Linea d'ombra - anno XI - n. 83 - giugno 1993

continuarono a iscrivere, per qualche minuto, archi sulla polvere della strada. A volte vedo me stesso finire in quel modo; e quando si arriva a questo punto, soltanto la viltà ci regge. Sono profondamente malato; non è il mio corpo, non è neppure lo spirito: è questa mia vita orribile. Converso bisbigliando. Con chi? Sono certo che esiste un qualcuno, o più di qualcuno, e bisbiglio con loro senza mai fermarmi [...] Le cose inanimate entrano di loro volontà nella mia vita cosciente ... 2 gennaio 1928 Ritorno da strada; la mia camera. Conosco il letto che mi aspetta, e il risveglio di domani, e il lavoro quotidiano. Fuori è morbida la notte, e le strade sono umide. La mia anima, libera, e con tutte le sue finestre aperte. Le amarezze: la morte inevitabile, amori condannati a finire, la miseria dell'esistenza umana s' aggiravano tra gli spiragli come rugiada primaverile e non mi disturbavano. Scrivo senza pensare a quanto poco sia pronto per certe cose. La penna che si sta trascinando sulla carta mi dà un piacere materiale. Sto fumando, non chiedo che cosa ci sia dentro di me; il tram che sento rotolare sui binari non mi disturba. Scrivo senza alcun fine preciso. Trovo che fanno bene gli uomini ad andare dove vanno, e con tutto ciò, con le illusioni, gli inganni, e con così tante altre cose, credo che non esista verità che non scaturisca dall'uomo. Voglio qualcuno da ringraziare per questa offerta di pace. Faccio per lasciare la penna per pensare meglio, ed ho paura che il pensiero possa per caso rovinare l'equilibrio 8 • Le orecchie mi fischiano; credo sia lo scroscio del tempo che passa. Non conosco porto: mi sarebbe benaccetto, qualunque esso sia. Ritrovo gli angeli che s'erano smarriti, avverto le loro ali svolarmi attorno. È la prima volta che, dentro questa mia camera, trovo il senso del riposo, dell'interruzione, dell'assenza, che l'uomo della provincia trova in una selva remota. So che ... Attento! sono scoscese le svolte ... Solo che lì, lontano, oltre la collina, vedo venir giù il pensiero disperato che sei forse un servo della felicità. 28 ottobre, 1929 [...] Prova tre Megafono "Fac quod in te est" (De imitatione Christi, I, VII) Porgi l'orecchio: ascolta, suoni fermentano in una casa intrisa d'oscurità, tendi le mani che le dita possano palpare l'ammanto della notte abbandona i colori inseguiti, i tratti dei volti scomparsi valica l'umana pena. Sulla pelle del tamburo avventa il tatto e l'udito, avventali come scandaglio nell'oceano e il respiro, trattienilo, abbandonati all'oscurità: genera anelli - sono i cerchi del bersaglio - si allenta la stretta del laccio. Affranca gli angeli che così a lungo genuflessi piangono nella tua anima, lasciali ritrovare il corpo nel grande mondo, nei fiori, • • 9 nei pavoni ... Isola di Skiathos, 1930 SAGGI/SIHRIS Dopo il tramonto, salimmo sul monte. Un sentiero tra i liodentri; in cima la chiesetta. Per strada, un vecchio cieco seduto su di un muretto, una mano sull'altra; la barba bianca, lo sguardo fisso. Più giù, una vecchia con 1 capelli come la canocchia, che custodiva delle pecore. Quando arrivammo, guardammo di sotto l'altra gola; l'odore del pino. Tranquillità. Potesse essere la mia anima come il mare, in quel momento, che si dileguava immoto 10, che appariva quasi una bilancia, dandoti con questo solo bi sensazione di arrestare il destino11 • Il monte, di fronte, cupo, una massa nera, e sulla linea del dorso, un palmo più in alto, la Stella vespertina. Guardai dentro la chiesetta dalla porta semiaperta. I* stava accendendo la candela davanti al reliquario. La miserevole cortina rossa del portale centrale. Le lucerne davano una luce mite che allineava nicchie d'oro. Un'atmosfera dorata e nera: dorata, spruzzata da minuta polvere d'incenso. Scendemmo; un mulo, una mucca rossa, poi l'abbaiare d'un cane sulla lettura infinita: il mare. 29 novembre 1931 ... Tutto questo per dire che si ha un'immagine strana di se stessi, quando si scrive, più profonda forse, più esigente. Che ne so! Penso che sia la voce umana a essere la cosa più bella. Un tono più lieve e si è detto tutto, e ciò che è più importante, senza che lo si dica. Non si deve tentare di comprenderlo come fosse una frase fatta, ma comprenderlo nell'intimo. Se ne ricaverebbe tutta una poetica. Guardo la mia vita: una voragine (non sto adoperando le parole emotivamente ma nel loro senso fisiologico). Davanti al foglio bianco - questo qui e tutti gli altri che distruggo ogni giorno - si ripresenta la stessa domanda: che cosa voglia dire tutto ciò: gesti, emicranie, servizi d'ufficio, aldilà, e così via; tutto ciò che alla rinfusa s'intreccia in quest'individuo che ti sta scrivendo adesso alle undici di sera da una grande città12 • Innalzano i loro palazzi, le loro case, piantano i loro giardini: dabbasso la terra è cava e il suo rumore sordo non lo sente nessuno. Sto lavorando [...] sto cercando di scrivere qualcosa che si ascolti 13• Mi affanno: i giorni in cui mi vengono fuori cinque versi ringrazio lddio. Però lavoro duramente, con disperazione. Così tanto che molte volte mi chiedo a che cosa serva tutto ciò, e se non sia io, alla fine, qualcuno che ammazzi il tempo con giochetti puerili. So di non avere altrimenti salvezza[ ...] Ma anche tu hai 53

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