Linea d'ombra - anno XI - n. 85 - settembre 1993

WOMANIST Incontro con Alice Walker a cura di Matteo Bellinelli La vita di Alice Walker può essere letta come un momento di follia del destino a lieto fine. Alice, ultima di otto fratelli, è figlia di un padre pessimo contadino e abile matematico che viveva in miseria con la moglie, sguattera e domestica. È nata 49 anni fa in Georgia, in un paesino di quattro povere case. La Georgia è uno degli Stati più sudisti (cioè, più conservatori e razzisti ...) del Sud. La sua vita, laggiù, è stata un inferno. Ma la sua vita è anche una fiaba; o quasi ... Ora Alice, minuta, delicata, sensibile nipote di schiavi, vive nella Anderson Valley, uno dei luoghi più segreti e gradevoli della California, tra i vigneti e i poderi più eleganti dello stato più ricco d'America. Una magia, una fiaba, un sogno americano? Allora, la terra promessa esiste davvero ... Conoscere Alice Walker, significa ritornare per qualche attimo nel profondo Sud, penetrarne l'inquietante intimità, lasciarsi avvolgere dalle onde, dai suoni, dai racconti dei corsi d'acqua attorno ai quali si sono consumate, in dal 16 I9, le tragedie degli schiavi. Penso a lei come all'ultimo frutto di un piccolo podere - quello della letteratura femminile nera d'America - troppo a lungo ignorato. Lei parla anche a nome delle grandi scrittrici che l'hanno preceduta e ispirata: Phillis Wheatley, la prima donna di colore a pubblicare un libro, nel 1773; Ma.ria Stewart, Ann Plato, fino a Zora Neal Hurston. Questa storia è anche la loro. Le opere di Alice Walker pubblicate in italiano sono: Il colore viola (Frassinelli 1984), Non puoi tenere sottomessa una donna in gamba (Frassinelli 1988), Tempio del mio spirito (Rizzoli 1991) Terza vita di Grange Copeland (Frassinelli. 1989) e Possedere il segreto della grazia (Rizzoli 1993). Sono nata in un piccolo villaggio di campagna della Georgia, lontano dalla città che potevo visitare soltanto una volta alla settimana, il sabato. In città mi capitava di vedere tantissima gente, anche fino a... cinquanta persone ... Il resto della settimana vedevo solo i miei genitori, i fratelli e le sorelle, e i bianchi per i quali i miei lavoravano, in un caseificio. Nei nostri campi si coltivavano cotone e granoturco, e noi tutti ci dovevamo lavorare; molto, moltissimo. Sono cresciuta in compagnia di sette fratelli e sorelle; abbiamo sempre abitato in case scomode, malandate e ovviamente sovraffollate. Per questo motivo io preferivo vivere all'aperto, nei campi e sugli alberi. Penso che la mia letteratura si sia sempre nutrita e sia profondamente radicata in quest'esigenza di circondarmi di molto spazio. Ovunque ho vissuto, ho sempre desiderato orizzonti illimitati. E ancora adesso i pensieri migliori mi vengono camminando in mezzo alla natura ... A otto anni lei ebbe un incidente che segnò la sua vita: un fratello laferì a un occhio con un colpo di fucile. La ferita non venne curata subito, si cicatrizzò: e l'occhio andò irrimediabilmente perduto ... Quell'episodio e quella cicatrice ebbero conseguenze importanti nella mia vita. Sulla ferita si formò una sgradevole cartilagine; il mio occhio ferito era molto diverso da quello sano, e me ne vergognavo moltissimo. Ma ad aggravare la mia tristezza e il mio smarrimento contribuì il fatto che invece di punire mio fratello allontanandolo da casa, o perlomeno rimproverarlo, o sentirsi in colpa per avergli acquistato la pistola, i miei genitori allontanarono me da casa. Mi ritrovai in compagnia dei miei nonni, per più di un anno. Fu un momento molto difficile per me, perché non riuscivo a capire il loro comportamento, che mi fece sentire in colpa per un torto che io sapevo di non aver commesso. Fotodi LeonardoCendomo (Effige) Tutta la sua infanzia fu difficile e, mi sembra di capire, piuttosto triste e solitaria ... Desideravo diventare uno scienziato; allora pensavo che la scienza avrebbe potuto essere d'aiuto alla gente, adesso non ci credo più molto. Volevo anche suonare il piano; cosa che, finché mi fu possibile, feci con grande entusiasmo. Però ogni lezione mi costava 50 cents; l'unico modo che avevo per procurarmeli consisteva nel vendere le uova che ogni tanto mi dava mia madre. Purtroppo a casa nostra non c'erano abbastanza galline, e neppure uova a sufficienza: non riuscii a guadagnare 50 cents alla settimana molto a lungo, e smisi anche di imparare a suonare il piano. Così, non essendo riuscita a imparare a suonare, e neppure a dipingere, iniziai a scrivere; semplicemente perché non costava nulla. E anche perché, non appena cominciai a farlo, mi resi conto che mi avrebbe aiutato a non sentirmi così sola. Raccogliendo e ordinando le mie emozioni ei miei sentimenti su un pezzo di carta, potevo sorvegliare da vicino, giorno dopo giorno, il manifestarsi della mia tristezza o il sorgere di un inaspettato buon umore. E in effetti scrivere mi è stato di grande aiuto; ho ancora un diario, che aggiorno quotidianamente. 39

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