forza: le strade erano scivolose. Per me adesso il foglio di carta è come il vetro che usano i pescatori per vedere dentro il mare. Quando comincia a imbrunire, la tensione arriva a un punto culminante in cui non si può vivere facilmente o affatto. Entro in uno stato di magia ineffabile e incomunicabile. La notte è diventata uno dei personaggi del dramma33 , assolutamente viva e despotica, come la gorgone che con le sue braccia ferma le navi con una domanda: "Vive Re Alessandro?" - o chiunque altro34 • L'ora della battaglia con un punto interrogativo, senza una parola articolata, all'estremo di una curva che rotea e diventa una spirale. In quel momento non riesco ad avvertire nulla tra le due estremità: l'amore e la morte. Ho riflettuto su tutto, così a lungo da smantellarlo per intero: idee, desideri, corpi: è diventato tutto, un fiume, un succo arboreo, la pioggia - qualcosa di fatale, avvinto al più profondo fondamento dell'uomo, quando si manifesta in singolari momenti di dolore, di pericolo, di impeto insostenibile. Giovedì, 6 aprile 1933 Caro amico mio, la tua lettera mi ha trovato qui due o tre settimane fa. Non so. Ho perso ogni contatto con il tempo, ogni rapporto. Come spiegartelo? Come in questo momento, mentre sono seduto nel mio studio e ti scrivo, ho l'impressione che il tempo si trovi nella stanza accanto e badi ai propri affari; per una volta sono sicuro che non si trova qui. Se andassi nella stanza accanto se ne andrebbe via anche da lì, un attimo prima che io apra la porta; per andarsene ancora più in là, e così di seguito. Ciò è dovuto al fatto che ho ancora la sensazione di vivere in un albergo sterminato con milioni di stanze; credo che il mio lavoro sia quello di aprire le porte, e il lavoro del tempo sia quello di aprire la porta che si trova più in là, un attimo prima che la apra io - il lavoro del mio tempo ... Niente va avanti, niente va indietro: l'ora dell'amore, l'ora del pensiero, l'ora del giorno non esiste; non esiste l'ora, non esiste niente, neanche l'ora dell'infelicità. È tutto quanto insieme contemporaneamente, mescolato e raggelato. Non esiste né sonno, né veglia, né stanchezza; esiste tutto quanto insieme; nessuna successione, nessuna attesa, nessuna distruzione - tutto quanto insieme. E la cosa peggiore, questo arresto non è la morte; che cosa vuol dire "morte"? Che cosa vuol dire "inesistenza", mentre questa condizione disumana vive e regna? Se tu mi vedessi, amico mio, vivere, parlare, muovermi, ordinare, o attuare, penseresti, a ragione, che sia pazzo a scrivere così. Ed io stesso l'ho pensato: come è possibile, dissi, avere questa insormontabile sensazione e non essere morto o non avere almeno manifestato qualcosa? Eppure è così. Tutti noi siamo vestiti con le nostre antiche abitudini; con queste ci presentiamo sotto una forma definitiva; con queste ci riconosce il mondo, e i nostri amici, e le nostre donne. Ma in fondo a noi, che cosa avviene? quali sono gli uomini che vivono? che cosa soffrono? chi li tortura? chi li conosce? Dimmi, chi? - Nessuno, neanche il nostro io. Statti bene Stratis Thalassinòs Domenica, 16 aprile 1933 ... L'altro ieri è venuto a trovarmi, dopo mesi, Mattia Pascal 3 5 • Stavo leggendo il Purgatorio di Dante. Ma questo è un altro SAGGI/SIIFIRIS discorso. Mattia Pascal è entrato trafelato nel mio studio. Da quando non l'ho più visto, si è molto appesantito. Gli ho chiesto che cosa fosse successo tutto questo tempo. La sua storia era abbastanza strana. Me l'ha raccontata con espressioni inconsuete, distratto e nervoso -· tutte e due le cose insieme. In poche parole, s'era innamorato, e questo suo sentimento, diceva, gli aveva fatto capire di non appartenere a niente. Gli dissi: "Sono contento, sei libero allora". Mi ha guardato, ha aperto la porta e se ne è andato via: mi ha lasciato l'impressione di averlo ingiuriato. Al parco, lo sterminato tappeto verde inglese, orizzonte basso e stretto. Tinte d'acquarello. Si ha la sensazione che dietro l'acquarello esista una provvigione di felicità rinchiusa e custodita dai ragazzi che siamo, quanti siamo in vita. Tre persone di fronte a me: una quarantenne, vestita di nero, magra, brutta e con i denti e le rughe del volto scoperti; un uomo giovane, forse il fratello, con gli abiti della domenica, un impiegatuccio forse; e un bambino vestito alla marinara[ ...] Giocano con una palla non più grande di una pallina da tennis. Gioco da cani. Pensai al loro lento rientro a casa, alle misere vivande fredde della domenica. Al darsi la buonanotte e al ricominciare della settimana. Alla loromalattia. Alla malattia di tante persone come loro e di altre peggiori, che è la malattia del mondo. E pensai anche se per caso tutti noi altri non fossimo che i primi malati, i deleteri, se per caso fossimo stati noi a contaminarli. Pensai a tutto questo con raccapriccio ... Mercoledì, 22 novembre 1933 La città. È angoli bui dove l'amore si fa all' in piedi, con donne senza volto, un mantello marrone e cosce devastate. Dall'angolo la coppia non esce insieme: uno a sinistra, l'altro a destra; talvolta la donna urla; perun attimo uno spasimo impersonale; nient'altro. Di domenica la città è strade in cui non passa assolutamente nessuno; per questo sembrano sudice: fogli strappati mulinano con tutto il loro comodo. Nel parco, se non piove, si vede un cagnolino; dietro di lui, una donna; dietro alla donna, il suo profumo: tardivi, metod.içi,domenicali.L'erba è sempre verde: la nutre la pioggia perpetua. Paese senza dèi: soltanto con il dio che è la paura. Nondimeno nessuno.ha l'aria impaurita: si riconosce il dio dalle tracce che ha lasciato su di loro. Come si può mai amare questa città? Non ha una forma: ma diviene talvolta una musica di volumi, di forza, di edifici e di ospedali: il fiume sostiene la linea melodica. Di sera tutto si smarrisce e diventa palpabile. Che cosa sognano le persone che dormono sulle panchine bagnate? Quali Erinni? Il fiume segue la propria strada (lo si avverte) lentamente, con insistenza. La nebbia che lo ammanta è forata dalle pubblicità: si cancellano e ricominciano; occhi vacui, spossati dalla fatica; la gente nelle ferrovie sotterranee che rientra a casa; i sabato sera alcuni vomitano, altri si avvincono a donne truccate squallidamente, dalle unghie sporche. 12febbraio 1934 Sono arrivato ad Atene: nella casa nuova, la sconosciuta . Kidathinèon, 9, Plaka36 • 57
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==