La luce Come passano gli anni si fa più grande il numero di chi giudica e manda; come passano gli anni e tu discorri con meno voci, guardi il sole con altri occhi: lo sai che quelli che restarono ridevano di te, delirio della carne, danza leggiadra che approda a nudità. Come, a notte, girando nella strada maestra solitaria, vedi d'un tratto luccicare gli occhi d'un animale, già spariti, avverti i tuoi occhi così. Guardi il sole, ti perdi nella tenebra; e la tunica dorica che si fletteva al tatto delle tue dita come le montagne, è una statua di marmo nella luce, la testa nella tenebra. E quelli che lasciarono la palestra e brandirono gli archi vibrando il colpo sul maratoneta animoso (egli vide la pista veleggiare nel sangue e farsi vuoto il mondo come la luna e sfiorire i giardini di vittoria), tu li scorgi nel sole, dietro il sole. E i ragazzi che facevano i tuffi dai pennoni vanno giù come fusi che filano ancora, ignudi corpi, a picco dentro la luce nera con l'obolo fra i denti e ancora nuotano, mentre il sole con aghi d'oro cuce vele, legni bagnati, tinte di mare aperto; calano ancora sghembi ai ciottoli del fondo, olle bianche. Angelicata e nera, luce, riso di flutti3 nelle strade maestre del vasto mare, lacrimoso riso4, ti guarda il vecchio supplice pronto a varcare le segrete soglie5 , specchiata nel suo sangue donde Eteòcle col fratello nacque. Angelicato e nero, giorno: il gusto salmastro della donna che uccide di veleno il prigioniero esce dall'onda, fresco ramo6 adorno di stille. Canta, piccola Antigone, canta ... io non ti parlo del passato, parlo d'amore: adorna i tuoi capelli con le spine del sole, fanciulla cupa: è tramontato il cuore dello Scorpione, il tiranno è fuggito di dentro all'uomo, tutte le figlie del mare, le Nereidi, le Gree7 POESIA/SEFERIS Seferisal teatro di Dioniso. Atene 1965 accorrono al barbaglio dell'anadiòmene: cras amet qui numquam amavit8· nella luce: tu sei in una grande casa con tante finestre spalancate, corri da stanza a stanza, e non sai dove guardare prima, ché fuggiranno i pini, le montagne specchiate e il pigolio degli uccelli, si farà vuoto il mare, vetro frantumato, al vento di Nord e Sud, e si faranno vuoti i tuoi occhi di luce, come d'un tratto, insieme, tacciono le cicale. Poros, "La Quiete", 31 ottobre 1946 Note 1) Plutarco, Consolazione adApollonio, 115 d. Per l'esegesi dell'_intero poemetto cfr. la Lettera sul "Tordo", infra, pp. 149 sgg. 2) Cfr. Eschilo, Agamennone, v. 438. 3) Cfr. Eschilo, Prometeo, v. 89. 4) Cfr. Omero, Iliade, VI, v. 484. 5) Il vecchio supplice è Edipo, padre di Eteocle e Polinice e di Antigone. S. ha presente soprattutto l'Edipo a Colono di Sofocle, di cui non mancano echi testuali. 6) Reminiscenza dell' Erotòkritos, I, v. 57. 7) Ninfe marine: cfr. Esiodo, Teogonia, v. 27()-. 8) Emistichio del Pervirgilium Veneris, che abb(amo riprodotto nel testo originale, mentre S. lo traduce. 61
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