamo amare tutti i lati della nostra personalità, anche se contraddittori, senza viverli in modo conflittuale. Quindi io rivendico in modo esplicito la mia eredità indiana americana (una mia bisnonna era di sangue indiano); o la mia eredità bianca (un mio trisnonno era bianco. Non so chi fosse, ma era bianco; l'unica cosa che so di lui è che era uno stupratore. Ma non basta. Doveva necessariamente essere anche qualcos'altro; mi piace pensare a lui come a qualcuno che suonasse uno strumento; il banjo, per esempio). E naturalmente rivendico i miei nonni e i miei avi afro-americani. Non credo che tutti questi aspetti del mio passato e della mia personalità non siano riconciliati. Quando lei guarda me, vede tutto il mio passato. Vede tutte le mie diverse origini. Vede tutto quello che fa di me quello che sono. E la poesia, che cos'è per lei? La poesia mi permette di parlarmi nel modo più profondo, mettendo a nudo tutta la mia vulnerabilità. Quasi sempre mi consente di vedere le cose in modo più chiaro, e di assumere un controllo più esplicito delle forze che mi nutrono o che mi aggrediscono. Avevo l'abitudine di scrivere poesie quand'ero triste, sempre e solo quand'ero triste. Adesso ho imparato a scriverle anche quando sono felice. Le scrivo quando sento il bisogno profondo di esprimermi. Ne sono molto lieta; perché pensavo che l'unico strumento del mio essere poeta fosse la tristezza. Niente di più facile, per me ... Non avrei mai pensato che un giorno sarei stata così felice. Sono le gioie dei quarant'anni ... Tra i primi anni Quaranta, quando si iniziò a raccogliere il cotone con mezzi meccanici, e la fine degli anni Sessanta, più di cinque milioni di afro-americani lasciarono i campi e le fattorie del Sud per cercare rifugio e speranza nei ghetti urbani dei grandi centri industriali del Nord. Questa enorme migrazione ha alterato i rapporti politici, ha trasformato la cultura popolare, ha modificato l'essenza stessa dell'idea e della società americane. Rimangono però vivi un'immagine del Sud, un suo ideale culturale, una sua mitologia, che esercitano tuttora molto fascino ... Il Sud mi ha insegnato il valore e l'importanza di coltivare io stessa il cibo che mangio, di avere la mia casa, di essere legata ad una comunità pur mantenendomi indipendente. Nel Sud, da piccola, ho imparato a rispettare gli anziani; continuo a farlo, mi piace dedicare molta attenzione agli anziani, ai loro racconti, ai loro sentimenti. Mi aspetto lo stesso tipo di comportamento anche da chi è più giovane di me. Nel Sud, un certo tipo di ordine era imposto "naturalmente"; nel senso che se si usciva dai ranghi, si poteva facilmente essere umiliati o venire uccisi. Così esisteva implicitamente un'esigenza di rettitudine; ed anche molta enfasi sul fatto di occuparsi e di svolgere sino in fondo il proprio lavoro. Le mie abitudini lavorative sono molto "sudiste"; sembra sempre che non lavori mai, ma riesco sempre a fare tutto. Sembrerebbe che lei apprezzi valori abbastanza "conservatori" ... Sì, questi possono sembrare valori conservatori, e in un certo senso lo sono. Ma sono valori conservatori espressi da una personalità che considero molto radicale. Però sono cosciente del fatto che, in un periodo storico diverso, avrei benissimo potuto svolgere il mio lavoro, coltivare il mio orto, fare la maglia e basta. So che sarei stata molto felice. Ma non ho avuto la fortuna di nascere e di vivere in un simile periodo. Dal Sud, adesso, pochi partono; e al Sud molti ritornano. È l'ennesimo rivolgimento di unpaese nel quale la mobilità è ormai più geografica che sociale. Una volta si diceva che al Sud i neri potevano vivere vicino ai bianchi, purché fossero pochi. E che al Nord potevano essere tanti, purché vivessero lontano dai bianchi. E adesso? E domani? Una volta si volevano offrire quaranta Foto di Vincenzo Cottinelli 45

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