Linea d'ombra - anno XI - n. 83 - giugno 1993

SCIENZA/BERRY poiché dipende da riflessi, istinti e appetiti che non causiamo, e che non vogliamo e non possiamo, o che faremmo meglio a non bloccare. Viviamo, in parte, perché siamo creature domestiche, ossia, partecipiamo all'economia umana dal momento che ci "guadagniamo da vivere"; siamo capaci, con vario successo, di disciplinare gli appetiti e gli istinti allo scopo di produrre ciò che ci serve, i mezzi di sostentamento umano. E tuttavia è ugualmente vero che respiriamo, che il nostro cuore batte e che sopravviviamo come specie perché siamo selvatici. Lo stesso si può dire di una sana economia umana che si sviluppi organicamente a partire dal suolo.L'humus, nella misura in cui è fertile, è selvatico; è una scura materia incontaminata brulicante di vita selvatica, in definitiva inconoscibile. Si constaterà che una foresta o una messe, non importa quanto siano state deliberatamente curate dai guardaboschi o dagli agricoltori, sono in perfetta salute se sono selvatiche, capaci di collaborare con la terra, l'aria, la luce e l'acqua nel modo comune alle piante prima che l'uomo avesse messo piede sulla terra. Sappiamo per esperienza che lo sfruttamento delle piante può aumentare a tal punto da stravolgere la loro natura rendendole sterili, condizione che le piante selvatiche non sperimentano. Gli allevatori di animali domestici, analogamente, sanno che quando un progetto d'allevamento è troppo governato da obiettivi umani, o da considerazioni economiche o dalla moda, il risultato è l'inutilità. La dimensione o la produttività, per esempio, saranno raggiunte a scapito della salute, del vigore o della capacità di riproduzione. In altre parole, i cosiddetti animali domestici devono rimanere per metà selvatici, o per più di metà, perché sono creature della natura. Gli umani sono abbastanza intelligenti per selezionare un certo tipo di creatura, ma non abbastanza per crearlo. I loro sforzi per addomesticare completamente un animale, come quelli per addomesticare completamente un essere umano, sono destinati a fallire poiché essi non hanno, e senza alcun dubbio non avranno mai, la serie completa delle specifiche di produzione necessarie per generare le creature. Dal punto di vista umano, quindi, la produzione delle creature è un'attività selvatica. Il tentativo di rendere le piante, gli animali e gli uomini sempre più controllati da intenzioni umane continua con più determinazione e violenza che mai, ma ciò non vuol dire che sia più vicino al successo. Significa soltanto che aumentiamo la violenza e la grandezza delle reazioni previste. Essere separati dalla natura, dallo stato selvatico, allora, è un disastro umano poiché si tratta d'essere separati da noi stessi. Confina la nostra identità in quanto creature entro i limiti della nostra comprensione, cosa invariabilmente errata perché invariabilmente riduttiva. Riduce la nostra grandezza, il nostro mistero, a una sciocca e gracile comprensibilità. Tuttavia, dire che non siamo separati e che non siamo separabili dalla natura non vuol dire che non c'è alcuna differenza tra noi e le altre creature. La natura umana partecipa della natura, è parte d'essa e tuttavia distinta. Avvertiamo la diversità come disagio, o difficoltà, o pericolo. Non è facile vivere con la natura. È dura quando piove sul vostro fieno tagliato, o diluvia sulle vostre 74 Fotodi Ston Osolinski (agenzia G. Neri). coltivazioni o quando i lupi assalgono il vostro gregge; è dura quando la natura non rispetta le vostre intenzioni, ed essa non le rispetta mai completamente. Per di più, questi sono i problemi di tutti noi, di tutta l'umanità. Gli esseri umani che non li riscontrano ne sono esentati solo perché pagano (o sottopagano) altri esseri umani come i contadini affinché si occupino della natura per loro conto. Inoltre, non è solo l'umanità dipendente dall'agricoltura che ha dovuto sopportare pazientemente i pericoli e le frustrazioni derivanti dalla natura; questo è stato anche il destino delle società cacciatrici e nomadi, e neanche gli esseri selvatici vivono sempre in modo confortevole e facile con la natura. Tuttavia gli esseri umani differiscono dalle altre creature nella misura in cui essi devono essere formati come sono, ossia, nella misura in cui essi sono i prodotti della loro cultura. È vero che ciò che potremmo anche chiamare cultura determina la formazione di alcuni uccelli e animali, ma questo condizionamento è così inferiore a quello che forma gli esseri umani da essere quasi tutt'altra cosa. Prendere una creatura che è biologicamente un uomo e fame un essere umano in modo compiuto è un compito che richiede molti anni (e c'è anche chi qualche volta teme che esso esiga più di un'intera vita), e questa grande fatica per formare l'essere umano è necessaria, credo, a causa della nostra posizione di potere. Nella gerarchia del potere tra le creature della terra, noi siamo al vertice e siamo divenuti i più forti da molto tempo. Adesso siamo oltremodo potenti, capaci di fare più danni di alluvioni, bufere, vulcani e terremoti. E così è più importante che

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