Linea d'ombra - anno XI - n. 83 - giugno 1993

STORIE/TEKIN E quando le lacrime si asciugarono, si videro donne che non volevano più saperne di fazzoletti per coprire la testa, e ragazze che giravano a braccia e gambe scoperte come le attrici. ripescate nei rifiuti, sacchetti di plastica, bottiglie e qualsiasi cosa riuscissero a trovare, tutto servì per far risorgere baracche. E un giorno un uomo arrivò su una candida automobile, presentandosi come il proprietario delle immondizie. Fu picchiato a sangue, e sul sangue rappreso sul suo volto si appiccicò il cotone dei materassi ormai disfatti. Né letti né coperte e neppure sassi e cocci erano rimasti per tirar su una casa. Le ultime costruzioni si rimpicciolirono a tal punto da sembrare case di nani. E anche queste furono spazzate via dal vento. Addolorati, gli uomini guardarono le case allontanarsi nel vento, e la sera si rifugiarono in uno dei cantieri all'imbocco di Via Rifiuti. Le donne si ritirarono in un angolo con i bambini, e gli uomini sedettero attorno a Giillii Baba, che assorto nel dolore, il capo tra le mani, ascoltò se stesso a lungo, in silenzio. Quindi, con la guancia appoggiata al bastone, cominciò a parlare sottovoce. Consigliò alla gente di fermarsi nel cantiere finché i demolitori non avessero perso la memoria del luogo sulla collina dove erano erette le baracche. "Ci approprieremo dell'immondizia e costruiremo delle nuove case" disse. Fino a tarda ora discussero animatamente come avrebbero venduto ferro, bottiglie e plastica ripescati. Continuando a parlare, dal cumulo d'immondizia trassero fuori oro e pietre preziose. Chiusi gli occhi, abbagliati dal fulgore delle pietre, caddero nel sonno. Gli occhi insonni di Sllllla restarono fissi nelle tenebre. E nelle tenebre percorse in treno una strada lunghissima. Si vide seduta ad aspettare accanto alla madre, sotto un ponte di pietra. Ogni persona che passava le sembrava assomigliasse al fratello maggiore. Ella ·non vide scorrere le case lungo i viali e il mare, e mai il suo sguardo si distolse dal volto del fratello. Molto si stupì nel vedere la loro nuova casa in città tanto più piccola di quella lasciata al villaggio. Tutta confusa nella sua delusione, quel giorno non osò avvicinarsi a suò padre. Quella notte i suoi pensieri ripercorsero i giorni vissuti sotto il tetto dello zio e tante altre cose, che svanirono nella sua mente alle prime luci del giorno. Sgusciò allora fuori dalle braccia della madre e corse verso il luogo della loro casa, sulla collina. Andò cercando in lungo e in largo vetri infranti, sassi, bottoni e tappi di bottiglie. Lì, dove si era strappata i capelli, ansimante si sedette, e con vetri infranti, un vecchio pettine di plastica ridotto a due denti, bottoni e tappi costruì una casa minuscola. La mattina tornarono i demolitori, e là dove sorgevano le baracche videro una fanciulla che giocava alla casetta. Varie volte le girarono attorno e quindi se ne andarono. Da quella mattina non comparvero più sulla collina. Dopo aver aspettato per tre giorni l'arrivo dei demolitori, la gente si radunò attorno al cumulo d'immondizia e ne estrasse un'asse di legno contorta. Con un pezzo di carbone, sulla sua superficie iscrissero a caratteri sbilenchi "Monte di Guerra". Insieme lo trasportarono in basso e lo appesero al muro di una bottega all'imbocco di Via Rifiuti. Un mese dopo, la grande targa di legno fu rimossa da due uomini in uniforme e sostituita con una azzurra in metallo con su inciso "Montefiore". Dopo il conferimento ufficiale del nome "Montefiore", centinaia di persone, che avevano sentito della fine delle distruzioni, ingannate, dalla bellezza del nome, raggiunsero la collina. Per 44 J fermare il flusso ininterrotto della gente si scavarono fossati e si eressero cumuli di sabbia e sassi trasportati da grandi camion. Con le pale, la gente, che continuava ad affluire, riempì di sabbia e sassi i fossati e salì sulla collina. In una notte, alla luce delle lanterne, altre cento baracche spuntarono su Montefiore, e di giorno i terreni adiacenti, non ancora occupati, furono suddivisi e delimitati con piccole pietre e filo spinato. I proprietari dei terreni arrivarono ad uno ad uno dai villaggi con tutte le loro cose. Dopo aver eretto la propria baracca; vi si insediarono. AMontefiore, ancor prima della fioritura, dalle baracche, alcune delle quali stavano faccia a faccia, mentre altre si davano le spalle come fossero corrucciate, sorsero tre diversi quartieri. A tutti e tre i bambini diedero un nome. Il primo si chiamò Fondofabbrica, il secondo Sottorifiuti e il terzo Boccafiume. (...) Mentre su Montefiore la corsa agli acquisti andava avanti a gonfie vele, Cemal il Curdo piantò in mezzo alla collina dei rifiuti il cinema che l'intera comunità sognava da parecchio tempo. "Lenticchie", che per la sua gobba stava a casa a stomaco vuoto e per la sua statura bassa incassava perennemente l'umiliante soprannome, ebbe così la possibilità di campare da uomo sandwich pubblicizzando i film, un lavoro finora sconosciuto a Montefiore. Lenticchie infilò il cartone pubblicitario sulla gobba e incominciò a gridare una serie di motti "amore, tirannia, sangue, vendetta amara", che aveva imparato a memoria. La sua voce convincente riempì le baracche e la corsa agli acquisti lasciò il posto alla corsa al cinema. Al cinema Goniil la Matta sprofondò nel sonno. All'entrata lavò di pioggia il suo viso. Il bigliettaio guardò le gocce scendere dai suoi capelli e dalle ciglia e la lasciò entrare senza pagare. Allegramente Goniil la Matta saltellò dentro. "Sei senza casa, ragazza?" chiese il bigliettaio. Goniil la Matta alzò le spalle e gli mostrò la lingua. Il bigliettaio cercò di afferrarle il seno. Balzando indietro, Goniil la Matta coprì di insulti il bigliettaio che si mise a ridere. Enormi edifici il marito di Goniil la Matta Sotto il peso del tappeto percorreva a fatica la strada dei palazzi. Giunto in un'altra strada si fermò e alzò la testa verso l'alto. Lo sguardo si schiantò sulle labbra rosse urlanti di una donna dai capelli platinati. Improvvisamente l'urlo si materializzò in due portinai che affiancarono il marito incredulo di Goniil la Matta. Fu gettato in prigione come ladro del suo tappeto ch'egli cercava di vendere. In prigione squarciò il ventre di un uomo. Fischi e lazzi delle baracche Goniil la Matta Penombra su Montefiore. Camini di fabbriche. Crepuscolo. Gli occhi di Goniil la Matta errarono per lt; strade in cerca di suo marito. Ma le strade la condussero altrove. Incontrò una donna che eseguiva lavori mai.uali presso le Industrie Montefiore il cui marito era in prigione. (a supplicò a lungo e la donna la prese con sé nelle sue visite. In prigione Goniil la Matta sollevò gran chiasso pestando i piedi, e se ne tornò alla sua baracca a dormire tutta sola. Un maestro tagliatore di una delle botteghe tessili delle Industrie Montefiore, dalle nere sopracciglia, volle possedere la solitudine di Goniil la

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