INCONTRI/GATES voluto fare un simbolo tanto di una generazione quanto del cosiddetto filone minimalista. Credi che esista una scrittura delle donne? Se credo che esista una voce femminile specifica? No, direi di no. Sono al corrente delle varie teorizzazioni femministe che sostengono che la scrittura è un'emanazione quasi fisica dell' anatomia. Ma non posso dire di averle verificate su me stessa. Qual è dunque la tua esperienza di scrittura? Quando scrivo sono così concentrata sugli aspetti linguistici, culturali, strutturali di ciò che faccio che mi dimentico della mia sessualità, come se il genere a cui appartengo si cancellasse. In questo senso sottoscrivo in pieno la teoria woolfiana dell'androginia della scrittura. Certo ci sono esperienze di vita squisitamente femminili e che hanno a che vedere in esclusiva con il corpo delle donne, il parto, la maternità, la sessualità, l'erotismo femminile. Per raccontare tal i esperienze è evidente che va cercato e sperimentato un linguaggio nuovo, capace di contenerle e dame conto. Ma, di nuovo, quando ci si mette a tavolino, il materiale con cui ci si misura sono le parole, certe strutture sintattiche, la punteggiatura, non il corpo. In questo senso io credo che non si possa fare un discorso di genere, che ci si debba comunque misurare con le scelte individuali che ognuno di noi, uomo o donna, decide di fare. E non bisogna dimenticare che molto spesso gli artisti parlano e raccontano di esperienze che non hanno avuto, di morte, pazzia, malattia, omicidi. Per poter dare conto della materia che hanno scelto devono inventarsi tutto un linguaggio particolare. Se riescono a spingersi tanto in là, non vedo perché non possano essere capaci anche di immedesimarsi nella parte di una persona dell'altro sesso. L'arte è esattamente questo: un movimento in libertà. Che rapporto hai con il cinema? Qualcuno dei tuoi lavori è diventato unfilm? E hai mai scritto sceneggiature? Negli anni Settanta un mio racconto ha dato vita a un cortometraggio che ci è valso un Oscar. II fatto che il budget fosse irrisorio ci aveva garantito attori di prima qualità. Nell'85 c'è stato Smooth Talk, un film con Laura Dern, diretto da Joyce Chopra, tratto da un mio testo, Where Are You going, Where Have You been. Oggi, insieme a Martin Scorsese, sto lavorando all'adattamento per il cinema di un altro mio romanzo, You Must Remember This. Scorsese, che mi sta insegnando i segreti del mestiere, lo produrrà, mentre a dirigerlo sarà una regista che entrambi rispettiamo molto, Martha Coolidge. Contiamo di iniziare le riprese n·e] '94. E il tuo lavoro per il teatro? Ho scritto molti testi teatrali e sono assolutamente affascinata dal lavoro con gli attori. Il teatro è per molti versi l'antitesi della prosa di finzione. Spesso scrivo lavori che non prevedono scene o costumi, ma solo pura recitazione, come nel caso di un testo recente, I Stand Before You Naked (Sto davanti a te, nuda), in cui dieci donne entrano in scena una alla volta e raccontano la storia della loro vita. Questo spettacolo ha avuto successo un po' ovunque, negli Stati Uniti, ma anche in Francia, Germania e Inghilterra. Mi piace lavorare con gli attori, ascoltare i loro commenti e cambiare i miei testi in funzione loro. li clima di collaborazione che 38 si crea a teatro è una specie di antidoto alla solitudine della scrittura. Nella mia vita teatrale c'è oggi un fatto nuovo: su richiesta dell' American Music Theatre di Filadelfia, che ne curerà la produzione, sto scrivendo il libretto per un'opera lirica tratta da Acqua nera. Come ti dividi tra scrittura, insegnamento, teatro, cinema, rivista ecc? E qual è il segreto della tua prolificità? Scrivo soprattutto al mattino e disciplino attentamente il mio tempo. Insegno solo due giorni alla settimana e d'estate sono libera. Non è difficile. Nel saggio Sulla boxe hai scritto che tra pugili e scrittori esiste un'affinità: la "fanatica subordinazione del sé in vista di un destino agognato ... la trasformazione volontaria di una sensazione che conosciamo come dolore (fisico, psicologico, emozionale) nel suo esatto contrario." Mi piacerebbe che su questa "parentela" mi dicessi di più. Nella boxe il dolore è sopportabile perché l'atleta ha uno scopo che lo sostiene, un obiettivo da raggiungere. Anche l'artista ha familiarità con l'ansia, l'angoscia, il dolore e, come il pugile, li sopporta in vista di una meta finale. Senza questa mira superiore il dolore diventa gratuito e del tutto intollerabile. C'è una strana forma di masochismo tanto nel lavoro del pugile quanto in quello dell'artista, come se si trovasse piacere nel soffrire. Tu sei una scrittrice estremamente prolifica. Fa una certa impressione sentirti applicare a te stessa la categoria del masochismo... Le regole della creatività sono misteriose ed è molto difficile individuare le motivazioni dell'atto artistico. Dici che io sono prolifica. lo non mi considero davvero tale o perlomeno non mi sento un'eccezione. Pensa a Mozart, Beethoven, Picasso, Charles Dickens, Balzac, Henry James, persino Virginia Woolf che pure era spesso malata. Fondamentalmente sono affascinata dalla personalità degl_iindividui e dal mistero rappresentato da ogni persona. Mi piacerebbe descriverle tutte e raccontare la storia di ognuna. Sono convinta che tutti noi siamo portatori o portatrici di una vicenda irripetibile, che merita di essere narrata. Negli anni Sessanta hai insegnato a Detroit, una città sull'orlo della crisi, attraversata da conflitti sociali e razziali molto violenti. La tua scrittura è stata segnata da quell'esperienza? li periodo passato a Detroit ha cambiato per sempre la mia vita. Io sono nata in una zona rurale e infatti i miei primi libri si ispiravano all'ambiente agricolo. A ventidue anni, subito dopo il matrimonio, mi sono trovata catapultata a Detroit, una città percorsa dai malesseri tipici delle metropoli, prima di tutto dai conflitti razziali. Nel 1967 ho visto con i miei occhi l'apocalisse: interi edifici che bruciavano a due isolati da casa mia, sparatorie, assassinii, saccheggi. L'insurrezione nera di quell'anno mi ha fatto aprire gli occhi. È stato allora che mi sono giurata che, se fossi sopravvissuta a quell'esperienza, avrei scritto di uomini e donne in un mondo politico e sociale molto reale e che avrei fatto di tutto per connettere individui e società. Le mie esperienze private le avrei, d'ora in avanti, confinate ai racconti brevi.
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