Foto di Vincenzo Cottinelli. Appena fu giorno i demolitori ricomparvero. La gente esausta, pigiata nelle baracche, fu scossa dal rombo metallico dei bulldozer. La paura serrò. loro le palpebre, strisciando per terra uscirono e scaraventarono fuori materassi, kilim e tutto ciò che rimaneva in casa. Avanzando in cerchi concentrici, i bulldozer schiacciarono le baracche, sgretolarono ciò che restava dei mattoni e dei cocci di terraglia finché divennero lisci come farina, spezzarono le assi in maniera uniforme, dispersero per ogni dove le lamiere accartocciate. Come erano venuti se ne andarono rombando; anche i camion si allontanarono. Gli operai, che avevano seguito tutta la scena dalle finestre, tornarono in silenzio al lavoro. E sulle macerie delle baracche abbattute riprese la nenia di Sirma. Quindi con furia prese a calci la polvere, si strappò i capelli, afferrando il suo corpetto si lacerò la veste e si gettò a terra straziata dal dolore. Le legarono nuovamente le mani e chiamarono in soccorso Giillii Baba, il più anziano del quartiere. Tastando il terreno con il suo bastone, Giillii Baba arrivò e si accovacciò accanto a SIITOa.Cercò a tentoni il suo corpo che si contorceva e avvicinò il viso alla fanciulla, tremante sotto le sue mani. Per lungo tempo, sostenendosi al bastone recitò borbottando le sue preghiere e sparse tutt'attorno ure benefico soffio. I tremiti di Sirma sotto le sue mani lo riempirono di commozione e lui pure si lasciò andare a canti lamentosi. Ed ogni qualvolta Sirma tese i lacci con i suoi tremiti, lui pure fu scosso. Guardando le lacrime che scorrevano dagli occhi rattrappiti di GiilliiBaba, SIITOapian piano si calmò. Cessò di tremare. Il vecchio STORIE/TEKIN allora si asciugò gli occhi e tacque. Piegandosi in avanti, prese le mani legate di SIITDanelle sue e soffiò sul suo viso ricoperto di fango le parole "colomba candida, non piangere, siano le tue mani libere di raccogliere ciò che ti pare". Allora i suoi polsi furono sciolti, SIITDasi fece timidamente largo tra la folla e si mise a raccattare pezzi di latta. Dietro a lei la folla si disperse per la collina. In un attimo vecchi stampi di gesso e scarti della fabbrica di porcellana si trasformarono in muri. Gli uomini attaccarono lite con gli accattoni che scapparono lungo il corso d'acqua. Sacchetti di plastica e ceste diventarono soffitti. Sorsero delle case metà ciarpame, metà stampi di gesso, metà cocci che il giorno dopo i demolitori buttarono giù a calci. E fino a sera la gente continuò ad ammassare sulla collina latta, pietre, legno e qualsiasi materiale trovato tra i rifiuti per tirar su spettri di baracche che il giorno successivo venivano distrutte. Per trentasette giorni continuò la distruzione, giorno dopo giorno. Dopo ogni incursione le nuove costruzioni diventavano più piccole e pian piano persero ogni parvenza di casa. Gli uomini, avvolti in brandelli di tessuto, diventarono fantasmi coperti di polvere, fango e rifiuti. Tre bimbi, spossati dal freddo e dalle continue distruzioni, salirono in cielo davanti agli occhi dei demolitori. Una vecchietta che aveva ferito un demolitore con l'ascia lasciò la collina con due gendarmi a fianco. E quelli che restarono rimasero senza fiato a furia di raccogliere lattine e frugare le immondizie. Alla fine, non un solo albero era rimasto sulla collina. L'ammasso di immondizia era stato accuratamente setacciato. Lattine arrugginite, teste di lampadine, scarti di piatti, scatole di cartone 43
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