STORIE/KIMAL un solo albero. Lungo i fossati, talmente soffocati dalla polvere che era impossibile capire che fossero alberi, v'erano alcuni giovani olmi. Così piccoli che erano più cespugli che alberi. La casa dello zio di Ismail era al centro del villaggio: una capanna di giunchi coperta d'erba. Vicino alla porta, sotto un vecchio carro scrostato e con le ruote arrugginite, se ne stavano insieme cani e galline. Un'anatra camminava dondolandosi e tirandosi dietro la covata. La porta era aperta. Una donna grassa sedeva sulla soglia profondamente addormentata, con le gambe tirate su fino al ventre e il capo appoggiato allo stipite. lsmail si fermò davanti alla porta, col capo inclinato verso il bambino, il viso desolato. Il bambino piangeva. La donna levò il capo lentamente, e uno sciame di mosche volò via. Si strofinò gli occhi. Non riconobbe lsmail. "Chi è?" disse a bassa voce. "Perché non entri. Non stare sotto il sole." Ismail non la udì. Se ne stava fermo, il viso inclinato verso il bimbo. La sua ombra cadeva sulla polvere grigia e sullo sterco ammucchiato davanti alla porta: un'ombra scura, lunga metà di un uomo. La donna si alzò, ormai del tutto sveglia. "lsmail, ragazzo mio, sei tu?" gridò. Gli tolse il bimbo. lsmail non si mosse. Il bimbo continuava a piangere. "Zitto, piccolo. Zitto, non piangere. Entra, Ismail. Stai cuocendo, in quel sole. Ti arrostisce. Vieni, vieni. Oh mio povero ragazzo sfortunato!" Depose il bimbo su una stuoia consunta. Poi si volse a Ismail. "Ismail, figlio mio," disse, toccandogli un braccio. "Ti prego, entra. Sei inzuppato di sudore. Inzuppato." Ismail la guardava con gli occhi vitrei. Entrò e si afflosciò per terra come se la forza gli avesse abbandonato di colpo le ginocchia. La donna guardò Ismail. "Ragazzo mio," disse "non ti tormentare così. È la vita. Non puoi morire insieme ai morti. Zala è stata una buona moglie, ma cosa puoi farci? Ti devi convincere. Non puoi morire insieme ai morti. Dov'è quell'uomo che non lascia sua moglie, quella moglie che non lascia il marito? Uno su mille, figlio mio. Smetti di tormentarti. Non vedi in che stato sei? Hai un'idea di come sembri? Non puoi farci niente. Devi pensare a te stesso, ora. Lo abbiamo saputo, e tuo zio era così in ansia. Ce l'avevano detto, lsmail ha preso il bimbo in braccio, e gli canta per tutto il tempo ... Non fa che cantare ninne-nanne, come un ossesso. Tuo zio era preoccupato. Notte e giorno, ci dicevano, col bimbo in braccio, lsmail siede e canta. Non fare così, figlio mio, non farti questo." Il viso lungo di lsmail si era fatto più lungo, più scuro. Sembrava che gli occhi gli si fossero rovesciati nelle orbite. Si era seduto sul pavimento umido e sporco vicino alle mensole per i piatti, con la schiena appoggiata al muro ruvido. "Zia," disse, "cara zia... mi sta uccidendo. Fallo smettere di piangere. Fa' qualcosa." La vecchia Jennet prese in braccio il bambino. I capelli di Jennet erano tutti bianchi con qualche striscia gialla qua e là. Aveva piccoli occhi sfavillanti. Il suo mento era largo e forte, e 32 dava al viso un aspetto mascolino. Il busto curvo e sottile era avvolto da uno scialle consunto dagli anni. "Zitto, piccolo, zitto povero orfano. Zitto, mio piccolo infelice, zitto ..." Si mise a camminare su e giù ninnando il bimbo fra le braccia. "Zitto, mio piccolo infelice. Zitto, orfanello mio, zitto ..." Il bimbo piangeva come se fosse stato ferito. "Dicono, Ismail, che non hai curato Zala come avresti dovuto. Dicono che è morta perché aveva bisogno di cure. Dicono che l'hai fatta andare nei campi, gravida com'era, fino all'ultimo giorno. E che quando le sono cominciate le doglie l'hai fatta entrare in una capanna senza nessuno ad assisterla, senza nessuno che facesse qualcosa. Che l'hai lasciata tutta sola. È questo che dicono di te, che possano essere puniti per le loro chiacchiere bugiarde." Un'ombra cadde attraverso la porta. Era Dondu, una ragazza con le spalle sottili e larghi fianchi opulenti ben visibili sotto il suo shalvar nero. Sotto le sopracciglia dense e arruffate e sotto le ciglia i suoi occhi erano enormi, e l'ombra delle ciglia le cadeva sul viso a fossette. Sulle sue labbra c'era sempre un sorriso, che mostrava i denti bianchi. Tolse il bimbo dalle braccia della vecchia Jennet e volse loro la schiena. Si scoprì un seno, lo mise in bocca al bimbo, e il bimbo smise di piangere. Fuori, due ragazzini nudi stavano ritti presso la porta. Ognuno aveva un coltello in una mano e un ramo nell'altra. Avevano il ventre grande e gonfio, il collo sottile come uno stecco. Erano tutti coperti di macchie di fango secco e screpolato. te. Uno dei ragazzini ficcò la testa in casa e la ritrasse rapidamen- "Zitto," disse, "se tu vedessi!" Alzò il dito medio. "Ha il collo così. Sottile così!" Anche l'altro ficcò la testa attraverso la porta e guardò. "È davvero così... sottile come una paglia. La piccola sorella Dondu lo allatta." "Non lo sta allattando. Fa così per farlo smettere di piangere. Le ragazze non hanno latte. Almeno, non le ragazze che non vanno con un uomo. Mia madre dice così. Me lo fa credere." "Be', anche se te lo fa credere ... Chi se ne frega? Il bambino non piange. E allora sta succhiando, no?" Se ne andarono tagliuzzando i loro rami col coltello. "È questo che dicono di te, Ismail. Dicono che l'hai chiusa là dentro col bambino, senza un'anima che le portasse neanche un bicchier d'acqua, mentre andavi nei campi. Ah, Ismail, lo sai come sono cattive le chiacchiere, come distorcono ogni cosa. Per uno che non ci crede ce ne sono mille che ci credono. La bocca di un uomo non è come un sacco che puoi chiudere con una corda. Sono pronti a farti a pezzi appena ti capiterà qualcosa. Dicono che in quella stanza buia l'ammalata girava attorno tutta nuda con il bimbo in braccio, come una pazza. Che possano venir puniti per le loro male lingue! Dicono che .è diventata pazza per il dolore, Zala ... Ah, lsmail, ah, ragazzo mio ..." Ismail, che sembrava non avesse sentito niente, si alzò d'improvviso. "Zia," disse, "cara zia, per amor del cielo ..." La sua voce era
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