Linea d'ombra - anno XI - n. 83 - giugno 1993

mai avere culture che siano inclini alla prudenza, alla giustizia, alla forza d'animo, alla temperanza e alle altre virtù. Poiché la storia rivela che, senza le restrizioni, la disciplina e i miglioramenti dovuti alla cultura, gli esseri umani non sono "naturali", non sono "animali pensanti" o "scimmie nude", ma dei veri e propri mostri: assassini e distruttori indiscriminati e insaziabili. Noi siamo diversi dalle altre creature, in parte, per la nostra suscettibilità nei confronti della mostruosità. È forse per questa ragione che, col divampare delle grandi guerre del nostro secolo, abbiamo visto poeti come T. S. Eliot, Ezra Pound e David Jones fare uno sforzo per ritessere i brandelli della cultura e ristabilire i doveri culturali che sono, come sostiene Pound, "Conoscere la storia / distinguere il bene dal male / E sapere di chi fidarsi". E ci rendiamo conto, se seguiamo Pound ancora un po', che il recupero della cultura comporta, conduce, o equivale al recupero della natura: gli alberi si levano e tra loro s'estende un ampio prato ... sulla pietra d'altare mirra e olibano spandono profumo, e dove non c'era niente ora c'è un assembramento irsuto e tra i rami ora si sentono voci ... Nel recupero parallelo della cultura e della natura risiede la conoscenza su come coltivare bene, come raccogliere e preservare, come rimboschire le foreste, come fare, costruire e utilizzare, restituire e ripristinare. In questo doppio recupero, che è il recupero della nostra umanità, risiede la speranza che il domestico e il selvatico. possano coesistere in duratura armonia. Questo binomio di fedeltà e responsabilità, benché sia sempre difficile, e talvolta disorienti, è a quanto pare inevitabile. Una cultura che non valuta se stessa in base alla natura, in base al riconoscimento dei propri debiti nei suoi confronti, diventa distruttiva della natura e quindi di se stessa. Una cultura che non valuta se stessa in base alla sua migliore opera e alla migliore opera di altre culture (la cui identificazione è un compito senza fine) diventa auto-distruttiva e di conseguenza distruttiva nei confronti della natura. L'armonia è la fase positiva dell'inevitabile dialogo tra cultura e natura. In questa fase, inmodo consapevole e coscienzioso gli uomini si interrogano sul loro operato: è buono per noi? È buono per il nostro mondo? Domande e risposte in questa fase sono molto particolareggiate: si possono riscontrare solo in riferimento a determinati oggetti, eventi, luoghi, ecosistemi e piccole comunità. Quando la parte culturale del dialogo diventa troppo teorica o astratta, comincia l'altra fase, quella negativa. A questo punto non vengono più poste domande consapevoli e assennate; si cominciano a compiere azioni e fare cose con obiettivi e metodi dettati dalle cose stesse, la cultura si deteriora e la natura si vendica. La consapevolezza che ora si sta facendo lentamente strada in SCIENZA/BERRY noi è che la natura da cui siamo dipendenti in modo complesso è alla nostra mercé. È diventata, in un certo senso, un nostro prodotto perché può sopravvivere soltanto grazie a uno sforzo di comprensione e di indulgenza umana che dobbiamo adesso compiere. La sola cosa che abbiamo per preservare la natura è la cultura; la sola cosa che abbiamo per preservare lo stato naturale è la domesticità. Secondo me, questo vuol dire semplicemente che non siamo fuori pericolo quando supponiamo di poter preservare lo stato selvatico creando riserve naturali. Coloro che si rendono conto della necessità di preservare lo stato selvatico e la natura dovranno altresì rendersi conto che queste cose dipendono anche dalla nostra economia e dal nostro comportamento domestico. Se non abbiamo un'economia capace di valutare in modo particolare il bene a lungo termine delle località e delle comunità, allora non saremo capaci di preservare nulla. Dovremo capire che se vogliamo far sopravvivere le nostre foreste, dobbiamo costruire prodotti di legno che durino, poiché le foreste sono più minacciate da lavorazioni scadenti che dai disboscamenti e dagli incendi. Le buone lavorazioni, ossia lavori fatti bene, con cura e con amore, richiedono una riflessione ponderata sull'intero processo, naturale e culturale, implicito nella creazione di manufatti di legno, perché il buon artigiano non condivide il disprezzo mostrato dall'industria verso il "materiale grezzo". Il buon artigiano ama l'asse di legno prima che diventi un tavolo, ama l'albero prima che fornisca l'asse, ama la foresta prima che doni l'albero. Il buon artigiano comprende che un manufatto realizzato male è sia un insulto al suo fruitore che un pericolo per chi ne fornisce la materia prima. Potremmo dire, allora, che una buona silvicoltura comincia con l'uso rispettoso della foresta, che chiamiamo buona gestione, e alla fine produce tavoli, sedie e case ben fatti, proprio come la buona agricoltura inizia con la buona gestione dei campi e si conclude con un buon pasto. In altre parole, la conservazione si dimostrerà sempre più futile e insignificante se le sue rigorose esigenze non avranno una risposta positiva da parte di una economia che premi e incoraggi la buona gestione. La definirei un'economia d'amore, poiché si sforzerebbe per dare il giusto valore a tutti i materiali del mondo, in tutte le loro metamorfosi da terra e acqua, aria e luce fino a diventare i prodotti finiti delle nostre città e delle nostre case; e penso che l'unica vera motivazione per ottenere questo sarebbe un amore particolare per le cose locali, che proviene da una conoscenza profonda del territorio e da un'altrettanto profonda devozione a esso. La nostra attuale economia, al contrario, non tiene in nessun conto l'amore, il che equivale a dire non tenere in nessun conto il valore. È semplicemente una descrizione di come il denaro viene impiegato per saccheggiare sia la natura che la società umana. A quanto pare, poiché la nostra epoca è così palesemente indifferente alla vita dello spirito, molti concludono che essa attribuisce eccessiva importanza alle cose materiali. Tuttavia non può essere così, perché coloro che tenessero in gran conto le cose materiali si prenderebbero cura di esse e delle loro fonti. Potremmo obiettare che un'epoca che veramente apprezzasse e si preoc75

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