Linea d'ombra - anno XI - n. 85 - settembre 1993

PASSEGGIATE NOTTURNE Jim Harrison a cura di Marisa Caramella Tutte le volte che esce un nuovo libro di Jim Harrison, un romanzo o una raccolta di racconti lunghi, il coro di lodi è pressocchéunanime. Ma critici e recensori sembrano incapaci di attenersi agli schemi abituali, di valutare la prosa di questo scrittore, ancora quasi sconosciuto in Italia, secondo le solite categorie. Si lasciano andare a visceralità inconsuete. Tutti sanno che è facile scrivere stroncature sanguigne. Più difficile lodare senza mezzi termini, e senza inquadrare l'autore in una scuola, in una tendenza; si finisce con il portare a sostegno della propria opinione esclamazioni quali: "Bisogna avere un talento diabolico, per scrivere in questo modo, maledizione!" ("Playboy"). Oppure: "Quello che voglio dire è che da questo libro si ricava un senso di speranza, la speranza che, malgrado le voci che corrono, sia ancora possibile vivere su questo pianeta. Ecco, maledizione, l'ho detto, a costo di sembrare ridicolo" (William Kittredge). E ancora, a proposito della preferenza dimostrata da un critico per uno dei tre racconti lunghi della raccoltaLegends of the Fai/ ( 1979), con il quale sempre William Kittredge dissente: "L'unica cosa che posso dire·è che non sono d'accordo, e che le mie ragioni sono del tutto emotive. A volte capita di preferire un buon cavallo a un altro buon cavallo. Capita di scommettere proprio sulla base della propria preferenza". Non basta: "(Nordstrom) passa le giornate a pescare tarponi, e la sera tardi, dopo il lavoro, balla da solo alla musica di una radio a pile. È difficile dire una cosa come questa senza sembrare orribilmente sentimentali, ma Nordstrom ha trovato la misura della sua felicità su questa terra. Non so come cominciare a render giustizia alle sfumature di carattere dei personaggi, e alle riuscite complessità della trama, in questo racconto" (Raymond Carver). Ora, sbilanciare i critici, spiazzarli, è di per sé un ottimo risultato, specialmente se li si costringe ad apprezzamenti iperbolici e positivi, specialmente quando si è ottimi scrittori e si potrebbe facilmente venir analizzati e lodati in base ai terni e allo stile, per esempio. Ma l'entusiasmo, la vitalità, il senso di freschezza, di spazio, di libertà che comunicano i racconti di Harrison sono difficili da spiegare in termini di semplice analisi. La loro originalità è data dal punto di vista dell'autore, che riesce a far rivivere, intatto, il mito dell'America, del West (o meglio, degli spazi aperti d'America, che non si trovano soltanto nel West), modellandolo, plasmandolo a modo suo, registrandone la gloria passata senza retorica, prendendo atto di contaminazione, distruzione e corruzione senza sentimentalismo e rimpianti. Il West diventa, più che lo sfondo, il protagonista delle storie. La qualità spirituale, misterica, del paesaggio si incarna in quelli che si possono senz'altro definire gli "eroi" dei racconti di Harrison, che restano però sempre secondari, rispetto alla preponderanza quasi animistica della natura. In Brown Dog, per esempio, una delle novelle (forma che è stata praticamente "resuscitata" da Harrison) dell'ultima raccolta dell'autore, The Woman Lit by Fireflies, 1990 (tradotta in italiano da Sandro Ossola per Baldini e Castoldi con il titolo di Società Tramonti nel 1992), il West, l'America selvaggia e primitiva, si incarna contemporaneamente in un indiano autentico, morto, una mummia congelata in fondo al lago Michigan, e nell'indiano finto, vivo, che la ripesca, progettando di venderla a un collezionista necrofilo per una bella cifra. Brown Dog, oltre a fingersi indiano, tenta anche di mettere "in vendita" un cimitero Chippewa, centellinando le coordinate della collocazione del medesimo, in cambio di ottime scopate, a due antropologhe molto carine e acculturate. Le due ragazze rappresentano l'America della cocaina, dei parties, del sesso-scambio, dell'ecologismo da salotto, della filosofia New Age dispensatrice di cibi integrali, tecniche di meditazione indiane (ma non d'America), psicoanalisi d'accatto. Tutte cose che Harrison ha facile gioco a mettere in ridicolo. Ma il suo modo di smitizzare è blando, benevolo, privo di acidità e indignazione. Harrison, evidentemente, disapprova tutte queste cose come false, come surrogati delle esperienze reali, come fantasmi delle pulsioni umane ormai morte. Oltre che il mito 30 Foto di Dennis Gripentrog (Archivio Baldini & Castaldi). dell'America e del West, e la forma della novella, Harrison tenta di resuscitare anche queste pulsioni: tutti i personaggi dei suoi racconti devono, a un certo punto, fare i conti con la menzogna vissuta fino a quel momento, e decidersi a vivere come vogliono veramente, incuranti dei rischi. La competitività socialmente indotta si trasforma in desiderio di valutare se stessi confrontandosi con un'esperienza, una sfida reale: misurandosi con la tormenta, per esempio, o con un animale, o comunque con un avversario che non bara e non mente. Per Brown Dog il momento della verità arriva quando si trova faccia a faccia con la mummia dell'indiano, in un furgone frigorifero che comincia a scaldarsi sotto il sole, mentre il cadavere, sgelandosi, sembra muoversi e fissarlo. Che non si bara e non si mente nemmeno con il sesso è un'altra nozione tipicamente harrisoniana: come il territorio, anche il sesso si può comperare, vendere, barattare, ottenere con l'inganno. Ma poi bisogna fare i conti con l'amore, con la A maiuscola, l'amore-passione, senza curarsi delle conseguenze. È quello che succede in Revenge, uno dei racconti di Legends of the Fall. Da questo racconto è stato tratto il film omonimo, con Kevin Costner e Anthony Quinn che si misurano in un "duello al sole" (la storia è ambientata in Messico e New Mexico) sopra il cadavere della donna amata da entrambi. Harrison confessa che avrebbe preferito Jack Nicholson, invece di Kostner, nei panni di Corchran, l'amante puro, e si capisce perché: Kostner manca dell'ambiguità, della grinta diabolica di Nicholson, e fa precipitare il film nel sentimentalismo. Accuse di sentimentalismo sono state mosse anche al racconto, insieme ad altre, di machismo e conformismo razzista contro il costume latino (in questo caso messicano) della vendetta d'onore. In realtà quel duello sul cadavere della donna amata, che si risolve in modo del tutto inaspettato, non significa peruna volta oggettivazione del corpo femminile, o gara paraomosessuale tra maschi insicuri, né facile messinscena dell'irrazionalità latina in fatto di onore. L'onore in gioco ha piuttosto a che fare con l'autenticità dei sentimenti, della vita personale, e quindi con l'affermazione del valore della propria esistenza. L'amore, come la natura selvaggia del continente americano, è una porta socchiusa sul mistero che sottende l'esistenza, e che ha a che fare con il divino, il divino con il quale si deve misurare l'artista, non il religioso, o l'antropologo, o il filosofo. E Harrison, oltre che autore di romanzi (Wolf, A Good Day to Die, Fanner, Warlock, Sundog, Dalva) e racconti lunghi per i quali è stato

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