STORIE/KEMAL insistette lo zio. "Puoi essere sicuro che Dio ti benedirà per questa. Ti spalancherai le porte del Paradiso. Se tua moglie non gli dà il latte questo bambino morirà. Puoi salvare una vita. Grazie a te potrà vivere. Guarda come piange, poverino ... può il cuore di un uomo restare sordo?" Musdulu si alzò e si diresse verso la porta. Con un piede sulla soglia, si volse. "Zio," sbottò, "hai preso la moglie di Musdulu per una serva? Mia moglie non è una serva!" Uscì come una furia. Ismail scattò verso la porta, con le mani tese verso Musdulu. "Fratello," gridò, "fratello, no! È una cattiveria." Lo zio gli afferrò le mani. "Uomo," disse, "non chiedere l'elemosina a quel figlio d'una puttana. Neanche se fosse per la tua vita. Ehi, mi sembri una donna. Cosa ti è successo? Che crepi, uomo." Indicò sua moglie. "Questa donna ha sotterrato sedici bambini. E non come questo, ma bambini sani, belli." · "Ragazzo mio," disse la vecchia Jennet, "non sei più te stesso ... Un bambino, di neanche un mese! Ti risposerai. Dio te ne darà altri. Se deve morire, che muoia. Sedici ne ho dato a questa dura terra. Ti sposerai ancora. Dio te ne darà altri. Non ti preoccupare così, ragazzo mio. Ti ammalerai. Con tutto il lavoro che hai da fare, col raccolto ... ti ammazzerai." lsmail aveva il viso bianco. L'espressione del suo viso mutò quando Jennet vide quella faccia. "Aspetta un minuto," disse pensando a voce alta, "aspetta un minuto. Emine la zoppa, una ... Huru, due ... Emine, una ... Huru ... non c'è proprio nessun'altra." Continuava a borbottare fra sé e sé. "Ma il latte di Emine è avvelenato ... Non uno solo dei suoi bambini è mai riu~cito a vivere. È da quando ho la memoria che aspetta bambini. E come me, non li può tenere. Tutti gli anni ne nasce uno e tutti gli anni muore prima d'avere un mese. Non lo sa più neanche lei quanti figli ha messo al mondo. Come faccio a darle il bambino? In quanto a Huru, è nei guai fino alla punta dei capelli. Non si può prendere cura del bambino, e lui ha la diarrea a furia di succhiare e succhiare il latte caldo di sua madre. Le tocca a lasciarlo alla cieca ... Cieca! Come fa a badare ai bambini? È di sua madre che ha bisogno." "Donna," disse lo zio perdendo la pazienza, "cosa te ne stai a borbottare seduta lì? Avvelenato o no, non c'è che il latte di questa zoppa ... Portale il bambino." "Uomo," protestò sua moglie, "sarebbe meglio ammazzarlo in un cespuglio. Non puoi farlo ... a sangue freddo ..." Ismail intervenne: "Zia," disse con la voce rauca, "se lo vuole, portaglielo. Che almeno non muoia di fame. La gente mi coprirebbe di insulti ... Se deve morire, che muoia in un altro modo. Guarda in che stato è. Ce ne .sono tanti di bambini che muoiono. Se deve morire, che muoia ..." Mandarono a chiamare la zoppa. Venne arrancando, su e giù, su e giù, trascinandosi dietro la gamba zoppa. Era piccola di statura, e aveva il corpo tutto curvo da una parte. Sembrava impossibile che non ruzzolasse per terra. Indossava uno shalvardi nero stinto, tanto vecchio che pareva dovesse bastare toccarlo per farlo cadere a pezzi. Lo shalvar, stretto alla cintola, ricadeva sulla parte zoppa e 36 sarebbe scivolato se i grossi fianchi non lo avessero sostenuto. Era coperta di polvere e di farina, e qua e là aveva dei pezzetti di pasta appiccicata addosso. I seni neri e grinzosi le dondolavano fuori dalla camicetta consunta fino al ventre. La testa era un'altra faccenda: gli occhi erano nascosti sotto un cernecchio di capelli ondulati tutti sporchi, e enormi verruche le spuntavano fuori da tutte le parti sulla faccia nera e piena di rughe. Si piantò davanti allo zio. "Veli Agha," disse, "mi hai mandato a chiamare. Eccomi." "Figlia mia," disse il vecchio, "lo vedi questo bambino: ti ho mandata a chiamare perché tu lo curi. lsmail farà tutto quello che vuoi. Ti farà contenta. Salverai una vita, non è un'azione da poco. Dio ti vorrà ancora più bene per questo. Avrai quello che ti meriti, e anche di più. Cosa dici, figlia mia?" Intervenne Ismail: "Sorella," disse con tono di preghiera, "sorella mia Emine, ti darò tutto quello che vuoi. Se tu mi chiedessi latte.d'uccello te lo troverei." La faccia di Emine era diventata ancora più scura e grinzosa. "Veli Agha," disse, "il mio latte non basta neanche per il mio bambino. Dovrei mangiare sempre bene per avere latte!. .." Ismail si drizzò. "Guarda," disse, "sorella Emine. Persino se mi chiedessi latte d'uccello te lo troverei. Cosa dici? Avanti, di' di sì." "Cosa vuoi che ti dica, fratello," rispose Emine. "Quando stasera tornerà a casa mio marito vedremo." E senza dare neanche un po' di latte al bambino che piangeva sul pavimento si voltò e se ne andò. La giovane ragazza Dondu entrò di corsa. Prese il bambino e, voltando la schiena agli altri, gli diede un seno. Il pianto finì. "Questa madre mia," disse, "non mi lascia mai uscire. Inventa sempre qualche lavoro. Questa madre ..." Il gracidio delle rane riempiva la notte. Il vento occidentale, che nel pomeriggio si era levato, era ormai caduto. Non c'era un soffio d'aria.L'aria era profumata di paludi e di sterco di vacca fresco. Era appiccicosa, ma il cielo era pieno di enormi stelle luccicanti. Lontano, al limite di un campo, si ergeva un platano. Di notte bianche cicogne si posavano sui suoi rami. File e file di cicogne bianche. Di tanto in tanto si poteva sentire lo scatto dei becchi che si chiudevano. Di fronte alla casa dello zio c'era un graticcio di legno appoggiato ai pali, ad altezza d'uomo. Sotto il graticcio stavano le vacche, e ruminavano. A destra, vicino alla vecchia Jennet, se ne stava il bambino che piangeva continuamente. La vecchia Jennet lo dondolava nella culla, e con la culla dondolava tutto il graticcio sui pali. Lo zio Veli, che era andato a dormire presto, russava. Dopo un po' anche la culla smise di oscillare. La vecchia Jennet si doveva essere addormentata. Le zanzare infestavano l'aria. • La mezzanotte era passata da un pezzo. Il bambino continuava a piangere. Ismail non faceva che rigirarsi da una parte all'altra, facendo sobbalzare tutto il graticcio. · "Zia," mormorò alla fine, quasi impercettibilmente. "Zia Jennet! Zia," disse, "portalo a quella zoppa. Mi fa morire. Non la smette più di piangere. Non la vuole smettere. Mi fa morire.
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