CONFRONTI Due foto di Dovid Seymour (in alto) e di Robert Capo (in bosso); do FrontPopuloir (Chene/Mognum 1976) Come ha conosciuto Groethuysen? Uno dei suoi amici, Von Bendemann, mi ha detto: "Ho conosciuto un uomo straordinario, è uno spirito superiore, sa prendersi in giro, racconta che nel 1914, a Parigi, aveva supplicato l'ambasciatore tedesco di impedire la guerra. Suo padre è olandese, sua madre è russa, anche lui è molto russo ... ha una grande influenza sulla gioventù tedesca. Durante la guerra del '14, 24 internato a Chateauroux, era l'arbitro dei conflitti degli altri internati, conflitti nati dalla loro atroce promiscuità. Abita a Parigi in uno spaventoso antro da pittore, è spesso alla "Nouvelle Revue Française". Ha conosciuto Kafka e scritto una prefazione al Processo. Nel '33 la NRF dedicava un numero speciale alla poesia e invitava a partecipare. Ho scritto a Bendemann che era a Nizza. Mi ha raccomandato a Groethuysen. Quando sono entrato alla NRF Groethuysen mi ha accolto a braccia aperte, io mi sentivo ridicolo con un rotolo sotto braccio. Avendo fatto qualche passo su una terrazza con Jean Paulhan, lui si è impadronito del rotolo e si è messo a gridare: ha letto Rimbaud e Mallarmé! In realtà avevo letto molto rapidamente in biblioteca due biografie di Rimbaud e di Mallarmé nient'altro che una poesia. Poco dopo Groethuysen mi ha portato in un caffè; seduti a un tavolo, abbiamo parlato a lungo; gli ho confidato che ero un renitente. "Forse possiamo aggiustare questa situazione." Senza aspettare il suo intervento ho deciso di consegnarmi in un commissariato. Condannato con la condizionale, ho raggiunto la Costa Azzurra. Ci può dercrivere Groethuysen? È quasi impossibile, tentiamo. Ha una grande fronte, la pelle delle tempie è molto sottile, aveva gli occhi azzurri, il suo sguardo era una fessura di luce. Aveva insieme qualche cosa di Victor Hugo, di Verlaine e di Pasteur. André Gide ha scritto di lui: Groethuysen era Socrate. Quando un giovane aveva fatto una relazione confusa, Groethuysen gli veniva in aiuto, diceva: "Ciò che ha detto questo giovane è molto interessante" e chiariva le sue idee. Tengo il suo ritratto dalla sua morte, nel 1946. Groethuysen sorride, ha lo sguardo divertito e le sue mani fini incorniciano il volto. Dunque è questo risvegliatore che la incoraggia à persistere nella scrittura? Sì. L'espressione poetica costa molto, ci sono molti tentativi che si fanno nello spirito. Nella prosa, quando ho scritto Travaux, l'esperienza poetica era presente, mi è servita. Mi ricordo di una frase di un romanzo di Conrad - molti personaggi sul ponte di un battello hanno la sigaretta accesa, in lontananza c'è un vulcano - una frase si può paragonare a una poesia. Molti dei suoi libri cominciano con un racconto d'infanzia. Sì. L'orientamento viene di lì. Mia madre aveva una fede semplice, le mie sorelle maggiori erano religiose. Il mondo della madre è un mondo poetico, con lei vado nei campi e nei boschi di Maidières. Nell'Est ci sono molte nuvole, il bosco a quell'epoca era ancora la foresta gallica, le querce sono centenarie, i faggi pure. Le mie sorelle maggiori lavano me e la sorella piccola, la domenica; con Elena vado alla messa, ma a sei anni dubitavo che il buon Dio fosse buono, guardando il grande Cristo della croce della Missione. Mio padre non mi avrebbe lasciato mettere nello stato in cui è il Cristo. Ero sognatore, ho avuto sempre il bisogno di comunicare, forse perché mancavo di sicurezza. C'è l'infanzia ... non mi considero come responsabile. Ho scritto poco, cinque libri sono pochi. Ho cominciato a quarant'anni in modo sostenuto perché all'epoca ero apicultore. E perché ho avuto delle api e del tempo libero che ho potuto scrivere. Ma non sono stato mai romanziere; in certo modo non mi sarebbe piaciuto esserlo. Non mi sarebbe piaciuto stare seduto per delle ore. Avevo bisogno di respirare, di camminare, di vedere la collina. Ma d'altra parte non potevo scrivere che a tempo pieno. Impossibile per me scrivere soltanto un po' la sera, il sabato e la domenica. Una pagina la si porta con sé, riJ?ensandola uno modifica un po' i suoi intenti, giorno dopo giorno. E misteriosa la scrittura. Anche la parola, no? C'è ciò che si vuole dire e ciò che si potrà dire. Per esempio, ho potuto scrivere Solitudine (un capitolo di
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