STORIE/KEMAL Ora il sole era alto nel cielo e il calore avviluppava la pianura. "Figlia mia," disse la cieca. "Huru, figlia mia, i bambini stanno bruciando. Moriranno con questo caldo. Vieni, cara, vieni a metterli alla mia ombra." La cieca era seduta con la schiena rivolta al sole. Huru mise i due bambini alla sua ombra. "Ma," disse, "madre, a mezzogiorno non ci sarà ombra. Cosa faremo allora, madre?" Le labbra della cieca tremarono. La sua bocca era sottile e tirata, e le labbra le scomparivano fra le grinze. Aveva il viso piccolo come il palmo di una mano. Gli occhi affondati nelle orbite. Sotto le ciglia chiuse si muovevano continuamente due piccoli bulbi. Le sue mani sottili, tutte pelle e ossa con le vene gonfie e visibili, erano macchiate di chiazze piccole e grandi, come bruciature. Seduta lì, la sua forma non era più grande di quella di un bambino. Quando i bambini piangevano chiamava Huru con voce piena di buona volontà e di gentilezza. La chiamava perché li allattasse. Poi oscillando lievemente cantava loro una ninna-nanna. "Dormi, dormi, piccolino, dormi, dormi, nanna-oh Crescerai in un bel giardino, ninna-nanna-nanna-oh." Aveva una voce così gentile la vecchia. Una voce che calmava il pianto dei bambini, una voce così piena di calore che penetrava nel cuore. Come il sole avanzò sempre più alto, chiamò Huru perché mettesse i bambini ancora più vicini a lei. Si curvava su di loro. Ogni momento chiedeva a Huru se i bambini erano al sole o no. Quando il sole arriva allo zenit arrostendo l'immensa pianura è impossibile persino toccare il suolo con una mano, o camminare sulla terra. Le piante si curvano, il cotone si affloscia. La vecchia si mise i bambini vicinissimi, e si piegò su di loro. La si sarebbe detta addormentata se non fosse stato per la ninna-nanna che cantava con voce lieve, oscillando. "Dormi, dormi, piccolino, dormi, dormi, nanna-oh Crescerai in un bel giardino, ninna-nanna-nanna-oh Dalla tua piccola culla tutta verde, zitto, sss, T'ho levato, piccolino, ninna-nanna-nanna-ih. Piccolino senza mamma ninna-nanna, zitto, sss, Il calore di una mamma l'avrai sempre, nanna-ih. " E mentre cantava accarezzava il bambino di Zala, che riposava al suo fianco destro. "Dormi piccolo bambino, dormi, nanna-nanna-oh, Crescerai in un bel palazzo, ninna-nanna-nanna-oh." Il sole batteva su di loro, il sole bruciava e li consumava, ma la vecchia continuava a cercare di proteggere i due bambini finché non venisse la sera. Fu proprio verso le cinque, quando il sole stava per scendere, che le tornò la febbre. Cominciò a tremare e a rotolarsi per terra. Si scuoteva e contraeva in lunghe convulsioni sulla terra calda. E così andava avanti, un giorno dietro l'altro: la vecchia teneva i bambini vicino a sé per proteggerli dal sole, per tutto il giorno, e la sera ... 40 Avrebbero continuato così finché tutti i cinque acri di terra non fossero stati zappati. Non restava che un angolino. Non più di una striscia, larga come una mano ... ma non c'era più nulla da fare. Le cattive notizie corrono svelte. Ismail aveva appena finito di trebbiare il suo raccolto e stava ammucchiando il grano pulito quando lo venne a sapere. Rimase senza fiato. Trovò Huru distesa a terra, col viso giallo, le guance scavate. "Sorella," disse. "Dio ti aiuti, sorella Huru. Sono così addolorato. Possa riposare in pace. Non vide la luce in questo mondo. Che la sua tomba sia di luce." · "È morta," disse Huru con voce tremula. "Sono due giorni che è morta. Voleva bene ai bambini, povera donna. Aveva un modo di cantare le ninne-nanne, ti spezzava il cuore. Nessuno poteva resistere." "Che la sua tomba sia piena di luce," disse lsmail con voce soffocata. "Non vide mai la luce ..." "Non abbiamo graticci, fratello, lo sai," disse Huru con voce lamentosa. "Le zanzare non fanno che volarci addosso quando riposiamo. Dicono che è per questo. Ah, come cantava! Nessuno le poteva resistere. Spezzava proprio il cuore quando cantava le sue ninne-nanne. Ah! ..." Scosse la testa. "Sto bruciando, fratello," disse. "Brucio tutta, come un carbone acceso!" Ismail la guardò in silenzio. Poi disse: "Sorella, ti ho portato questo." Mise lo zucchero vicino al cuscino. I bambini dormivano silenziosamente nella culla. Prese il suo bambino e andò fino alla porta. Poi si voltò. "Sorella," disse. "Sorella Huru, non ti preoccupare per il tuo raccolto. Farò io la trebbiatura. Non portare paura nel cuore per il tuo raccolto. Lo farò io. Non è perché sto prendendo il bambino che ..." L'ombra di una nuvola trascorse sulla strada polverosa dove splendevano pagliuzze. Lontano, a sud, nuvole bianche chiamate vele si raccoglievano in grappolo sopra il Mediterraneo. Per quanto l'occhio potesse vedere, l'immensa pianura si mutava in azzurro sotto il sole del pomeriggio, come un mare piatto e calmo. Le ombre oscure dei monti azzurri, lontano, si allungavano a oriente. Ismail camminava con la polvere che gli roteava fino alla cintola. Alla sua sinistra, il campo verde di riso si stendeva fino al villaggio. Un pungente profumo d'acque morte gli giunse alle narici. Nel fossato lungo la strada, lo strato cremoso di polvere copriva l'acqua stagnante rotta qua e là in increspature dove la toccava il vento. La testa del bambino riposavA sul suo braccio destro. I suoi occhi infossati erano come due buchi oscuri. Aveva il collo così sottile ora che non bastava a reggergli la testa, e la pelle aggrinzita e nera era tesa sulle ossa. La mascella gli pendeva senza forza, aveva le labbra tese. Le mosche gli volavano dentro e fuori dalla bocca aperta. La testa di Ismail era curva sulla sua, posata sul braccio destro. Lo guardava. Continuò a guardalo mentre camminava.
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