Linea d'ombra - anno XI - n. 83 - giugno 1993

I Foto di Vincenzo Collinelli. come di scusa, ma arrabbiata. "Per amor di Dio, zia... Pensi che avrei mai fatto male a Zala? Era il sostegno della casa. Il sostegno. Chiedilo a me quello che è accaduto! Chiedilo a me come soffrivo! Lasciali parlare, quelli. Fa' parlare il mio cuore. Mi brucia in petto come un carbone acceso. Potrò mai smettere di soffrire per Zala? A cosa servo io ora che Zala non c'è più? Non potrei trovare una uguale a lei neanche se girassi tutto il mondo. Potrei, forse? Chiedilo a me come soffro!" Gli occhi di Jennet si riempirono di lacrime. "Non c'era nessuna come Zala," disse. "Non ce n'è una come lei in tutto il mondo." La voce di Ismail non sembrava provenire da lui, ma dal muro, dal pavimento, da qualche altro posto. Aveva gli occhi semichiusi e strani. "Zia," disse, "mi devi credere. Non è stata colpa mia. 'Donna,' dissi, 'Zala, è venuto il momento ... ora smettila di lavorare nei campi. Lavorerò da solo,' le dissi, 'la farò io la trebbiatura. E poi è rimasto così poco da fare. Così poco!' Non mi ascoltava. 'Ho aspettato e aspettato che venisse questo giorno,' disse. 'D'essere libera di lavorare per me stessa e non per gli altri. Lavorerò finché non cadrò morta, finché non mi si spezzeranno le ossa. E solo STORIE/KEMAL quest'anno,' mi disse, 'che non sei più un bracciante. Per quanti anni ho aspettato questo momento ... Non è meglio lavorare il campo di un altro, a mezzo, piuttosto che essere un bracciante? Anche se metà del raccolto è di un altro, l'altra metà è mia.' Non c'era niente che la potesse convincere a restare a casa. Era già pesante, aveva il ventre enorme. Mi sanguinava il cuore a vederla lavorare. 'Zala,' le dissi, 'non fare così, non farlo.' Ma lei insisteva. 'È questo che ho sempre voluto. Quante volte non mi son detta, lo vedrò mai il giorno che lavorerò per me e non per gli altri? Per quanti anni ho lavorato miseramente nelle case degli altri?' Metteva anima e cuore nel lavoro. 'È questo che ho sempre aspettato!' continuava a dire. 'Mio padre era un bracciante, mia madre una serva, e sono morti senza riuscire a veder niente di meglio. Non voglio finire come loro.' Come un'ossessa, continuava a ripetere. 'È questo che ho sempre aspettato.' Quel giorno, era così torrido, zia, gli uccelli proprio cadevano, spaccati, dal cielo, con la lingua fuori. Stavamo portando il nostro grano sull'aia per la trebbiatura. Il sole era alto nel cielo, si cacciava nelle nostre teste come un chiodo e Zala portava sulle spalle una bica enorme. Due uomini non sarebbero stati capaci di sostenerla. 'Donna,' dissi, 'non ti caricare in quel modo.' Ma i suoi occhi splendevano. 'È quello che ho aspettato.' All'improvviso, a mezza strada dall'aia, buttò giù la bica. 'Cosa succede?' chiesi. 'Sono le doglie,' disse, 'stanno peggiorando. Stamattina non erano così forti, ma ora son diventate taglienti. Come un coltello. Mi uccidono. Vado a casa. Tu pensa al lavoro. Non fermarti! Non dobbiamo lasciare che le formiche si spartiscano il nostro raccolto. È un'occasione su mille ... Lavorare per noi stessi ... il nostro raccolto.' Si volse verso il villaggio, sostenendosi il ventre con le mani. Ma dopo pochi passi cadde a terra. Corsi al suo fianco. 'Torna indietro,' gridò, 'non vorrai che le formiche ci mangino il raccolto. Vado avanti da sola.' Si alzò e proseguì. La sera, quando tornai a casa, la trovai distesa, e vicino a lei, ravvolto in vecchi stracci e deposto in uno staccio, c'era il bimbo. Aveva tagliato il cordone da sola con un paio di forbici spuntate. Non c'era neanche una donna che l'assistesse. Aveva lavato il bimbo da sola, gli aveva messo il sale sopra, e lo aveva disteso là. Bene, zia, erano lì, l'Agha da un lato e Zala dall'altro, e mi facevano impazzire. 'Vuoi che gli uccelli e le formiche si portino via il nostro raccolto?' gridavano. L'Agha s'arrabbiò e si mise a inveire contro di me. Zala continuava a ripetere: 'Siamo stati fortunati abbastanza ad avere questa occasione su mille, avere un raccolto per noi. Non lo lasciare a causa mia. Ci penso io a me stessa.' Mi faceva impazzire. Non potevo farci niente. Dovevo andare a lavorare, dovevo lasciarla lì da sola. Non avrei potuto aiutarla. La vecchia Jennet sospirò quietamente, un sospiro profondo, profondo. "Ha lavorato tutta la vita per gli altri. Un orfano, poveretto ... Le sembrava la cosa più bella della vita aver qualcosa per sé. Non è vissuta per poterlo vedere. Ahimè, povera Zala, non è vissuta per vederlo." Ismail continuò come se non avesse sentito nulla. "Rimase a letto una settimana senza riuscire ad alzarsi, quando le dissi, 'Zala, non puoi continuare così. Morirai a startene 33

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==