INCONTRI/MONTAGUE Quali sono le sue pubblicazioni più recenti? Ho raccolto le poesie d'amore in un'edizione canadese, splendidamente illustrata, che uscirà presto anche negli Stati Uniti. A primavera uscirà a New York la raccolta di novelle Death of a Chieftain (1964), ampliata e con un nuovo titolo, Occasion of Sin. Mount Eagle del 1989 è l'ultima raccolta di poesia. A cosa sta lavorando attualmente? Con l'età è più difficile. Non c'è più il fuoco della giovinezza, c'è un altro genere di fuoco. Ho appena finito un libro sugli anni della scuola in Armagh, il cui manoscritto ho qui con me a Roma. Doveva essere autobiografico, ma poi l'ho cambiato aggiungendo alcune poesie in prosa. Ci sono stupende poesie in prosa francesi, che ho letto quando ero più giovane, e ora ho voluto vedere se si poteva fare la stessa cosa in inglese. Sono al tempo stesso sorpreso e compiaciuto delle mie quattro poesie in prosa. Mi affascina l'idea di creare in un breve brano di prosa la medesima tensione della poesia. Ho tradotto dal francese Francis Ponge e ne sono stato ricompensato ora con le mie quattro poesie aggiunte a Time in Armagh. Nel saggio The lmpact of Intemational Modem Poetry on Irish Writing del 1972 lei ha sottolineato l'importanza della traduzione, innanzitutto per far circolare le opere delle diverse tradizioni, ma anche come percorso terapeutico adottato dagli scrittori irlandesi per sottrarsi all'influenza troppo forte della letteratura inglese e americana. Oggi può aggiungere altro? La maggior parte dei poeti della mia generazione, ma anche quelli più giovani, sono coscienti che gran parte del nostro passato è in gaelico e dal momento che non vogliamo essere tagliati fuori da quel passato, siamo perennemente tentati di tradurre dall' irlandese, specialmente ora che i testi sono reperibili e filologicamente accurati.L'altra lingua da cui ho tradotto è stato il francese, forse per l'esempio di Joyce e Beckett. A diciotto anni ho letto Baudelaire e Rimbaud, e ho poi tradotto gran parte della poesia francese contemporanea per il gusto di sentirla più vicina a me. E la poesia italiana? Ne ho una conoscenza sporadica. Non so perché sono stato più attratto da quella francese. Forse perché il mio nome suona così francese. Sono cose sepolte nell'inconscio. Ovviamente ho letto Montale, Quasimodo e Ungaretti. C'è stato un periodo in cui la poesia italiana ha circolato nel mondo più di quella francese. A differenza di Desmond O'Grady, un mio coetaneo autore della raccolta Tipperary - e non a caso la poesia del titolo è una riflessione sulla matrice gaelica di quel toponimo - che vive da tempo immemorabile a Roma, e che ha tradotto tanta poesia italiana, io non ho mai prestato alla poesia italiana l'attenzione che merita, ma sono rimasto molto colpito dall'intelligenza di Montale e ho letto alcuni sonetti del Belli tradotti - credo - da Harold Norris. Venendo da un ambiente cattolico, sono stato stregato dalla sua licenziosità e dal suo humour. Con Belli torniamo a Roma, e all'Italia come centro della cristianità e al tempo stesso della sensualità pagana. Lei venne a Roma nel I 950 per l'Anno Santo e nel 1987 hapubblicato il breve romanza Tue Lost Notebook, che elabora quella sua esperienza 66 giovanile. Perché ci è voluto tanto tempo? Ci sono esperienze difficili da digerire, ma in questo caso c'è una precisa ragione politica. In quel periodo, nell'87, in Irlanda ci sono stati due referendum, uno sul diritto del nascituro e uno sul divorzio. Ai miei occhi i risultati furono disastrosi. Non solo io, ma anche tanti miei amici pensarono che l'Irlanda stesse precipitando di nuovo nell'oscurantismo medievale che avevamo conosciuto da ragazzi. Tanti mi chiesero di fare qualcosa. Invece di scrivere una lettera all"'Irish Times", come scrittore, decisi di riprendere in mano quel taccuino di appunti a cui avevo lavorato saltuariamente nel corso degli anni e di pubblicarlo in Irlanda. Per timore che la gente non capisse di che si trattava, lo avrei fatto illustrare in modo molto esplicito da un artista irlandese e poi sarei stato a vedere se anche contro di me sarebbe scattata la censura. Questo conferma la mia impressione che il libro è improponibile in Italia. Perché il tema non è abbastanza universale? No, è il modo di trattarlo e di proporlo oggi a essere tipicamente irlandese. Al lettore italiano sembrerebbe piuttosto una guida dell'Italia degli anni Cinquanta, smarrita in un cassetto e annotata in margine dal solito giovanotto irlandese frustrato che incontra la solita "fanciulla infiore" disinibita e americana sotto il peccaminoso sole del Mediterraneo. Ai nostri occhi andrebbe perduta irrimediabilmente l'ironia della sua terapia "psicoletteraria" dell'inconscio collettivo irlandese, che ci ha così accuratamente spiegato. Non mi persuade del tutto, perché ho sempre creduto che anche in Italia ci fosse una buona dose di puritanesimo che rendeva complicato il rapporto tra i sessi. Certamente, ma con risultati diversi. È più interessante• soffermarci sui pregi e_lecaratteristiche del romanza, che è finora l'unico pubblicato da lei. Avevo presente Henry James, naturalmente. E anche Henry Miller? Certo, il personaggio del giovanotto irlandese doveva essere quasi caricaturale perché contrapposto al modo di essere di un'americana: erano le mie due anime a confronto. Ma non è facile per me parlare d'amore in prosa. Meglio la poesia. Torniamo ora alle sue due anime, ma sono solo due? Brooklyn, Garvaghey, Armagh, Dublino, Yale, Berkeley, Parigi, e ora Cork e New York! I primi due luoghi non li ho certo scelti io. Sto ancora cercando di capire che cosa abbia significato per mia madre ritrovarsi incinta nel 1929 a Brooklyn, circondata da tanti cattolici italiani che trovava terribili. Una cosa che a ripensarci mi fa quasi ridere. La Grande Chiesa ha tante sfumature. Vivevamo in un bar clandestino, un ambiente abbastanza tumultuoso. Ma sono sempre rimasto affascinato dall'America e dalla cultura americana. Infatti qualche critico haparlato di un suo debito verso William Carlos Williams.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==